Porre l’accento sull’unicità dell’interazione fotoelettrica eliminando ogni possibile intervento esterno fa sparire buona parte delle difficoltà esposte nell’ultimo articolo. Il vento che soffia, le piante che crescono in primavera, la malinconia nei giorni grigi d’inverno non sono più fotografie. Restano invece fotografie la pelle abbronzata e gli oggetti che si scolorano al sole, ma questo è abbastanza plausibile anche per gli ortodossi della fotografia pura. Sono entità che non siamo abituati a vedere e considerare in quanto fotografie, ma pensandoci un po’ la cosa si fa accettabile anche per i più scettici.

Aggiungendo quell’unicamente, anche molte delle stampe che utilizzano colloidi e pigmenti non sono più fotografie. Questo può dar fastidio a qualcuno che si diletta con antichi procedimenti fotografici, ma del resto, nelle già citate discussioni infinite se le stampe a getto d’inchiostro sono fotografie o meno, i maghi delle tecniche antiche di stampa riconoscono che spesso le stampe pigmentarie, al pari delle stampe inkjet, non sono fotografie, quindi la cosa è abbastanza assodata anche in un pubblico specialistico.

Riprendiamo con qualche dettaglio per esempio il caso della stampa alle polveri. Per ottenerla si sensibilizza un supporto, in generale della carta nobile come la carta da acquarello, con un misto di gomma arabica, zucchero e bicromato di potassio. Il foglio, una volta asciutto, viene esposto per contatto dietro un negativo. Lo strato di gomma zuccherina diventa più o meno appiccicoso a seconda della quantità di ultravioletti ricevuti. A questo punto, facendo cadere a pioggia un pigmento ridotto in polvere, un poco come lo zucchero a velo spolverato su un dolce, questo aderirà maggiormente nelle zone più appiccicose, generando quindi l’immagine.

È chiaro che una stampa di questo tipo condivide molte caratteristiche con le stampe a getto d’inchiostro, in particolare l’immagine è costituita da pigmenti, e non da un materiale che è stato modificato dalla luce. La vera fotografia in questo caso si limita unicamente alla matrice più o meno appiccicosa in seguito all’esposizione agli ultravioletti, fino a che ci si è limitati ad esporre la carta sensibilizzata si è in un ambito puramente fotografico, l’aggiunta del pigmento fa scivolare immediatamente la stampa in una non-fotografia, spolverare con il colore è un’azione simile a quella di Chuck Close quando ricopia una fotografia, è aggiungere colore su una fotografia.

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