Wang Gang
© Wang Gang

Una settimana fa ho visitato Photo Quai l’esposizione collettiva di fotografi non occidentali che è esposta lungo Quai de Branly fino al 25 novembre 2007.

Era una bella giornata di sole, così rare a Parigi una volta che l’autunno ha preso il suo corso e inizia l’inverno. L’aria era gelida, ma il cielo blu illuminava gli occhi, il sole era piacevolmente caldo sul viso e gli alberi del lungo senna brillavano di un giallo sgargiante e luminoso. Una bella atmosfera, con uno zingaro che suonava incessantemente la fisarmonica, le chiatte che passano sollevando qualche onda nel fiume, i palazzi eleganti di questa zona della città. Sempre piaciute le esposizioni per strada, comprese quelle un po’ borghesi sulle griglie dei giardini di Lussemburgo.

A. Aziz S. Ayash
© A. Aziz S. Ayash

Le fotografie esposte per Photo Quai sono quasi tutte di ottimo livello. Nonostante questo rimane spesso una sensazione di ripetersi dei codici e di già visto. Lo stile è quello del reportage fortemente tendente all’artistico. Quindi niente immagini pittoresche di paesi lontani, niente fotografie di informazione o puramente giornalistiche e allo stesso tempo poco o niente della sterile fotografia d’arte contemporanea che va così in voga in questi anni. Un bel punto di incontro insomma. Nonostante questo non riesco a togliermi di dosso l’impressione di un certo accademismo. La maggior parte delle foto utilizzano pesantemente quello che è diventato il linguaggio fotografico contemporaneo, con un uso ripetuto dell’immagine scura, notturna, sottoesposta, del mosso, lo sfuocato, il punto di ripresa raso terra, la composizione sporca, la ripresa piatta e frontale, etc.

Gerardo Montiel Klint
© Gerardo Montiel Klint

Il problema è che mi sembra che nella maggior parte dei casi tutti questi linguaggi non vengano utilizzati espressivamente, ma semplicemente per rivestire le immagini di una certa sensazione di modernità, per prendere le distanze appunto dalla fotografia di reportage puro, visto in questo caso con una punta di disprezzo. Un peccato, perché l’abuso di stratagemmi che dovrebbero rendere l’immagine originale e personale, trucchi ormai visti e rivisti, la rendono invece sterotipata e scolastica. Questo fenomeno mi ricorda in parte quello che dell’inizio del secolo scorso, quando i fotografi-artisti cercavano in ogni modo di far assomigliare le fotografie a disegni e pitture, altrimenti “non è arte”. A parte i grandi geni del pittorialismo la maggior parte delle fotografie così prodotte sembravano solo pessimi quadri di pittori falliti, e in ogni caso erano terribilmente di maniera. Fu solo con l’arrivo della ventata fresca della fotografia diretta, e la ricerca puramente fotografica come espressione spogliata di artefatti, che sono nate molte fotografie splendide come fotografie punto e basta, senza tutti i ricami stilistici che avevano precedentemente intorpidito la fotografia. Mi sembra che oggi, in analogia al tardo pittorialismo di quasi cent’anni fa, si cerchi di rivestire le fotografie con artefatti che dovrebbero renderle moderne, personali e “artistiche”, che invece incappano proprio nell’effetto contrario.

Tiina Itkonen
© Tiina Itkonen

Questa critica vale per l’insieme, per fortuna infatti molti autori riescono a bucare questo velo di già visto e di accademismo e le loro fotografie rimangono nel cuore.

Ho particolarmente apprezzato i personaggi e gli alberi che emergono dalle nebbie dell’Arabia Saudita di Aziz Ayash, l’opposizione fra travestimenti tradizionali e adolescenti amanti dei manga nel lavoro di Zeng Han e Yan ChangHong, le stampe giganti di biciclette e corpi che cadono in acqua di Wang Ninde, alcuni scatti di finte morti di Gerardo Montiel, anche se queste chiaramente in stile Holga straclassico e stravisto. Del fotografo Luo Dan ho soprattutto invidiato il viaggio di 18000 chilometri sulla strada 318 che attraversa la Cina, di cui riesco solo a immaginare gli incontri, i paesaggi, i luoghi incredibili. Ho ammirato le belle immagini di Paranapiocaba, il villaggio fantasma perpetuamente immerso nella nebbia di Lucia Guanaes, la splendida panoramica artica di Tiina Itkonen, che mi risveglia in petto luoghi, sensazioni e ghiacci che conosco bene, i paesaggi siriani di Mohammad Haj Kab, che si sente un pittore fallito e si pente di non essere un beduino o un contadino.

Oltre a questi, ecco i tre autori veramente mi hanno entusiasmato:

Armin Pflanz
© Armin Pflanz
  • Mehrad Naraghi, dai paesaggi notturni da incubo, atmosfere cupe, foto scure mosse, immagini confuse che sembrano sovraesposte. Alberi scheletrici emergono appena appena dall’oscurità, protendendo i loro artigli verso le luci lontane di una città in preda al terrore. I muri sembrano muoversi per cercar di fuggire, la realtà sembra crollare addosso allo spettare. Molto espressive e intense, in cui finalmente il linguaggio espressivo che criticavo poco sopra ha un fine preciso e funzionale.
  • Wang Gang ha realizzato uno splendido reportage su vecchi e bambini dell’etnia Yi. Ecco un esempio di fotografia meravigliosamente espressiva utilizzando solo i mezzi propri di questo media. Il fascino qui non sono gli interventi che strapazzano e sporcano l’immagine, tutta la terribile intensità delle sue immagini è dovuta ai soggetti, alla capacità di cogliere il buon attimo, l’espressione giusta, l’inquadratura perfetta. Il risultato è che le fotografie restano a lungo negli occhi e nel cuore.
  • Armin Pflanz ha infine fotografato i detenuti della prigione Cap, in Suf Africa. Volti sfregiati e tatuati, in cui le scritte sono la mappa geografica delle violenze subite e inflitte. Occhi che bucano la carta e ti accoltellano direttamente, come è sempre più raro vedere.

Nel complesso quindi, nonostante un certo manierismo di fondo, un’ottima mostra che permette di vedere come si fa fotografia nei paesi non occidentali, scoprire autori sconosciuti che si rivelano spesso una splendida sorpresa.


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2 commenti »

  1. Camera Obscura » Le città oscure di Mehrdad Naraghi

    ha detto, il 30 Luglio 2008 @ 6:25 PM :

    [...] Naraghi è un giovane fotografo iraniano che ho scoperto l’anno scorso durante la Photo Quai. Sono stato immediatamente affascinato dalle sue fotografie della città la notte, buie, confuse, [...]

  2. La Cina di Yann Layma

    ha detto, il 4 Gennaio 2009 @ 11:08 AM :

    [...] anche stratagemmi stilistici vari in fase di ripresa, come ho già in parte discusso a proposito di Photo Quai e dell’accademismo moderno. vari in fCome se fare semplicemente fotografie non fosse più sufficiente, come se fosse [...]

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