Scaglie d’argento in superficie
Finissime scaglie d’argento che galleggiano sulla superficie di una soluzione Van Dyke Brown

Molti stampatori di Van Dyke Brown lamentano un precipitato nella soluzione Van Dyke Brown, ottenuto al momento della preparazione della soluzione, o più precisamente poco prima di finire di aggiungere la soluzione C nella mescola A+B, seguendo le convenzioni e le quantità della formula VDB classica stile Wynn Whyte.

Non tutti ottengono questo precipitato, e il motivo è principalmente dovuto al fatto che il citrato ferrico d’ammonio è una sostanza chimica non ben definita (vedi diversi interventi di Mike Ware), ovvero varia da distributore a distributore e spesso anche da confezione a confezione.

Descrizione del precipitato VDB

Il precipitato che ottengo, dall’aspetto simile a quello descritto da molti altri stampatori, ha un colore grigio-verde chiaro, un aspetto lattigginoso, come se fosse una sospensione di fine polvere grigia. Per intendersi ha un aspetto simile alla senape mischiata nell’olio: una volta ottenuta una crema omogenea, se si aspetta qualche decina di minuti, l’olio inizia a separarsi dalla senape e l’aspetto visivo è, a parte il colore, molto simile a quello ottenuto con la soluzione VDB.

Il precipitato si ottiene quando circa 2/3 della soluzione C sono stati aggiunti ad A+B. Improvvisamente si forma un precipitato, in grosse quantità, come se la soluzione avesse raggiunto un punto di saturazione e l’aggiunta di un’unica goccia aggiuntiva di soluzione C portasse istantaneamente alla formazione di questo precipitato. Inutile mischiare più lentamente, lasciare l’agitatore acceso per ore, il precipitato si forma comunque e non si dissolve più.

Nella bottiglia lasciata a riposo si deposita sul fondo, occupando un volume pari a quasi metà della soluzione. Agitando la bottiglia si ottiene un emulsione opaca, che se usata per stampare, produce un’immagine irregolare, granulosa e con varie macchie e striature nerastre. Prelevando invece la soluzione chiara sopra il deposito si ottiene una stampa corretta, ma si può utilizzare solo il 50% del volume della soluzione. Analogamente, filtrando la soluzione, si perde un grosso volume di sali, potenzialmente composti d’argento che, se fossero in soluzione, potrebbero essere utilizzati per la formazione dell’immagine. Visto il costo non trascurabile del nitrato d’argento sarebbe quindi preferibile evitare questo deposito.

Altri depositi nelle soluzioni Van Dyke Brown

Questo precipitato non va confuso con altri tipi di deposito che si ottengono nelle soluzioni Van Dyke Brown. Non ha niente a che vedere con quello che in inglese si chiama “silver plating”, ovvero una fine pellicola dall’aspetto metallico, come se fosse uno specchio finissimo, pellicola si deposita sulla superficie interna della bottiglia o sulla superficie dell’emulsione se viene lasciata a riposo per alcune settimane. Non ha niente a che vedere nemmeno con il fine precipitato che si deposita in fondo alle bottiglie dopo alcuni giorni, in genere una scarsa quantità di finissima polvere verde scuro. Questi due tipi di precipitato in generale interessano solo una piccola percentuale della soluzione e non causano grossi problemi in stampa.

Silver plating
Bottiglia, vuota, che ha contenuto per alcuni mesi una soluzione VDB. Le pareti interne sono completamente ricoperte da uno strato d’argento, fenomeno che in inglese viene definito silver plating.

Non c’è un accordo definitivo su come evitarli, se è opportuno filtrare le soluzioni, lasciare i depositi e prelevare la soluzione chiara vicino alla superficie oppure agitare la bottiglia prima dell’uso. Non c’è accordo perché appunto il citrato ferrico d’ammonio è probabilmente diverso per ogni stampatore. A volte agitare aumenta la dmax della stampa ma aggiunge un grano spiacevole, filtrare può aumentare e diminuire il contrasto della stampa, cambiare leggermente la tonalità, etc. In generale sono necessarie alcune prove per determinare quale procedura è la più conveniente, una volta determinato il metodo che si preferisce è poi facile mantenere uno standard abbastanza costante.

In ogni caso questi tipi di precipitato, con qualche accortezza, hanno scarso impatto sulla stampa e non causano una grossa perdita di sali.

Il precipitato di cui si parla non ha nemmeno niente a che vedere con la sospensione biancastra che si ottiene se si aggiunge troppo rapidamente la soluzione C nella soluzione A+B. Se si mischia vigorosamente la soluzione così ottenuta questa sospensione torna facilmente in soluzione. Se invece si è aggiunto veramente troppo in fretta la soluzione C si ottiene un deposito quasi ghiaioso, completamente insolubile.

In ogni caso ho sempre aggiunto la soluzione C nelle soluzioni A+B con un agitatore da laboratorio e una buretta regolata in modo da far cadere una goccia circa ogni secondo.

Rimedio contro il precipitato nelle soluzioni VDB

Per evitare questo deposito è possibile aumentare la concentrazione dell’acido tartarico nella soluzione B.

L’acido tartarico può anche essere aggiunto in una soluzione classica che già contiene il deposito, mescolando infatti il deposito torna in soluzione.

La prima volta che ho fatto questa prova ho aggiunto 0.5g di acido tartarico nella soluzione classica con il deposito presente fino a che questo non è scomparso completamente. Dopo aver aggiunto 2.5g di acido tartarico il deposito era si scomparso, ma la soluzione aveva un aspetto opaco e non trasparente. L’aggiunta di altro acido tartarico non ha reso la soluzione trasparente, quindi immagino che questa sospensione sia di tipo diverso rispetto al deposito originario. Una volta lasciata a riposo sul fondo della bottiglia infatti si deposita una fine polvere scura, in piccole quantità, che può essere filtrata senza problemi. Oppure si può agitare la soluzione subito prima dell’uso, in entrambi i casi si ottengono stampe corrette, senza granulosità o striature.

Questa esperienza mi ha portato in seguito a modificare la soluzione VDB classica per mettere a punto quella che identifico come VDB2, ovvero una soluzione con 4g di acido tartarico invece dei classici 1.5g.

Caratteristiche della soluzione VDB2

La soluzione così ottenuta è più contrastata e con una dmax leggermente più elevata rispetto a quella classica. La tonalità mi sembra la stessa anche se questa è controllata più da altre variabili come l’umidità della carta.

Una grossa differenza è che la carta non è più ad annerimento diretto, ma sviluppa molto durante il primo bagno di lavaggio. Se l’esposizione è controllata visivamente questo porta a rivedere le proprie abitudini in merito, pena una forte sovraesposizione, ma è comunque facile determinare l’esposizione corretta dopo qualche stampa di prova.

Conclusioni

L’uso della formula VDB2, nel mio caso e con il mio stock di citrato ferrico d’ammonio, permette di ottenere stampe più profonde e contrastate di quelle ottenute con la formula VDB classica. Nel complesso l’immagine è comunque abbastanza simile a quella ottenuta con la soluzione VDB di Wynn White, il grosso vantaggio è che si può utilizzare tutta la soluzione e non solo il 50% di questa, un vantaggio economico non indifferente.


Scrivi un commento