Resinotipia
Resinotipia
© Alberto Novo

Nel caso della stampa al carbone e della gomma, un colloide, gelatina nel primo caso, gomma arabica nel secondo, in presenza di dicromato di potassio diventa insolubile. L’immagine viene quindi creata sfruttando lo spessore dello strato di colloide, che trattiene in misura più o meno minore un pigmento aggiunto alla mescola. Nel caso della stampa alle polveri si sfrutta la proprietà della gomma arabica di divenire più o meno appiccicosa. Nella resinotipa, ideata da Rodolfo Namias attorno agli anni 20 del secolo scorso, si sfrutta il rigonfiamento della gelatina, ovvero le differenze di igroscopicità di questa. Esistono poi infinite varianti, stampe alla caseina, alla tempera, all’“uovo intero”, stampe alle polveri o resinotipie di Obernetter, di Sobacchi, Giuseppe Devincenzi etc.

Il meccanismo di cross-linking che porta all’indurimento della gelatina non è ancora noto in dettaglio, ma si tratta di legami fra molecole, che determinano poi le caratteristiche di durezza, viscosità, idrofilia, dello strato della gelatina. Si tratta in parte di modifiche chimiche in parte di modifiche fisiche, ma in ogni caso tutte le tecniche citate utilizzano le caratteristiche fisiche del supporto al fine di creare l’immagine.

Se si accetta poi che le stampe digitali a base di inchiostro sono comunque fotografie anche quelle stampate con una stampante laser lo sono, e questa utilizza un processo fisico e non chimico per produrre l’immagine. Semplificando il funzionamento di una stampante laser infatti è il seguente: un raggio laser viene modulato secondo l’immagine che deve essere stampata e viene inviato su un tamburo elettrizzato che si scarica dove viene colpito dal raggio luminoso. I pigmenti (polverizzati assieme ad altri materiali sintetici) ovvero il toner, vengono attirati grazie all’elettricità statica sul tamburo. Questi poi vengono trasferiti su carta e infine un rullo fonde il toner per fissare l’immagine sulla carta.

 

Concludiamo questo articolo un po’ pazzo anticipando una domanda dei lettori. Sei serio quando dici che anche le piante sono foto e addirittura il vento è una fotografia? Non ti sembra un’assurdità?

Mike Wesely
© Mike Wesely

Certo che è un’assurdità, ma finalmente stiamo entrando nel pieno appunto della nostra controdimostrazione per assurdo. Lo scopo di questo articolo non è voler dimostrare che il vento o la depressione sono delle fotografie, ma piuttosto mettere in luce le difficoltà cui si va in contro cercando di definire in modo univoco la fotografia. Seguendo la logica dell’interazione con la luce le stampe inkjet che si vedono nei musei di fotografia non sono foto ma “altro” mentre il vento che ci soffia in faccia d’inverno è una foto. Più assurdo di così faccio fatica a immaginarlo.

Ogni definizione che si rispetti deve essere breve e sintetica, includere tutte le accezioni possibile e escludere ciò che non deve rientrare nella categoria. La frase lapidaria che vuole la fotografia come unico prodotto dell’interazione con materiale sensibile di per se include un’infinità di fenomeni che chiaramente niente hanno a che vedere con la fotografia. Per venirne fuori si è tentati di aggiungere una serie di distinguo: sensibilità solo chimica e non fisica, tempi di esposizione brevi, spessore al di sotto del millimetro, etc. Questo da una parte mina la brevità della definizione e rende necessari tutta una serie di distinguo, dall’altra è facile trovare controesempi di tecniche veramente fotografiche che non rispettano queste presunte caratteristiche fondamentali della fotografia che ci si vede obbligati ad aggiungere per evitare di includere tantissimi fenomeni naturali nella categoria fotografica.

Tutta la difficoltà nasce dall’eterogeneità e varietà dei procedimenti fotografici. La nostra definizione deve per forza di cose poterli includere tutti, e se vogliamo fare è necessario essere sufficientemente generali, quindi nella nostra categoria rientrano tutta una serie di fenomeni che poco o nulla hanno a che fare con la fotografia. Nel prossimo articolo vedremo che si ha anche il problema esattamente opposto, volendo essere rigorosi infatti, la definizione data non solo è troppo larga, ma è anche troppo stretta. Non si tratta unicamente delle stampe a getto di inchiostro, vedremo che la definizione non include praticamente niente di quello che si intende generalmente per fotografia!




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