Radiografia
Radiografia

Un esempio infine di fotogramma cui siamo tutti familiari, un esempio in tutto e per tutto uguale a quello del vaso e della tenda sono le radiografie fatte negli ospedali. In questo caso il negativo sono le nostre ossa (e in parte minore anche i tessuti molli), e proprio come nel caso della tenda queste non sono messe a contatto con la lastra, quella che viene registrata è praticamente “l’ombra” delle nostre ossa.

Naturalmente le tende sono solo un esempio, praticamente tutti i materiali che ci circondano si scolorano alla luce, la plastica polimerizza, la vernice di una porta si scrosta, la segnaletica stradale impallidisce. In pratica siamo circondati da fotografie senza saperlo, quasi ogni oggetto su cui posiamo gli occhi è una fotografia, semplicemente l’esposizione è molto lunga e l’immagine del sole non è quasi mai a fuoco.

Dire che queste non sono foto perché l’esposizione in realtà è troppo lunga non ha molto senso, visto che i tempi di esposizione di qualunque foto, non sono mai istantanei, ma si tratta sempre di intervalli di tempo finiti e quantificabili. Se non fosse così non butteremmo mai via le foto che son venute mosse perché c’era poca luce e abbiamo dovuto utilizzare tempi lunghi. La notte poi la posa può protrarsi molto a lungo, le foto di cinema di Hiroshi Sugimoto durano il tempo di uno spettacolo e alcune fotografie di Michael Wesely addirittura anni, tanto che il titolo è la data di inizio e di fine esposizione.

Retina
Coni e bastoncelli della retina

Un esempio di “fotografie” invece che non hanno bisogno di tempi di esposizione biblici e che, a meno di patologie, non sono sfuocate, sono i nostri stessi occhi. Nella retina infatti si trovano due ricettori biologici alla luce: coni e bastoncelli. I primi, una volta stimolati dalla luce, producono un pigmento chiamato iodopsina, mentre i secondi producono la rodopsina. Quando un fotone colpisce una molecola di uno di questi due pigmenti, questa cambia la sua struttura molecolare. Questo fa partire tutta una serie di reazioni chimiche a catena che produce un’iperpolarizzazione che rende fortemente negativo il potenziale di membrana. In seguito tutta una serie di reazioni nervose hanno come risultato finale la visione del mondo che ci circonda. Quello che avviene nei nostri occhi però, di fatto, ancora una volta ha tutte le caratteristiche della definizione data per fotografia: l’interazione della luce con un materiale chimicamente fotosensibile.

Un altro esempio di fenomeni che rientra nella definizione di fotografia, fenomeni che non sfruttano semplicemente l’interazione di pigmenti e luce sono le foreste e le piante in generale. Una pianta al sole cresce, ovvero modifica se stessa. Ci vogliono i sali minerali e l’acqua perché ciò sia possibile, ma anche alle foto sono necessari i bagni di sviluppo, che spesso non sono altro che sali sciolti in acqua. Di fatto quindi il pratino intorno a casa è lui stesso una fotografia.

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