Buste pinholeswap 2009
Le buste delle fotografie stenopeiche ricevute durante il pinholeswap 2009.

Come l’anno scorso ho preso parte al Pinholeswap 2009, uno scambio di fotografie ottenute rigorosamente senza lente, quindi in generale fotografie stenopeiche o zoneplate.

Quest’anno ho spedito una foto stenopeica scattata appositamente per l’occasione al Jardin de Luxembourg. Volevo una resa sognante e pittorialista, che ricordasse vagamente la pittura impressionista di inizio secolo, come se inviassi un piccolo quadretto invece che una fotografia. Una fotografia dove non ci fosse niente, solo spazio vuoto e una leggera malinconia. Una malinconia appena accennata, niente tristezza o disperazione, solo una bolla di vuoto vagamente doloroso.. Una fotografia che rappresenti l’attesa senza fine, le speranze sempre deluse di chi si sogna il futuro dicendo che qualcosa cambierà, ma finisce per aspettare tutta la vita. Un’attesa che è un vivere d’illusioni, il titolo della foto.

Il giorno dello scatto era nuvoloso e molto grigio, quindi ho ravvivato contrasto e colori in fase di sviluppo del file. Per aumentare l’effetto pittorico ho stampato su carta Rives BFK, una carta texturata e porosa, di solito utilizzata per litografie o altre tecniche di incisione, stampando sul retro, perché mi piaceva la trama del feltro su cui è stata fatta seccare la carta. Doppia stampa, una normale e un’altra per rinforzare le ombre, come mi è stato gentilmente suggerito nei commenti dell’articolo Vernici per stampe a getto di inchiostro su carta artistica. Per saturare i neri e rendere la foto brillante ho verniciato la stampa con una base per pittura acrilica (si veda l’articolo appena citato per i dettagli): due mani leggere e diluite per far tornare l’inchiostro in superficie, seguita da una mano spessa e densa, necessaria solo per rendere la superficie della stampa tridimensionale e lasciare delle evidenti traccie di pennello, come se si trattasse appunto di un quadro e non di una foto. Il tutto in 20 esemplari -più una prova d’artista- naturalmente firmati e numerati.

Vivere d'illusioni
Vivere d’illusioni, 2008.
Stampa ai pigmenti e resina acrilica su carta Rives BFK. Edizione di 20 esemplari e una prova d’artista. Dimensioni: 10×15cm.

Come l’anno scorso una discreta cura è stata messa nella preparazione della busta. Visto che si tratta di uno scambio di fotografie per posta personalmente considero l’involucro della lettera importante quasi quanto la stampa. Sul retro della busta ho quindi stampato in grande gli anelli concentrici di uno zoneplate, al cui centro ho messo un mio vecchi ritratto, che è l’avatar che uso spesso su internet. Oltre ad alcune succinte informazioni sulla stampa ho aggiunto un chengyu, uno dei numerosissimi modi di dire cinesi costituiti unicamente da quattro sinogrammi, utilizzati per definire in maniera molto condensata una situazione precisa e un’antica storia o leggenda. In questo caso 望梅止渴 letteralmente significa “contemplare-prugne-fermare-sete” e la storia che l’ha fatto diventare un modo di dire noto e diffuso è la seguente. Si racconta che un giorno Caocao, uno dei grandi generali dell’epoca dei Tre Regni, stava conducendo i suoi soldati verso una battaglia. Questi erano terribilmente assetati perché da molto tempo non avevano trovato nemmeno un punto per rifornirsi d’acqua. Caocao allora ebbe un’idea. Indicando un bosco lontano all’orizzonte disse: “Laggiù ci sono molti alberi di prugne, mangiandole potrete spegnere la vostra sete”. I soldati si misero a pensare al delizioso gusto acidulo delle prugne, la bocca di tutti si riempì di saliva e dimenticarono così la loro sete, riprendendo la marcia. Poco dopo trovarono finalmente un posto dove rifornirsi d’acqua. Oggi questa espressione si usa quando si vuole dire “la speranza fa vivere” o “mentire a se stessi per consolarsi” o ancora “nutrirsi di illusioni”, che è appunto il titolo della foto che ho spedito per il pinholeswap di quest’anno.

