Pascal Hausherr
© Pascal Hausherr

Per questo motivo sorrido, quando la gente vuol dire a tutti i costi “ah si, assomiglia al tal dei tali”. È un giochetto che si può fare sempre, e funziona più o meno bene, il paragone è più o meno azzeccato, ma sempre possibile, perché nessuno vive tutto solo nell’universo, alla fine siamo tutti fotografi, quindi almeno un punto in comune ce l’abbiamo: usiamo tutti la macchina fotografica.

Mi capita di sentirmelo dire anche a me, per esempio in merito alla serie dei palazzi infiniti. È logico che conosco il lavoro di Gursky, e nelle mie foto dei palazzi c’è lo stesso gusto asettico, freddo e frontale che deriva dalla scuola di Dusseldorf, ma questo non toglie che l’intento, il procedimento, le ripetizioni, l’uso di palazzi antichi posizioni il mio lavoro in un ambito molto diverso. Altre persone invece vedono una somiglianza dei palazzi infiniti con Giacomo Costa o Alessandro Cimmino. Quando mi venne l’idea del lavoro sui palazzi ancora non conoscevo né l’uno né l’altro e infatti il risultato visivo è profondamente diverso, come poi le motivazioni e la giustificazione teorica che sta dietro al lavoro.

Ancora una volta però, non sono certo l’unico al mondo a incollare pezzi di foto, basti citare il lavoro assolutamente geniale di Chris Jordan sulle statistiche americane, oppure le foreste incantate di Ruud Van Empel, la gestione dello spazio delle favelas di Dionisio Gonzales, l’ambientazione moderna dei quadri antichi di Emily Allchurch, i paesaggi e le modelle perfette Gian Paolo Tomasi, gli elementi seriali di Mario Rossi, “niente può cambiare questo mondo” di Natalie Czech, e via dicendo.

Gian Paolo Tomasi
© Gian Paolo Tomasi

Eppure ogni autore ottiene risultati diversi, perché sta esprimendo in primo luogo se stesso.

Direi quindi che ci vuole giusto un minimo di equilibrio e senso comune. È logico che lavori di molti artisti si assomiglino, partano da basi comuni. Alcuni sono più legati alle tradizioni, altri più innovativi. Quando non c’è plagio, quando non si cerca di copiare il lavoro altrui, quando un prodotto è un frutto di lavoro genuino, pazienza se non è rivoluzionario. Credere di essere diversi da tutti è anche abbastanza illusorio. Ci si muove sempre all’interno di una rete di contatti, quello che facciamo è basato sempre su tutto quello che abbiamo assimilato prima. L’importante è mettere nel nostro lavoro un pizzico di originalità, quel fattore distintivo che permette di spingere i limiti più in la, di fare un passo diverso, che ancora non era stato fatto. Quando poi capitiamo su qualcosa che invece era veramente già stato fatto, come i mari, pazienza, tocca passare ad un altro progetto.




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