Acrilico

Acrilico
Stampa verniciata all’acrilico. Le macchie bianche sono i resti del retro di un’altra stampa rimasta incollata su questa.

L’acrilico va diluito in acqua, cose che ne facilita la preparazione a qualsivoglia diluizione. L’aspetto è quello di un liquido viscoso bianco, come del vinavil diluito. L’odore ricorda quello dell’ammoniaca, ma non è troppo intenso. Il rivenditore mi ha detto che non ingiallisce, anche dopo lunghi periodi di tempo, nei due mesi che sono passati non ho notato nessun cambiamento. Un flacone da mezzo litro costa circa 8 euro.

L’acrilico utilizzato direttamente alla diluizione cui l’ho comprato è molto pastoso e tira rapidamente. Diluito uno ad uno è più facile da stendere, ma rimangono comunque le striature del pennello. Anche passando un pennello asciutto molto morbido per lisciare le asperità, dopo la prima stesa grossolana (imitando quindi la tecnica dello smoothing della gomma bicromata) è difficile da stendere in maniera veramente uniforme. Da bagnato le striature del pennello sono bianche e quindi particolarmente evidenti nelle ombre, ma quando asciuga diventano trasparenti. La superficie della stampa rimane comunque striata, cosa evidente osservando la stampa con una luce radente.

Probabilmente l’acrilico va diluito molto di più per poterlo stendere in maniera efficace, oppure va spruzzato con un aerografo. Il rivenditore però mi ha detto che più è diluito più perde brillantezza. Bisogna verificare se sovrapponendo diversi strati si riesce a recuperare la brillantezza. In questo caso bisogna verificare anche se gli strati successivi non rammolliscono e asportano quelli precedenti.

Nel giro di 30 minuti circa la stampa è secca al tatto, ma se funziona come la maggior parte delle vernici meglio aspettare qualche ora prima di una seconda mano.

La superficie, pur se rimangono le striature del pennello, è omogenea, nel senso che le striature sono regolari e l’effetto può essere piacevole. La stampa è lucida e brillante, quanto quella della gomma arabica e del poliuretano, ma indicativamente direi che i neri sono meno profondi.

Dopo aver aspettato qualche giorno ho impilato le stampe e le ho messe sotto un peso per appiattirle. Tutte le stampe verniciate con l’acrilico si sono incollate fra di loro, cosa che non è successa né con la gomma arabica né con il poliuretano. Staccandole parte del retro della stampa si è incollato alla foto sottostante. Non ci sono crepe.

Gomma Arabica

Gomma Arabica
Stampa a getto d’inchiostro ricoperta di gomma arabica.

Anche la gomma arabica è solubile in acqua, cosa che permette di ottenere tutte le diluizioni che si desidera. Si presenta come un liquido trasparente leggermente ambrato, cosa che potrebbe leggermente riscaldare la tinta delle stampe. La gomma è praticamente inodore, il lieve sentore è piacevole e naturale, fa pensare alle botteghe dei mestieri artigianali. Una bottiglia da 1litro a 14 baume costa meno di 10 euro, rendendola decisamente la più economica delle vernici provate.

L’ho provata direttamente, senza diluirla 1 a 1 come faccio con le stampe alla gomma, sapendo che era un po’ troppo densa. La stesa rimane facile, l’aspetto della stampa umida è lucido e molto piacevole. Mano a mano che secca però si formano delle microbolle che dovute all’assorbimento della carta, microbolle che non riescono a scappare perché la soluzione è troppo porosa, rendendo la superficie della foto irregolare.

Probabilmente usando la gomma arabica a diluizioni superiori si incorre meno in questo problema. Si può provare anche l’aggiunta di qualche goccia di alcool etilico, visto che nella preparazione della carta tessuto della stampa al carbone diminuisce sensibilmente la presenza di bollicine. Per quanto riguarda la sovrapposizione di strati vale lo stesso dubbio dell’acrilico, bisogna verificare se gli strati successivi asportano quelli precedenti. La gomma arabica potrebbe essere indurita con una piccola aggiunta di dicromato di potassio, rendendola completamente insolubile. Il problema è che il dicromato lascia una dominante verde alla gomma ed è molto tossico, quindi preferirei farne a meno: inutile usare la gomma perché è un prodotto naturale se poi ci si aggiunge una sostanza altamente tossica e cancerogena.

Anche dopo un paio di mesi la superficie della stampa è lievemente appiccicosa al tatto, ma non sembra colare, o incollarsi come l’acrilico, che al tatto sembra perfettamente secco.

La superficie, da perfettamente liscia come era, si è ricoperta da finissime crepe che seguono il senso delle fibre della carta. Nonostante questo l’effetto rimane piacevole.

Nel complesso per il momento è la resina che preferisco: niente odori, ingredienti naturali, brillantezza e neri profondi, relativa facilità di stesa, tradizione fotografica centenaria che ne conferma la stabilità nel tempo. Ma soprattutto, guardando le stampe, è a pelle quella che preferisco.

Poliuretano

Poliuretano
Stampa inkjet con una mano di vernice al poliuretano. Si noti la superficie irregolare della stampa e i bordi gialli.

La vernice è solubile con il classico solvente industriale, e non in acqua, infatti è grassa al tatto. Pur essendo trasparente ha un leggerissimo colore violaceo. L’odore è quello intenso e spiacevole dei solventi. Ho comprato la vernice meno cara che ho trovato in un negozio di Bricolage, il prezzo è comunque di 9 euro per 250ml, quindi in assoluto la più cara delle tre resine provate.

La vernice al poliuretano penetra molto rapidamente nella carta, se ne può mettere parecchia e viene rapidamente assorbita. La carta umida è la più brillante delle tre, ma quando secca la superficie torna opaca. La stesa è facilissima e uniforme, anche con un pennello duro. Se con diversi mani si riesce a creare uno strato che non venga eccessivamente assorbito sarebbe perfetta.

Una volta secca la superficie è irregolare, in certe zone rimane matte in certe è lucida. I neri sono i fra i più profondi ma la superficie è molto irregolare.

Dopo solo due mesi lo strato di poliuretano è visibilmente ingiallito.

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