Anche quest’anno è stato un piacere trovare quasi ogni giorno una lettera nuova nella casella della posta, che in genere contiene solo pubblicità o l’estratto conto della banca. Come l’anno scorso pubblicherò una mini galleria con le fotografie che più mi sono piaciute, cogliendo l’occasione per ringraziare tutte le persone che mi hanno spedito una loro fotografia stenopeica.

Busta Busdraghi
Busta utilizzata per l’invio di “Vivere d’illusioni”.

Ho molto apprezzato la foto di Danilo Gamberini, che sembra una cartolina del secolo scorso, come lo scatto di Mary e Delio Ansovini, con questo sentiero lastricato che serpeggia verso l’infinito, che mi fa pensare alle favole o ad Alice nel paese delle meraviglie. Molto belli anche gli scatti multipli che si fondono uno nell’altro di Ingo Guenther e Jan Kapoor, perfettamente confusi e caotici. Appena ho aperto la lettera di Thomas W. Miller e visto le classiche bande nel cielo come nelle foto di Michael Weseley, ho immediatamente capito che si trattava di un’esposizione lunghissima, ed effettivamente sono stati necessari 6 lunghi mesi d’esposizione per ottenere questa foto! È il caso di dirlo, bisogna stare attenti a non cannare l’esposizione, perché se si deve ricominciare ti cascan veramente le braccia… La melanzana di Antonio Amico mi piace veramente tanto; purtroppo la stampa per i miei gusti è stata troppo sottoesposta, bastava allungare un po’ l’esposizione per ottenere avere i neri della foto scuri come quelli del bordo e ottenere un minimo di dettaglio nelle luci che invece sono bruciate. Peccato, perché altrimenti avrebbe potuto concorrere per il primo posto delle foto del 2009. Belli infine anche gli alberi di Pierre-Olivier Boulant e l’infrarosso colorato a mano (con Photoshop) di Richard Holmes.

Per quanto riguarda la foto in assoluto preferita, quest’anno ho scelto tre immagini a pari merito. Mi piacciono molto i colori della polaroid stenopeica di Erin Malone, nonché la semplicità e essenzialità della fotografia. Pochi elementi, solo un campo che sfuma verso l’orizzonte, ma carico di emozioni e esteticamente molto piacevole. Bellissima la foto di Peter Wiklund, a partire dall’uso creativo delle deformazioni rese possibili dalla flessione della carta dentro alle macchine stenopeiche, passando per la superficie sporca e macchiata e arrivando a questo fantasma che cammina chissà dove. Anche il titolo “uomo morto che cammina”, mi fa ghignare. Il pinholeswap è in occasione del Natale, e molte persone mandano fotografie dell’albero, dei regali, delle stelline o dei nanetti del giardino, accompagnate dai soliti auguri natalizi. Personalmente sono sempre stato rattristito dal Natale (e non sono il solo, addirittura ogni anno i suicidi hanno un picco proprio sul 25 dicembre), e questo è uno dei motivi per cui ho scelto il soggetto e il titolo della mia foto. L’ultima immagine infine ad ottenere il primo posto pari merito è il mare di Daniele Pennati. Conoscevo già da qualche anno la sua serie stenopeica di spiagge, scogliere, mare e cielo nuvoloso, di cui ho sempre ammirato la sfocatura e i colori. È stata veramente una bella sorpresa ricevere una di queste fotografie, fra l’altro stampata decentemente, cosa che non si può dire di tutte le immagini ricevute.

Ancora grazie a tutti e appuntamento al prossimo anno.


PDF Salva questo articolo in PDF
Per gli articoli divisi su diverse pagine il pdf include automaticamente tutto il post

6 commenti »

  1. Danx

    ha detto, il 15 Gennaio 2009 @ 3:15 PM :

    La fila di alberi che rappresenta le giornate che pur passando son sempre uguali?
    Bella metafora e stupenda fotografia!

