Venus #3
Venus #3, 2007. Cibachrome dibond plexiglass 150cmx105cm.
© Ruud van Empel

Ruud van Empel è un fotografo che ottiene le sue immagini incollando insieme moltissime fotografie diverse, ottenendo giganteschi collage che conservano però un aspetto molto fotorealistico. In questo modo Ruud van Empel ricrea i mondi fantastici e spesso coloratissimi della sua fantasia, boschi nordici o rigoglianti foreste tropicali, uffici surreali, in cui ambienta i suoi ritratti.

Sebbene i temi abbordati siano molto diversi, come poi l’impatto estetico e in generale formale, quello di Ruud van Empel è un approccio che mi interessa particolarmente perché anche io attualmente esploro possibilità simili, cercando di sfruttare al massimo gli strumenti che il digitale mette a disposizione oggigiorno. Per questo motivo l’ho contattato e abbiamo avuto l’occasione di scambiare alcune parole a proposito del suo lavoro.

 

Fabiano Busdraghi: Nel tuo lavoro fotografi individualmente ogni frammento della tua immagine, ogni fiore, ogni foglia, ogni insetto. In seguito assembli le varie parti creando un unico grande collage.

Da un punto di vista puramente tecnico questo ti permette di ottimizzare ogni parte dell’immagine, fotografare ogni soggetto con la luce migliore, una messa a fuoco perfetta, cogliere ogni possibile sfumatura di verde della vegetazione. Le immagini inoltre risultano ad alta risoluzione e permettono di stampare molto grande, come appunto fai di solito, mantenendo però una qualità altrimenti ottenibile solo scattando con macchine grande formato.

Questa perfezione formale quanto è importante nel tuo lavoro?

World #8
World #8, 2006. Cibachrome 150cmx105cm.
© Ruud van Empel

Ruud van Empel: Il fatto che le fotografie abbiano un’alta risoluzione non è per me di nessuna importanza. Anzi, devo spesso sfocare le foto perché il tutto è troppo dettagliato e l’effetto è innaturale.

Assemblo l’opera per avere controllo sulla totalità dell’immagine, perché voglio ricreare la realtà in un modo migliore.

 

Fabiano Busdraghi: In ogni caso il tuo uscire dalla sincronicità della fotografia pura ha anche le sue conseguenze teoriche. Costruire l’immagine come una moltitudine di frammenti che assemblati ricostruisco il tutto, che impatto ha sulla visione del mondo?

Ruud van Empel: Costruisco le mie immagini perché scattare un’unica fotografia non mi soddisfa, per me questo approccio è più interessante di quello storico (catturare un momento che in seguito diventa storia). In questo modo costruisco un mio mondo personale, che è così come lo vedo io: la mia immaginazione tradotta in fotografia.

World #5
World #5, 2005. Cibachrome 150cmx105cm.
© Ruud van Empel

Fabiano Busdraghi: Il fotomontaggio e le manipolazioni delle immagini sono nate con la fotografia. Lo stesso giorno però è nata anche la diatriba che tutt’oggi divide in due schieramenti i critici, i filosofi e gli stessi fotografi. Banalizzando una situazione estremamente complessa si può schematizzare le posizioni in questo modo. Da una parte c’è chi vede la fotografia come riproduzione della realtà, e agli estremi, afferma che ogni intervento esterno rende l’immagine non fotografica. Dall’altra chi vede la fotografia come espressione personale, con agli estremi chi dice che senza interventi esterni la fotografia non può essere un’opera d’arte.

Personalmente penso che la fotografia possa abbracciare tanto un aspetto quanto l’altro, e che fotografi di entrambe le correnti di pensiero abbiano prodotto splendide immagini. Ancora oggi però ci sono forti resistenze e prese di posizione rigide, soprattutto dalla parte di chi vede la fotografia come una riproduzione fedele della realtà.

La gente crede nella realtà della fotografia ma non a quella della pittura; il che dà un enorme vantaggio ai fotografi. Sfortunatamente, però, anche i fotografi credono nella realtà della fotografia.
Duane Michals

Uno dei più grandi e noti fotografi italiani di tutti i tempi, Gianni Berengo Gardin, conduce da anni una battaglia accanita contro il digitale e il ritocco delle immagini. Se questo è comprensibile per quanto riguarda il giornalismo, rimango stupito da certe reazioni del mondo della fotografia d’arte, che dovrebbe essere molto più aperto.

Cosa pensi di questa divisone dicotomica della fotografia? Come vengono accolti i tuoi lavori? Ti è capitato di sentirti dire che non sono fotografie ma “altro”?

