Follmi
Fotografia di viaggio
© Olivier Föllmi

Strascichi di questa concezione di rapporto mimetico fra realtà e fotografia, purtroppo come dicevo non si limitano al 1800, ma è arrivata anche ai nostri giorni. Se questo è comprensibile per la gente comune, che ha una visione se vogliamo fresca e innocente come i primi utilizzatori delle prime fotografie, rimane stupefacente che un pensatore salti decenni e decenni di critica storia della filosofia estetica e continui a vedere la fotografia nell’ottica dei primi, accecati, fotografi e pensatori ottocenteschi. Giusto per fare due esempi del ‘900:

La fotografia è cancellazione totale di fronte al reale, con il quale coincide. È il mondo tale e quale, nella sua verità immediata, che riproduce sulla carta o su uno schermo. Roger Munier

Oppure, sempre sulla stessa lunghezza d’onda:

L’originalità della fotografia rispetto alla pittura risiede nella sua obiettività essenziale. [...] per la prima volta un’immagine del mondo esterno si forma automaticamente senza intervento creatore dell’uomo, secondo un determinismo rigoroso. André Bazin

E per finire anche il tanto studiato e apprezzato Roland Barthes:

Cosa trasmette la fotografia? Per definizione, la scena stessa, il reale letterale. [...] certo l’immagine non è il reale, ma ne è il suo analogo perfetto ed è precisamente questa perfezione analogica che, per il senso comune, definisce la fotografia.

Fototessera
Fototessera per carta d’identità.

Quello del rapporto mimetico fra fotografia è realtà è quindi uno zoccolo duro della percezione di cosa sia o meno fotografia. È un approccio giustificato, perché in generale è vero che le fotografie assomigliano a quello che rappresentano. È vero che sono icone spesso incredibilmente veritiere dell’oggetto che rappresentano. Del resto la fotografia pubblicitaria funziona perché permette di rappresentare in modo abbastanza fedele l’articolo in vendita. Le foto tessere sui documenti di identità servono a identificarne il possessore. Le fotografie di viaggio mostrano come sono luoghi lontani, che non potremo mai visitare. La stretta di mano fra leader politici viene immortalata con una fotografia.

Il grande errore sta nel considerare la mimesi con la realtà una proprietà fondamentale della natura fotografica. Proprietà fondamentale significa che permette di distinguere la fotografia da altri tipi di immagini, che costituisce l’essenza del fotografico. In realtà le fotografie possono essere icone più o meno riuscite della realtà, ma questo loro essere icone non è assolutamente necessario, come vedremo nel prossimo articolo.

Autochrome
Autochrome, 1920

Inoltre la fotografia segue tutta una serie di codici di lettura assodati. Che i primi uomini a contatto della fotografia non si siano resi conto che non erano tanto icone, ma piuttosto simboli, è dovuto al fatto che la fotografia si iscriveva in un sistema di rappresentazione del reale che segue tutta una serie di costruzioni mentali e simboliche di una traduzione iniziata con il rinascimento. Tradizione tanto assodata da non rendersi conto che, più che mimesi, si tratta di simbologia.

Nel prossimo articolo vedremo quindi come la proprietà di mimesi della fotografia non solo in generale non è necessaria, perché molte fotografie possono non assomigliare alla realtà, ma oltretutto è anche illusoria, la fotografia nella sua essenza è molto più simbolo, codifica della realtà, piuttosto che icona del reale.

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