  2. Giovanni B.

    ha detto, il 15 Gennaio 2009 @ 4:22 PM :

    Perdonami se questo commento non c’entra quasi nulla con il tuo post, ma (come al solito), ho appena finito di divorare il tuo articolo, adesso vado a leggermi qullo sulle “vernici”, mentre sono scappato via dal blog della magnum photos.
    Poi guardo il relativo page rank (per quanto possa valere) e vedo qua un 4 (molto buono) e là un 6… e allora mi arrabbio con zio google che non capisce nulla di fotografia, evidentemente, e con il blogger della magnum che -con i mezzi a disposizione- fa molto molto meno di un busdraghi con il suo blog.

    Ciao e grazie per l’ottimo lavoro svolto
    Giovanni

  3. Fabiano Busdraghi

    ha detto, il 16 Gennaio 2009 @ 1:59 AM :

    Ciao Giovanni,
    grazie mille per i complimenti, che fanno veramente piacere. Ci sono varie ragioni per cui il blog della Magnum ha un ranking più elevato di questo blog, e la più evidente è che tutti sanno cosè la Magnum ma pochi cosa sia Camera Obscura. Purtroppo Google, e tutto quello che è il nuovo modo di concepire il sapere, premia soprattutto chi è noto e maggiormente connesso verso l’esterno, o meglio chi riceve più connessioni. Insomma, banalizzando la cosa, tanti linkano la Magnum, Gogle pensa che sia interessante e la porta su.

    Se questo ti fa irrita come sembrerebbe dalla tua mail, è comunque possibile fare qualcosa. Sfruttare i mezzi stessi del sistema Google. Parlarne alle persone, linkare gli articoli che ti interessano. Se esce qualcosa che ti colpisce completamente, scrivere un commento sul tuo blog, su un forum, una mailinglist. Far nascere la discussione, o semplicemente far rimbalzare l’informazione nella blogsfera.

    Personalmente ho fatto la scelta di non passare la vita a chiacchierare su internet, perché ho veramente già delle giornate troppo cariche, quindi non sempre raccoglierò l’invito. Ma ogni volta che leggo su un blog di terzi un articolo interessante lo commento, se mi è veramente piaciuto lo diffondo in altre sedi, e se ho qualcosa da dire lo riprendo su Camera Obscura. Così facendo non ho il sentimento di lavorare per pubblicizzare i blog altrui, sto solo impegnandomi in un’attività che reputo interessante e formativa, ma sono cosciente dell’effetto benefico in termini di ranking e visite che porto al blog suddetto. Fra l’altro, più gente linka e diffonde un lavoro, più se ne parla, più altre persone linkeranno e diffonderanno anche loro l’informazione. Quello che si chiama effetto palla di neve, che inizia piccola piccola e diventa una valanga.

    ciao ciao
    Fabiano
    p.s. bella interpretazione Danx, non ci avevo pensato, almeno coscientemente, ma l’idea corrisponde perfettamente alla sensazione che volevo trasmettere!

  4. Giovanni B.

    ha detto, il 16 Gennaio 2009 @ 1:10 PM :

    Ciao Fabiano,
    sì, so come lavora zio Google (modero per “passione lavorativa” un blog da 2000 pagine visitate al giorno, ed è inevitabile la battaglia quotidiana con google) e infatti non sono “arrabbiato” con lui, quanto con chi, avendo a disposizione tutti gli strumenti (tra i quali un marchio famosissimo nel mondo della fotografia e la possibilità di dedicarsi alla passione fotografica per lavoro) non li sfrutta adeguatamente. Insomma, dal blog della magnum sarebbe lecito aspettarsi qualcosa di più, o no?