Ruud van Empel: Si, effettivamente le opinioni sono molto divise su questo punto di vista. Alcune persone considerano che il mio lavoro si puramente fotografico, perché in ogni caso tutto quello che è montato nell’immagine è fotografato direttamente, quindi è in linea con ciò che è la fotografia. Altri dicono che invece è “arte contemporanea”. Questo anche per la dimensione delle stampe, visto che a volte produco pezzi veramente molto grandi, come per esempio World 17 che misura 300cmx100cm. Visto che con questi formati la percezione visiva è diversa, su questa grande scala l’immagine è vissuta più come un’opera d’arte che come una fotografia.

Se vuoi la puoi chiamare “arte fotografica”.

World #17
World #17, 2006. Cibachrome 100cmx300cm.
© Ruud van Empel

 

Fabiano Busdraghi: L’aspetto pittorico è molto importante nelle tue immagini. Oltre a un chiaro richiamo dell’arte naif, a quadri di pittori come Henri Rousseau, le tue fotografie mi ricordano molto anche i dipinti rinascimentali, pur restando allo stesso tempo decisamente moderne. Che importanza ha la tradizione pittorica nel tuo lavoro? Chi sono degli autori che ti hanno particolarmente ispirato?

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Naarden Study #14, 2002.
Cibachrome 100cmx60cm.
© Ruud van Empel

Ruud van Empel: Come al solito, ce ne sono così tanti… durante tutta la mia vita sono stato in contatto con l’arte, e questo costituisce il tuo archivio personale. In fondo al tuo cervello tutte queste immagini sono in qualche modo conservate, e da queste credo che derivi un certo gusto preciso per un certo tipo di arte.

Artisti per me importanti sono: Otto Dix, Mike Disfarmer, Norbert Ghisoland, Lucas Cranach, Georges Melies, Walter Spies, Edvard Munch, Federico Fellini, Saul Steinberg, Cindy Sherman e Tadanori Yokoo.

 

Fabiano Busdraghi: Buona parte dell’arte contemporanea è puramente concettuale e gestuale. L’aspetto formale, se ha importanza, è spesso antiestetico. Le tue fotografie, oltre ad essere innovative, surreali, misteriose, oltre ad instaurare un dialogo con lo spettatore, sono anche decisamente bellissime. Puoi parlare dell’importanza dell’estetica nel tuo lavoro? Credi che sia venuto il momento di riscoprire la ricerca del bello? Ti è mai capitato di ottenere una critica negativa delle tue immagini perché troppo belle?

Ruud van Empel: Questa domanda è un po’ matta, visto che la bellezza è stata per così tanto tempo un taboo dell’arte moderna. Fare belle immagini infatti è stato a lungo visto come una debolezza.

In ogni caso è molto difficile creare “vera bellezza”. Quando ho scelto il soggetto dell’innocenza volevo mostrarne la bellezza. Innocenza è bellezza. Questo è un punto molto importante da capire e da tenere in mente senza dimenticarlo.

Quindi uno dei motivi per cui le mie immagini sono belle è direttamente legato alla natura del soggetto.

L’altra ragione è che sono stanco delle immagini ciniche e ironiche, oppure giusto brutte immagini che sono strane e incomprensibili. Ne abbiamo viste così tante nell’arte contemporanea degli ultimi 30-40 anni, che sento il bisogno di fare qualcosa di diverso.

 

World #23
World #23, 2006. Cibachrome 150cmx105cm.
© Ruud van Empel

Fabiano Busdraghi: Si, sono assolutamente daccordo su questo principio, è veramente giunto il momento di vedere qualcosa di nuovo.

Ma torniamo un attimo al tuo metodo di lavoro. Per ottenere le tue immagini combinando a mano vari elementi eterogenei è necessario tantissimo lavoro e tantissimo tempo. Nell’arte, soprattutto contemporanea, la complessità della tecnica è di solito messa in secondo piano rispetto al risultato finale. Da sempre invece la fotografia si è in qualche modo confrontata con le difficoltà di realizzazione e la complessità tecnica. Immagini ottenute tramite procedimenti lunghi e difficili sembrano spesso avere un valore aggiunto. Lunghe manipolazioni ottenute in camera oscura venivano esposte con orgoglio. Oggi quando in pochi secondi è possibile ottenere lo stesso risultato con un filtro di Photoshop nessuno pensa più di proporre quelle stampe come opere d’arte. Nel tuo caso, sei interessato unicamente al risultato finale, e passare per il collage è l’unico modo possibile per ottenerlo? Oppure nel processo di collage trovi una tua estetica personale, una sua motivazione intrinseca?

World #13
World #13, 2006. Cibachrome 118,9cmx84,1cm.
© Ruud van Empel

Ruud van Empel: Il collage è necessario al fine di esprimere la mia idea. Come accennavo prima non sono soddisfatto dallo scattare un’unica fotografia, ci sono sempre moltissime imperfezioni, così ho bisogno di gestire ogni parte della foto. Ma in ogni caso anche questo ha i suoi limiti e non garantisce l’ottenimento di un’immagine perfetta.

