Crop 100%
Crop 100% dell’immagine originale.

Spesso capita di dover ingrandire una fotografia a bassa risoluzione per farne una stampa molto grande. Con photoshop è possibile interpolare l’immagine per ottenere un file di dimensioni maggiori, ma il risultato in fase di stampa è spesso deludente.

Un ingrandimento importante dell’immagine infatti da una parte svela la mancanza di dettaglio dell’immagine, dall’altra mette in evidenzia tutti i difetti tecnici dello scatto.

Una serie di questi difetti erano già presenti ed evidenti in fotografia analogica, quando si cercava di ottenere una stampa molto grande ruotando la testa dell’ingranditore e proiettando l’immagine di una pellicola 35mm sul muro. A forti ingrandimenti ecco subito apparire, oltre alla mancanza di dettaglii fini, tutti gli errori di messa a fuoco, i problemi di micromosso, le aberrazioni ottiche dell’obbiettivo, etc.

Nel caso della fotografia digitale a questi difetti va aggiunta tutta un’altra serie di problemi, intrinsecamente legati alla natura elettronica dell’immagine: pixellizazione dovuta all’eccessivo ingrandimento, artefatti della compressione jpeg, aloni di sharpness, rumore digitale, color fringing, etc. In generale i difetti “digitali” messi in evidenza dall’ingrandimento sono più spiacevoli di quelli “analogici”.

Questo è in parte dovuto al fatto che ancora viviamo gli ultimi strascichi di un complesso di inferiorità della fotografia digitale rispetto a quella analogica. I difetti sopracitati infatti tradiscono immediatamente la natura digitale della fotografia, facendo storcere la bocca in una smorfia di disgusto tutti gli amatori della fotografia tradizionale. D’altra parte perché obiettivamente questi difetti digitali sono particolarmente antiestetici. Sarà l’educazione e l’abitudine a più di un secolo di fotografia tradizionale, ma i “difetti” analogici producono spesso immagini poetiche e sognanti, mentre quelli digitali sono veramente orribili. Basta pensare alla differenza fra grano e rumore, di cui si è parlato abbondantemente su Camera Obscura. Le stampe di fotografie scattate a 3600iso hanno un bellissimo effetto pittorialista lontano anni luce da quello del rumore digitale.

Ingrandimento
immagine interpolata con un fattore di ingrandimento di 6-7 volte.

Per tutti questi motivi, e per una buona dose di pregiudizi, sui forum di fotografia liberamente consultabili su Internet, spesso si sentono persone affermare che con una macchina da 8 milioni di pixel è impossibile stampare più grande di un 15x18cm, pena una qualità inaccettabile della stampa. Affermazioni categoriche di questo genere sono sempre riduttive e indice di una certa chiusura mentale e ignoranza. Da una parte la “qualità” di una stampa è un parametro estremamente soggettivo e una fotografia con molto dettaglio non necessariamente è migliore di una poco dettagliata. Certo, se si cerca il dettaglio finissimo basta fotografare in grande formato e si ottiene quello che si vuole, ma non bisogna fare tanto rumore se altre persone scattano in piccolo formato e stampano grande, trovando soddisfazione nei risultati. È solo un altro modo di fotografare, e nessuno a priori è meglio di un altro. Il solito esempio del 35mm esposto ad alta sensibilità, in cui il dettaglio è completamente assente, andrebbe sempre tenuto a mente. D’altra parte, oltre alla valutazione soggettiva, esistono tecniche che permettono di stampare grande eliminando buona parte degli inconvenienti citati poco sopra.

Come fare allora quando, a partire da un file a bassa risoluzione si vuole stampare grande evitando gli artefatti propri del digitale? La risposta, come spesso succede, viene dall’esperienza maturata con la fotografia analogica.

Le fotografie piccolo formato stampate molto grandi spesso sembrano migliori dell’equivalente digitale. Non solo è evidente l’assenza dei difetti propri al digitale di cui abbiamo parlato, ma l’immagine sembra anche più ricca, più dettagliata, più presente, più nitida, più a fuoco. Gli amanti dei test, che passano la loro vita a fotografare mire ottiche e a contare le linee per millimetro, senza mai fare foto vere, hanno ampiamente dimostrato che ormai il digitale, in termini di dettaglio, di linee per millimetro, di pulizia e liscezza dell’immagine, è paragonabile o superiore alla fotografia analogica dello stesso formato. Senza contare la facilità di post-produzione che permette di ottimizzare l’immagine. Eppure un forte ingrandimento da pellicola sembra più bello, più gradevole e anche più dettagliato di un equivalente digitale.

Noise Shaprness
immagine a cui è stato applicata una riduzione del rumore e un aumento di sharpenss locali.

