© He Sen

Dal punto di vista visivo quindi, a primo colpo d’occhio e per i non addetti ai lavori, una fotografia stampata utilizzando un ingranditore e una stampa a getto d’inchiostro sono molto simili fra loro. La differenza esistenti come il tipo di carta, la resa dei colori, il contrasto, etc, non sono assolutamente sufficienti a stabilire quale sia una fotografia e quale no, il distinguo è a priori e riguarda il modo in cui queste due stampe sono state ottenute: una tramite un procedimento fotosensibile, l’altra tipografico. Colgo l’occasione per aggiungere che nei musei e nelle gallerie si vede spesso un terzo tipo di stampe: le stampe lamda o più precisamente lightjet. Si tratta di stampe su carta sensibile ma esposte digitalmente, utilizzando dei laser rossi, verdi e blu. Dal punto di vista della definizione basata sull’interazione fra luce e materiale sensibile sono vere e proprie fotografie, ma dal punto di vista operativo non cambia niente per un fotografo se vuol far stampare a getto di inchiostro o lambda, si tratta sempre di un procedimento completamente meccanico e pilotato da un computer, cosa che vanifica i tentativi dei guru della camera oscura di gettare cattiva luce sulle tecniche moderne sfruttando unicamente la definizione originaria della fotografia. Da una parte le stampe all’ingranditore sono fotografie, le lambda pure, le getto d’inchiostro no, cosa stupefacente per la maggior parte delle persone su questa terra.

L’equivoco, almeno in parte, nasce dalla confusione fra stampa e fotografia. Mentre per fotografia si intende generalmente tanto la stampa quanto l’immagine fotografica in sé, indipendentemente dalla tecnica di riproduzione, una stampa a getto di inchiostro non è niente di più e niente di meno che la realizzazione di una stampa tramite una certa tecnica, tecnica non strettamente fotografica secondo la definizione data.

Prima pagina di Repubblica
Le fotografie sui quotidiani e le riviste non sono fotografie.

Quando guardiamo la fotografia di un politico stampata su di un quotidiano, riconosciamo in essa una fotografia, anche se di fatto si tratta di una riproduzione meccanica di cattiva qualità, di quella che dovrebbe essere la vera fotografia. La parola fotografia è stata utilizzata quindi per identificare tanto la fotografia originaria quanto la riproduzione di questa, quanto infine la fotografia in senso astratto.

Dire che fotografia è una stampa realizzata grazie all’interazione fra luce e materiale sensibile equivale a ricondurre unicamente la fotografia al suo supporto, operazione almeno in parte riduttiva.

Questa è una terza difficoltà nel tentativo di dare una definizione univoca. Fra l’altro è una difficoltà intrinseca. Le prime due possono essere messe da parte dicendo che la maggior parte della popolazione mondiale, compresi fotografi, curatori di musei, giornalisti, e via dicendo, non sa cosa sia la vera fotografia (Perdonali o Signore perché non sanno quello che fanno). Chi crede di essere l’unico portare della verità può sempre arroccarsi sulla definizione data e festa finita. Per quanto riguarda questa terza difficoltà invece c’è poco da fare, la definizione identifica completamente la fotografia con la sua stampa.

È fotografia allora la stampa o l’immagine fotografica in se? Come è possibile definire le caratteristiche dell’immagine fotografica indipendentemente dal supporto?

Per quanto mi riguarda ho molte difficoltà a separare la fotografia in senso astratto dal suo supporto, e questo è dovuto al fatto che storicamente si chiama fotografia sia l’una che l’altra. Allo stesso tempo in moltissimi casi si parla di fotografia indipendentemente da questo. Per il momento accantono anche questo problema. Mi limito a segnalare che questa è già la terza difficoltà che incontriamo in questo articolo, una difficoltà fra l’altro intrinseca nel definire cosa sia fotografia utilizzando unicamente la semplicissima definizione di interazione fra luce e materia sensibile.

Queste tre problematiche, per i miei gusti, sarebbero già di per sé abbastanza per finire la mia dimostrazione per assurdo e concludere che non vale la pena disquisire cosa sia o non sia fotografia, utilizzando l’appartenenza a questa classe per dare valore a un prodotto rispetto ad un altro. Non sarebbe più semplice dire che le stampe all’ingranditore sono quello che sono, quelle lambda e inkjet pure, quelle del pittore sono prodotte col metodo eseguito punto e basta? Non sarebbe meglio limitarsi ad ammirare le belle fotografie o quadri, in qualunque modo essi siano stati ottenuti, invece che disquisire cosa sia o non sia fotografia?

Ma continuiamo con la definizione dogmatica e vediamo a che punto arriviamo. Vedremo che da una parte la definizione è troppo vasta e dall’altra invece troppo restrittiva per essere rigorosa e allo stesso tempo includere ciò che per il senso comune, anche del più integralista stampatore di camera oscura, è fotografia. Appuntamento alla prossima puntata.




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