    Ho già linkato camera obscura dal mio sitarello di fotografia (non ti arriverà una valagna di visitatori per questo!), senza la convinzione di fare pubblicità appunto, ma sapendo di fornire un valido servizio all’incauto visitatore del mio sito. Non appena avrò tempo, inizierò anche a cercare di linkare i tuoi post direttamente da qualche mio post, proprio perchè ritengo il tuo un ottimo lavoro. Devo solo trovare la giusta motivazione (ovvero, come proporlo all’interno del blog? devo pensarci un po’)

    Quindi, in bocca al lupo e avanti… ne ho di cose da imparare :)

    Ciao
    Giovanni

  5. damiano

    ha detto, il 17 Gennaio 2009 @ 1:57 PM :

    hi man, è un piacere vederti lavorare ed a mio avviso lavorare molto bene.

    Il mio piccolo contributo può essere questo: tempo fa stampavo menù (esatto, menu per cene importanti di gente a 4 stelle sulle spalline) con una piccola immagine sulla prima di copertina. Effetto lito, con una pressione ottenuta in tipografia con la mulinello. I menu venivano puntualmente asportati e per me è stata una manna, finché è durata. Il segreto stava nello stampare in econo-mode, alta velocità, tipo bozza sulla 2100, insomma appena una spolverata di inchiostro che se la tocchi viene via. La resa era probabilmente dovuta all’accoppiata con una carta 100 % cotone fatta a mano e sfrangiata a filo d’acqua, un’autentica spugna. La carta era specifica per stampa a pressione (ovviamente) per inviti di cerimonie. Il risultato passava per una autentica lito in quattro colori. Ma questa è un’altra direzione; per quanto riguarda la verniciatura, tecnica che i padri della photo-secession imponevano alle ombre (vedi anche intervento di umberto all’articolo sulle resine) ma che a quanto ne so era una abbondante spennellata di cera d’api, ci sarebbe da provare la colla di coniglio. Nella mailinglist [email protected] non ricordo chi ha proposto il sottostrato di colla di coniglio, nota nota, anche come base per volgari acetati che diverrebbero così ottimi anche per i pdn.

    E’ solo un’idea e confesso di non aver mai provato.

    Un saluto caro a tutti, dam.

  6. Fabiano Busdraghi

    ha detto, il 18 Gennaio 2009 @ 6:00 PM :

    Ciao Damiano,
    grazie per i complimenti, da parte tua fra l’altro hanno un sapore tutto particolare. Soprattutto che bello risentirti dopo tanto tempo e pure scoprire che leggi Camera Obscura con una certa regolarità!

    Quello che suggerisci della passata di stampa leggera leggera è molto interessante perché, per quanto mi riguarda, lo vedo come un bell’incentivo ad uscire dagli schemi. Quando si esplorano delle tecniche alternative, come in questo caso la stampa su una carta che assolutamente non è stata studiata per il getto d’inchiostro, è un po’ un controsenso andare a cercare a tutti i costi le caratteristiche tradizionalmente accettate della “buona stampa”. Dettaglio, nitidezza, saturazione e corrispondenza dei colori, neri profondi, etc. Insomma, certe immagini possono funzionare benissimo, anzi avere una marcia in più, proprio perché queste caratteristiche universalmente ricercate vengono meno.

    Per quanto riguarda la colla di coniglio, ne avevo sentito parlare anche io, anche se mi domando se non sia stato proprio te a parlarmene. Se non sbaglio però l’applicazione si fa prima della stampa e non dopo vero? Questa è una differenza abbastanza grossa, perché, almeno in teoria, i fogli di carta di uno stesso pacco dovrebbero essere tutti uguali, quindi permettere una tiratura senza nemmeno pensarci due volte.

    Buffa la storia degli acetati trattati per farne negativi digitali, però ti immagini quanto devi esser preciso già sull’acetato? Altrimenti tutta la calibrazione dei negativi va a farsi friggere. A meno di non uscire appunto dagli schemi, non cercare la precisione a tutti i costi. Può esser divertente introdurre un’ulteriore variabile aleatoria, ma se uno cerca il rigore sarebbe veramente come tirarsi la zappa sui piedi! Da aggiungere all’infinita lista delle tecniche che mi piacerebbe sperimentare.

    Ci sentiamo presto
    Fabiano

Voce RSS per i commenti a questo articolo · TrackBack URI · Permalink

Scrivi un commento