Due delle regioni possibili sono la presenza del grano dei sali d’argento e la differenza fra quella che è la realtà obiettiva e la percezione dell’occhio umano. Questo è un punto importante, da aggiungere a quelli che dovrebbe entrare nella testa di tutta la gente che crede ciecamente nella rappresentazione fedele della realtà da parte della fotografia, tema di cui si è ampiamente discusso negli articoli della serie fotografia e verità. Per esempio una foto digitale che non sia mossa o sfuocata è, almeno fino ad un certo punto, più o meno netta a seconda dello sharpness che si applica al file. Non è la fotografia in se ad essere netta, ma quello che si crede di vedere. L’occhio non percepisce gli aloni più scuri e più chiari che photoshop applica ai bordi dell’immagine, quello che l’occhio vede è una sensazione di nettezza dovuto all’aumento del microcontrasto della fotografia. A scanso di equivoci ripeto che non sto parlando del dettaglio reale dell’immagine, se si vuole la ricchezza di minimi dettagli da esplorare con la lente si scatti in grande formato e si stampi per contatto, senza tanto rompere le scatole. Quello di cui parlo è la sensazione di acutezza visiva di un’immagine di piccolo formato, sensazione che può essere pesantemente influenzata dal trattamento digitale sull’immagine.

Nel caso di un forte ingrandimento di un’immagine analogica, anche se mancano dettagli veri e propri, quando ci si avvicina alla stampa, l’occhio percepisce molto chiaramente la struttura granulare dei sali d’argento. Se si è sviluppato correttamente la pellicola e stampato secondo tutti i crismi, questa struttura è molto secca, ben definita e esteticamente piacevole. Mancano i dettagli dell’immagine, ma è presente un reticolo estremamente ben definito cui l’occhio si attacca, come un punto fisso in un mare di vacuità. Ed ecco che si ha una sensazione di dettaglio e di nettezza, di ricchezza e precisione. È solo un’illusione, ma è questo che vediamo. Nel caso del digitale questo punto di attacco rappresentato dal grano è assente, l’occhio si perde, na ha nessun punto d’attacco. I file digitale molto ingranditi sono piatti e lavati, i bordi dell’immagine diventano righe artificiali.

Una possibile soluzione quando si vuole stampare in grande file di piccole dimensione e allora quella di aggiungere un grano piacevole, in modo da farne un punto di attacco per l’occhio, come nel caso della fotografia analogica. È importante sottolineare che bisogna essere pronti a rinunciare alla mancanza di dettaglio fine, come si diceva poco sopra se l’obbiettivo che ci si prefigge è il dettaglio allora lavorare in grande formato è la soluzione in assoluto migliore. Il soggetto di questo articolo è come utilizzare il grano per rendere più piacevole una fotografia in cui l’ingrandimento importante ha messo in evidenza la mancanza di dettaglio e i difetti del file, soprattutto quelli digitali.

Overlay grain
Aggiunta di un layer in overlay per simulare la grana della pellicola.

L’immagine originale utilizzata per questo articolo è un crop di una fotografia moderatamente ritoccata a cui è stato applicato un leggero sharpness. A 360ppi, la risoluzione nativa di stampa della maggior parte delle stampanti a getto d’inchiostro, corrisponde ad un’immagine di solamente 3x4cm circa. Osservando il file a schermo viene utilizzata la risoluzione classica del web di 72ppi, ma va tenuto presente che si sta osservando il file al 100% di ingrandimento, che l’immagine a schermo in realtà corrisponde ad una stampa molto più piccola, stampa nella realtà molto più ricca e dettagliata di quello che sembra a schermo. Analogamente il grano sembra più intenso a schermo di quello ottenuto stampando a 360dpi. Per rendersi conto quindi degli effetti reali del ritocco descritto in questo articolo conviene quindi sempre riferirsi alle stampe cartacee e non alla visualizzazione delle immagini a schermo. Per comodità è disponibile un file zip (800Kb) che contiene tutti i file che accompagnano questo articolo.

Le dimensioni dell’immagine ritagliata sono state aumentate, con un’interpolazione bicubica più liscia, per un fattore di ingrandimento di 6-7 volte. Ovvero lo stesso file -stampato sempre a 360ppi- permette adesso di ottenere una stampa di circa 8x10cm. Un ingrandimento di questo tipo è più o meno quello necessario per ottenere una stampa 50x70cm a partire da un file di una macchina di 8 milioni di pixel. I calcoli non sono esatti unicamente per esigenze di pubblicazione sul web, ma chiunque può applicare la procedura descritta su file completi cui si applica un fattore di ingrandimento analogo, o addirittura uno superiore.

