Mohammadreza Mirzaei è un giovane promettente fotografo iraniano.

Le sue fotografie sono minimaliste e pulitissime, gli uomini sono ridotti a minute silhouette nere sotto un immenso cielo bianco, minuscole pedine sperdute in un prato verde sconfinato. Piccoli piccoli, visti dall’alto o da lontano lontano. Intenti nella recita senza fine della vita, in quei piccoli fatti del teatro quotidiano dell’esistenza. Oppure si stanno fotografando senza posa, fra di loro o inquadrano qualche invisibile monumento. La lontanza, il distacco, le dimensioni di queste persone unite all’essenzialità delle fotografie, rendono gli uomini, le donne e i bambini fotografati da Mohammadreza Mirzaei esseri universali, icone dell’uomo in generale.

 

Fabiano Busdraghi: Come hai iniziato a fare foto? Qual’è la tua storia di fotografo?

Mohammadreza Mirzaei
© Mohammadreza Mirzaei

Mohammadreza Mirzaei: Tutto è iniziato quando frequentavo una scuola d’arte, per studiare design grafico, quando avevo 15 anni. Ho seguito il mio primo corso di fotografia con la vecchissima ma splendida Zenith di mio padre, una macchina che ho ancora. Di fatto in quei primi giorni, fotografare era solo un modo per scoprire le risposte alle mie domande formali, ma ho presto realizzato che questo è quello che voglio fare. Cosa provoca i miei sentimenti. Certo la mia formazione come design grafico rimane evidente nelle mie fotografie.

 

Fabiano Busdraghi: Che cos’è la fotografia per te?

Mohammadreza Mirzaei: Un buon modo per esplorare me stesso e spero anche il mondo.

 

Mohammadreza Mirzaei
© Mohammadreza Mirzaei

Fabiano Busdraghi: Ci puoi parlare della tua serie di fotografie “Humans” ? Cosa volevi esprimere e perché?

Mohammadreza Mirzaei: “Humans” è dedicata alla vita, alla morte, alle persone, alle relazioni fra di loro e certamente alla solitudine. Sono stato ispirato da una poesia di Bijan Jalali, il poeta iraniano:

vivere è impossibile
ma siamo sempre qui
con ambizioni per ogni cosa
e andiamo
e veniamo.

Nella mia mente i luoghi della serie Humans sono una sorta di utopia, una città non descrittiva… qualche parte che nessuno sa dove si trovi. Un palcoscenico che diventa come una metafora sulla vita, e le persone vengono rimangono un po’, parlano, si fermano, si siedono, giocano… facendo quello che devono fare, per poi lasciare il palcoscenico.

 

Mohammadreza Mirzaei
© Mohammadreza Mirzaei

Fabiano Busdraghi: Questo significa che le nostre ambizioni non hanno senso? Che corriamo dietro inutili mete? Che la vita non è altro che un teatro inutile?

Mohammadreza Mirzaei: No, non chiamerei la vita un teatro inutile. Di fatto non sto parlando delle qualità. Le qualità dipendono dagli individui. Dipendono da noi. Forse la trama delle nostre vite. Forse il ruolo che ci è stato dato, queste storie non si situano nel mio minimalismo.

 

Fabiano Busdraghi: Nella serie Humans quindi c’è un messaggio o vuoi unicamente dare una descrizione degli esseri umani?Stai cercando di dire alle persone di dare meno importanza ai fatti quotidiani? O vuoi semplicemente documentare quella che è la condizione umana?

Mohammadreza Mirzaei: Non mi interessa descrivere quello che succede, e anche se lo fossi, cosa succederebbe dell’immaginazione dello spettatore? Sto solo suggerendo il cerchio della vita, tutto il resto dipende dall’osservatore.

 

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2 commenti »

  1. Danx

    ha detto, il 29 Agosto 2008 @ 12:57 PM :

    Originalissssime!
    Preferirei una città con un cielo cosi bianco che le attuali con casermoni e più auto degli esseri umani!

  2. hapoupart news » Blog Archive » The minimalism and the human condition by Mohammadreza Mirzaei

    ha detto, il 4 Ottobre 2008 @ 9:11 PM :

    [...] interview of Mohammadreza Mirzaei by Fabiano Busdraghi:  Read in english – Read in [...]

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