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2 Comments »

  1. Claudio

    said, December 10, 2008 @ 10:21 AM :

    Finite le singole foto, passo alla teoria e all’estetica.

    Intanto sono davvero compiaciuto, sei un pozzo di creatività, io prima di riuscire a dar forma ad un mio pensiero ci rimugino per settimane e spesso poi lo abbandono perché nel frattempo sono arrivato altrove. E infatti sino ad ora qua ho trovato la forma di pensieri fatti e incompiuti e soprattutto “l’appartenenza”. Il ritrovarmi quasi perfettamente nella maggior parte delle cose che scrivi è un po’ come appartenere a un gruppo.

    Ad esempio, quante volte ho sentito anche io questa frase, sprezzante, su cosa sia o cosa non sia la fotografia! Come quando ti dicono che la tua foto è “ritoccata”. Man Ray allora cosa faceva? Senza contare che nella fotografia digitale il non ritoccare è di per sé un ritocco, il sensore non è la pellicola!

    Comunque, ciò che mi diverte è questa necessità di catalogare dell’uomo, alla quale non sfuggo, ma che guardandola con distacco fa sorridere. Che bisogno c’è di definire necessariamente qualcosa? Aggiungo qualcosa chiamandola fotografia o opera di elaborazione grafica digitale? Ovviamente il discorso è delicato, perché se la fotografia si arroga uno scopo giornalistico, lo stravolgere della realtà diverrebbe un atto intellettualmente scorretto, ma se si considera esclusivamente la fotografia artistica (ed ecco che cado nelle categorie), ovvero quella scattata senza lo scopo di rappresentare la realtà, perché porsi dei limiti?

    Giustissimo quindi, a parer mio, quanto dici, si accetta qualsiasi contaminazione, non ha senso porre dei limiti alle possibilità espressive. Poi, è il risultato a parlare e a confermare o confutare tali libertà.
    Claudio.

  2. Fabiano Busdraghi

    said, December 10, 2008 @ 3:05 PM :

    Ciao Claudio,
    mi stavo giusto chiedendo quando saresti arrivato a “fotografia e verità”… :-)

    Innanzitutto grazie per i complimenti sula creatività, ma mi vedo costretto a declinarli gentilmente. Purtroppo, ed è uno dei miei più grandi difetti, mi comporto proprio nel medo che descrivi. Rimugino su qualche cosa per mesi, la inizio e poi passo ad oltre, perché mi sono annoiato e ho altre idee in testa. Prendi per esempio Fotografia e verità. È un libriccino che iniziai a scrivere nel 2006, cercando di utilizzare un software di riconoscimento vocale. Mi resi conto che il metodo non era dei più efficaci, e che comunque riuscivo a ragionare molto meglio scrivendo che parlando. Lo lasciai in un angolo a macerare, poi due anni dopo decisi di correggere quello che avevo scritto e pubblicarlo sul blog. Il libretto conta di almeno due parti, e non ho nemmeno finito la prima, perché la scorsa estate ho iniziato ad annoiarmi e sono passato ad altro. Altro che pozzo di creatività!

    La seconda parte fra l’altro riguarda proprio la fotografia giornalistica che citi, dove cerco di mostrare che la fotografia può essere utilizzata come uno strumento di documentazione veritiero, nel caso venga interpretata come uno “strumento di misura”, al pari della fotografia scientifica. Ci sono argomenti interessanti da toccare e sviluppare, come per esempio la fotografia di propaganda. Magari adesso che mi dai lo stimolo riprendo in mano la serie.

    Per quanto riguarda il desiderio di catalogazione non è che sia di per se sbagliato. Il problema è che la gente tende a mettere i picchetti, considerando quello che è diverso dalla propria concezione come sbagliato e non appartenente ad una classe di elezione. È questo che è sbagliato, non il volor stabilire degli insiemi di classificazione. L’innato pregiudizio dell’uomo. Lo stesso che, in fine dei conti, motiva praticamente tutte le religioni, il razzismo, le ideologie politiche, etc.

    È logico che non si può dire che un render di Giacomo Costa sia la stessa cosa di una fotografia di Ansel Adams. Come che una stampa alla gomma bicromata abbia le stesse caratteristiche del file visualizzato sullo schermo di un computer. Ma l’errore sta nel voler prendere una delle molteplici facce della fotografia e elevarla a classe ontologica, dcendo che tutto il resto non è fotografia. È un’operazione mentale che non ha nessunissima base logica o intellettuale, in generale dettata solo da ignoranza e pregiudizio.

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