L’assenza di pornografia o anche semplicemente di fotografie che esplorino più direttamente la sessualità rimane per me abbastanza sorprendente. Mi basta pensare a quanto fosse scandaloso il semplice nudo un secolo fa, eppure, tanto per fare un esempio, Klimt e Schile disegnavano esplicitamente la masturbazione femminile. Oggi, seppure l’occidente si vanta della rivoluzione sessuale e di quello che dovrebbe aver portato, nella maggior parte dei casi delle fotografie esposte a Paris Photo ci si limita al semplice nudo casto e accomodante, un erotismo veramente poco scabroso. Forse il fatto che si tratti di una fiera destinata alla vendita, e che la maggior parte degli acquirenti sono i borghesi della società bene, può spiegare quest’assenza. Del resto come sorprendersi troppo, quando le splendide foto di Bill Henson, anche loro esposte a Paris Photo, vengono ripetutamente tacciate di pornografia e pedofilia, tanto da esser spesso sequestrate, le mostre chiuse dalla polizia, e l’autore messo sotto processo.

Lo stato dell’arte delle tecniche di stampa fotografica

Izima Kaoru
© Izima Kaoru

Per finire una piccola nota tecnica. Paris Photo è anche l’occasione per godere di stampe favolose, e devo dire, contrariamente a quanto si pensa, che la maggior parte di queste sono digitali. Nella maggior parte dei casi infatti la qualità è altissima, a volte veramente toccante. È sorprendente però vedere in certi casi alcune pessime stampe, con artefatti dovuti a ingrandimenti eccessivi e mal eseguiti, dominanti verdognole o evidenti errori che potevano essere facilmente evitati. Detto ciò ribadisco comunque che la qualità in generale è veramente altissima.

Giusto per fare un esempio, il rumore digitale è spesso gestito male. Eppure non è così difficile, chiunque abbia letto Tecniche locali di sharpen e riduzione del rumore sa che per eliminare il rumore cromatico senza toccare il dettaglio dell’immagine basta meno di un minuto: copia dell’immagine su un nuovo layer in modalità fusione “color” e passaggio anche forte di un qualunque filtro antirumore. Rapido, facilissimo e efficace, basta saperlo. Poi esistono tecniche più complesse, ma questa velocissima e banale procedura avrebbe migliorato la qualità di tante stampe viste a Paris Photo.

Le stampe a getto d’inchiostro sembrano diventare sempre più abbondanti nel mondo dell’arte, a conferma della voce che circola che le dice migliori dal punto di vista della riproduzione dei colori saturi (gamut più ampio) e della durata di vita.

Per quanto riguarda la stampa a colori, soprattutto in grande formato, la prassi rimane però la stampa lambda incollata fra plexy e dibond con il precedimento diasec. A mio parere perché la stampa getto d’inchiostro grande formato pone ancora un problema di montaggio: le stampe sono molto fragili e vanno protette, ma l’inkjet è incompatibile con il diasec. La soluzione sarebbe allora vetro e cornice. A parte che la soluzione ha un gusto un po’ classico, un vetro di 100×250cm sarebbe carissimo, spesso, pesante e fragilissimo. Per le stampe piccole non ci sono problemi, e infatti molte erano inkjet. Ma come fare per i grandi formati che vanno ancora per la maggiore nelle gallerie d’arte?

Per quanto riguarda il bianco e nero invece, visto che la lambda non a colori è veramente pessima, le soluzioni restano due: la stampa tradizionale sotto l’ingranditore e la stampa a getto d’inchiostro, con le sue varianti, tipo la stampa ai pigmenti al carbone. Nei grandi formati si ripropone il problema del montaggio, cosa che forse spiega perché sono rare le fotografie in bianco e nero che superano il metro e mezzo.

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