Silver plating
Bottiglia, vuota, che ha contenuto per alcuni mesi una soluzione VDB. Le pareti interne sono completamente ricoperte da uno strato d’argento, fenomeno che in inglese viene definito silver plating.

Non c’è un accordo definitivo su come evitarli, se è opportuno filtrare le soluzioni, lasciare i depositi e prelevare la soluzione chiara vicino alla superficie oppure agitare la bottiglia prima dell’uso. Non c’è accordo perché appunto il citrato ferrico d’ammonio è probabilmente diverso per ogni stampatore. A volte agitare aumenta la dmax della stampa ma aggiunge un grano spiacevole, filtrare può aumentare e diminuire il contrasto della stampa, cambiare leggermente la tonalità, etc. In generale sono necessarie alcune prove per determinare quale procedura è la più conveniente, una volta determinato il metodo che si preferisce è poi facile mantenere uno standard abbastanza costante.

In ogni caso questi tipi di precipitato, con qualche accortezza, hanno scarso impatto sulla stampa e non causano una grossa perdita di sali.

Il precipitato di cui si parla non ha nemmeno niente a che vedere con la sospensione biancastra che si ottiene se si aggiunge troppo rapidamente la soluzione C nella soluzione A+B. Se si mischia vigorosamente la soluzione così ottenuta questa sospensione torna facilmente in soluzione. Se invece si è aggiunto veramente troppo in fretta la soluzione C si ottiene un deposito quasi ghiaioso, completamente insolubile.

In ogni caso ho sempre aggiunto la soluzione C nelle soluzioni A+B con un agitatore da laboratorio e una buretta regolata in modo da far cadere una goccia circa ogni secondo.

Rimedio contro il precipitato nelle soluzioni VDB

Per evitare questo deposito è possibile aumentare la concentrazione dell’acido tartarico nella soluzione B.
L’acido tartarico può anche essere aggiunto in una soluzione classica che già contiene il deposito, mescolando infatti il deposito torna in soluzione.

La prima volta che ho fatto questa prova ho aggiunto 0.5g di acido tartarico nella soluzione classica con il deposito presente fino a che questo non è scomparso completamente. Dopo aver aggiunto 2.5g di acido tartarico il deposito era si scomparso, ma la soluzione aveva un aspetto opaco e non trasparente. L’aggiunta di altro acido tartarico non ha reso la soluzione trasparente, quindi immagino che questa sospensione sia di tipo diverso rispetto al deposito originario. Una volta lasciata a riposo sul fondo della bottiglia infatti si deposita una fine polvere scura, in piccole quantità, che può essere filtrata senza problemi. Oppure si può agitare la soluzione subito prima dell’uso, in entrambi i casi si ottengono stampe corrette, senza granulosità o striature.

Questa esperienza mi ha portato in seguito a modificare la soluzione VDB classica per mettere a punto quella che identifico come VDB2, ovvero una soluzione con 4g di acido tartarico invece dei classici 1.5g.

Caratteristiche della soluzione VDB2

La soluzione così ottenuta è più contrastata e con una dmax leggermente più elevata rispetto a quella classica. La tonalità mi sembra la stessa anche se questa è controllata più da altre variabili come l’umidità della carta.

Una grossa differenza è che la carta non è più ad annerimento diretto, ma sviluppa molto durante il primo bagno di lavaggio. Se l’esposizione è controllata visivamente questo porta a rivedere le proprie abitudini in merito, pena una forte sovraesposizione, ma è comunque facile determinare l’esposizione corretta dopo qualche stampa di prova.

Conclusioni

L’uso della formula VDB2, nel mio caso e con il mio stock di citrato ferrico d’ammonio, permette di ottenere stampe più profonde e contrastate di quelle ottenute con la formula VDB classica. Nel complesso l’immagine è comunque abbastanza simile a quella ottenuta con la soluzione VDB di Wynn White, il grosso vantaggio è che si può utilizzare tutta la soluzione e non solo il 50% di questa, un vantaggio economico non indifferente.




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