Oggigiorno con Photoshop si ha accesso a molte nuove possibilità di ritocco che mi permettono di raggiungere quasi la perfezione nei colori e nella composizione. Lavoro con questi strumenti nel mio modo personale.

Lavoro con la mia immaginazione e cerco di trasformarla in fotorealismo. Non puoi raggiungere la perfezione con questa tecnica perché è tutto un montaggio di parti fotografate individualmente, quindi l’aspetto globale è un po’ strano. Ma alla fine pure questo aggiunge un’atmosfera personale al lavoro.

Fabiano Busdraghi: Molti dei tuoi scatti rappresentano bambini immersi in un mondo naturale senza spazio e senza tempo, una foresta dei sogni, un paradiso terrestre. Questo è un invito ad un ritorno ad uno stato primordiale e puro dell’esistenza? Il titolo della serie “Word” suggerisce un’universalità che va al di là del colore della pelle e delle frontiere degli stati. Un altro soggetto che abbordi è quindi quello della tolleranza razziale? Che importanza hanno i temi sociali nel tuo lavoro?

Ruud van Empel: Per me non è importante. È uguale utilizzare bambini di colore o bambini bianchi, sono entrambi innocenti, non c’è nessuna vera differenza fra di loro. Pensavo che fosse normale pensare in questo modo e credevo che tutti la pensassero in questo modo. È per me stupefacente scoprire che ad alcune persone non piace che mostri persone di colore, a volte ricevo addirittura email odiose per questo fatto. Incredibile!

Il tema sociale è più importante di quello che pensavo.

 

World #20
World #20, 2006. Cibachrome 84cmx60cm.
© Ruud van Empel

Fabiano Busdraghi: Puoi dire qualche parola in più di una delle fotografie che accompagnano questa intervista?

Ruud van Empel: Per World #20 ho tratto ispirazione da una fotografia che mi è stata scattata quando ero bambino. All’epoca dovevo indossare un completo con stretti pantaloni corti. Questo perché dovevo sembrare un giovane signorino, ma naturalmente l’unica cosa che volevo era andare a giocare liberamente nel giardino e nei campi attorno alla nostra casa.

È divertente vedere questo ragazzino tutto tirato nel suo completo. Ho tradotto tutto questo su di un bimbo di colore in una foresta tropicale. Se guardi i dettagli puoi vedere che il ragazzino ha una piccola ferita causata da qualche gioco un po’ troppo selvaggio, ma per il resto sembra un perfetto esempio di un bravo e buono bambino.

Second Study for 4 Women #1
Second Study for 4 Women #1, 2001. Cibachrome 118,9cmx84,1cm.
© Ruud van Empel

Fabiano Busdraghi: In passato hai lavorato sia come designer che nella realizzazione di film e attualmente stai lavorando anche sulla scultura. La fotografia è il tuo mezzo espressivo privilegiato oppure passi indifferentemente da un media all’altro? I vari aspetti del tuo lavoro interagiscono fra di loro, trovi spunti comuni?

Ruud van Empel: Mi piace la fotografia e mi piace la scultura, quindi cerco di lavorare con entrambe queste discipline. Ho scoperto per esperienze passate che altre forme espressive, come realizzare film o la pittura ad olio, non sono interessanti per me.

C’è una forte interazione fra la mia fotografia e la mia scultura, entrambe sono incentrate sugli stessi soggetti e cerco di visualizzare gli stessi simboli.

Nonostante questo le mie sculture sono ancora in una fase molto sperimentale.

 

Fabiano Busdraghi: Un fotografo che ti piace particolarmente e perché.

Ruud van Empel: Amo particolarmente i lavori di Cindy Sherman. Uno dei motivi è che anche lei lavora in serie. Ogni volta tratta un diverso soggetto utilizzando sempre se stessa come modello. Questo è veramente speciale e trovo che col passare degli anni la serie non diventa mai noiosa, rimane fresca, continuamente portando avanti nuovi esperimenti e questo con ottimi risultati. La sua serie dei Clown è veramente un capolavoro. Inoltre la sua opera va di meglio in meglio col passare degli anni. Mi piace che faccia sempre il ritratto di una sola persona, un grande ritratto con così tante variazioni.

 

Ruud van Empel
Ruud Van Empel.
©Mark Kohn

Fabiano Busdraghi: Giusto qualche curiosità sui tuoi gusti personali. Che libro stai leggendo in questo momento? Che musica ascolti? Quali sono i tuoi film preferiti?

Ruud van Empel: Sto leggendo una biografia del regista olandese Paul Verhoeven e in questo momento sto ascoltando Billy Holiday. Film preferiti? Spaziano fra quelli di registi come Ingmar Bergman, Fellini, Pasolini, Marco Ferreri, Claude Faraldo, Bertrant Blier, Jacques Tati, Stanley Kubrick, David Lynch, Bert Haanstra, Francis Ford Coppola, Michael Powell e Werner Herzog.


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