Foresta
Tutte le piante "sono fotografie".

A questo punto gli scettici diranno che le foreste non sono un’immagine, sono dei corpi tridimensionali nello spazio. Ancora una volta sarebbe necessario fare delle aggiunte alla definizione, dire che non basta che la fotografia sia un prodotto dell’interazione della luce, ma deve essere un’immagine e bidimensionale. Se proviamo a definire immagine entriamo in un altro vespaio simile a quello che ci ha portato la ricerca di una definizione di fotografia, e in ogni caso ci sono moltissimi esempi di fotografie che non sono assolutamente bidimensionali. La stampa al carbone sfrutta proprio lo spessore della gelatina per costituire l’immagine, anzi, questa è proprio una delle caratteristiche che ne fanno la bellezza e che la rendono così appetibile ai maghi della camera oscura tradizionale. Le stesse fotografie ai sali d’argento e i negativi in un certo senso creano l’immagine grazie allo spessore dello strato d’argento, quindi sono solo macroscopicamente bidimensionali. Lo scarto fra le frazioni di millimetro in gioco in queste fotografie e i centimetri dell’erba di un prato ancora una volta da un punto di vista concettuale non fanno alcuna differenza. È comunque facile immaginare una stampa al carbone fatta con gelatina talmente scarica di pigmento da far diventare le stampe macroscopicamente tridimensionali.

Bene, siamo già nell’assurdo più completo, visto che siamo già arrivati a definire fotografie tutti i materiali che reagiscono alla luce, comprese le piante. Ma cosa succede se prendiamo anche le altre due possibili espressioni di fotosensibilità, ovvero quella biologica e fisica? Nel primo caso, volendo esagerare un po’, la meteoropatia è anch’essa fotografia, quando piove per giorni e ci sentiamo depressi perché ci manca il sole il nostro stato psicologico è pure lui una fotografia. Di fatto, è una razione di un materiale sensibile (noi, il nostro corpo e la nostra mente) alla luce del sole.

Per quanto riguarda la fisica gli esempi comunque sono molto più plausibili. Ogni impianto fotovoltaico allora è una fotografia, la temperatura che aumenta di un secchio d’acqua messo al sole fa di esso una fotografia, un optoisolatore è una fotografia, i ghiacciai che fondono (cambiamento di fase, da solido a liquido) sono fotografie.

Circolazione atmosferica
Schema della circolazione atmosferica globale.

Ma anche il vento stesso è una fotografia. Il motore della circolazione globale sulla terra è infatti il sole. Semplificando si può dire che il suolo si riscalda il suolo diversamente secondo la latitudine: forte flusso termico all’equatore e ai tropici e via via sempre meno se si va verso i poli. Il suolo caldo riscalda anche l’aria a contatto di esso, che diventa più leggera e per il principio di Archimede si innalza verso le parti alte dell’atmosfera. Visto che per continuità quest’aria deve necessariamente essere rimpiazzata da altra aria, si crea, oltre al movimento ascensionale, anche uno spostamento orizzontale di masse d’aria. Poi la rotazione della terra e la forza di Coriolis fa il resto, deviando i venti e creando per esempio gli Alisei, venti che hanno reso possibile le rotte di navigazione del passato. Lo stesso fenomeno ma ha scala ridotta è ben noto del resto ai velisti, la brezza termica ha esattamente la stessa origine, l’unica differenza è che il gradiente di temperatura invece che essere nord-sud è fra mare e terra. Ebbene, il vento alla fine dei conti è il prodotto della luce (energia solare) su un materiale sensibile (il suolo, che reagisce scaldansoi all’irraggiamento solare), quindi a rigor di logica anche il vento è una fotografia!

Si potrebbe obiettare che la risposta biologica e la fotosensibilità fisica niente hanno a che vedere con la fotografia, che è necessaria della fotosensibilità chimica (ancora un’aggiunta alla definizione, alla faccia che la discriminante è quindi la luce). In ogni caso ci si restringe al chimico gli occhi fanno comunque fotografie, la pelle abbronzata, i materiali che stingono restano comunque fotografie. Ma è comunque difficile restringersi solo alla fotosensibilità chimica. Infatti, sebbene non conosca nessuna tecnica di stampa biologica, esistono un discreto numero di tecniche fotografiche (e varianti di queste) che fanno uso di modifiche fisiche del materiale per produrre l’immagine. Le tecniche antiche (utilizzate per decenni prima della nascita della fotografia ai sali d’argento come la conoscono tutti) si dividono infatti in due grandi categorie: quelle ai sali metallici e quelle ai colloidi. In quest’ultima categoria rientrano la già citata stampa al carbone, la gomma bicromata, quella alle polveri e le resinotipie.

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