Nella foto così ottenuta è evidente la mancanza di dettaglio. L’immagine appare quasi sfuocata e allo stesso tempo nel cielo inizia ad essere evidente il rumore digitale, che come già detto non è il massimo della bellezza. Per ovviare a questi inconvenienti la fotografia è stata trattata, dopo l’ingrandimento, con la tecnica di sharpness e riduzione del rumore descritta nell’articolo Tecniche locali di sharpening e riduzione del rumore. Tecnica che permette fra l’altro di ottenere una maschera dei bordi dell’immagine che sarà particolarmente utilse nel seguito dell’articolo. La riduzione del rumore e l’aumento della nettezza sono stati leggermente esagerati a fini didattici, in modo da mostrare l’effetto della tecnica descritta su immagini dove le parti uniformi sono completamente piatte e sui bordi sono molto evidenti gli artefatti digitali dovuti ad uno sharpness eccessivo.

Dopo questo trattamento digitale il rumore dal cielo è completamente sparito, e i bordi della foto sono molto più netti. Naturalmente è impossibile fare miracoli, i dettagli che mancano alla fotografia non possono essere inventati. I pori della pelle, le righette delle labbra e i peli della barba non sono ben definiti. Allo stesso tempo all’estremità dei denti, sul bordo del mento che si staglia contro il cielo e soprattutto sulla montatura degli occhiali sono evidenti gli artefatti dello sharpness.

Border grain
Grano applicato sulle campiture tramite un layer in overlay e direttamente sull’immagine in un intervallo centrato sui bordi della foto.

L’aggiunta di un grano simulato con la tecnica descritta nell’articolo Simulare una grana intensa e realistica con Photoshop migliora sensibilmente la situazione, almeno per quanto riguarda le campiture dell’immagine. La pelle adesso è molto più naturale e piacevole. L’aggiunta del grano sul mento e sulle guance sembra addirittura soppiantare l’assenza di texture della pelle, sostituendosi a questa. Anche il riflesso negli occhiali è molto più realistico di prima: l’effetto plastico e innaturale tipico del digitale è scomparso completamente. La sfumatura del cappello è molto più uniforme e graduale. Il grano naturalmente è molto evidente sul cielo, che è una superficie completamente piatta e regolare. Personalmente, una volta stampata la fotografia, lo trovo molto piacevole. Se il grano fosse comunque troppo intenso basta aggiungere una maschera sul cielo in modo da renderlo meno prepotente.

Resta ancora del lavoro da fare. L’aggiunta di una grano su un layer grigio in overlay serve ad applicare il grano prevalentemente sui grigi medi e non sulle ombre e sulle luci. Oltre a questo il grano in generale è particolarmente visibile nelle zone piatte e uniformi, ma non in quelle ricche di dettaglio. Queste due caratteristiche intrinseche del grano hanno per conseguenza che nelle zone di bordo, dove sono particolarmente evidenti gli artefatti dovuti allo sharpness, il grano non viene praticamente applicato, e l’effetto spiacevole del digitale è ancora evidente in questo file.

La soluzione si trova come al solito ricordandosi come erano le pellicole analogiche. Osservando un ingrandimento di una pellicola ad alta sensibilità si nota che il grano non si allinea esattamente sulle righe e i bordi dell’immagine, ma sfuma fra una zona e l’altra, rendendo i bordi meno netti e definiti. Praticamente dove dovrebbe esserci un passaggio tonale netto si ha un intervallo in cui il grano cambia gradualmente di intensità L’idea quindi è quella di applicare un grano direttamente sui bordi dell’immagine e sulle zone immediatamente contigue, in maniera da romperli e renderli meno definiti.

Applicare il grano solo su un intervallo centrato sui bordi della foto tecnicamente è molto semplice, visto che una maschera di bordi veri e propri è già stata creata automaticamente dal plugin TLR sharpening toolkit nella fase di sharpen e riduzione del rumore. Basta quindi fare uno snapshot dell’immagine senza il layer grain e porlo fra questo e il resto dei layers. Per farlo nascondiamo il layer grain in overlay, selezioniamo il layer più in alto di tutti nella paletta dei layer(ovvero il primo layer sotto overlay grain), premiamo ctrl+alt+shift+e per fare la copia dell’immagine e riabilitiamo infine il layer overlay grain. La copia appena fatta dell’immagine per chiarezza la rinominiamo “border grain”. Ed è su questo layer che viene applicato direttamente il rumore che simula il grano della pellicola. Attenzione, è molto importante applicare il rumore con esattamente le stesse caratteristiche del rumore sul layer grigio in overlay.

Layers
Paletta dei layers

Una volta fatto selezioniamo la maschera di bordi precedentemente creata e la espandiamo in modo da simulare i bordi diffusi della pellicola ai sali d’argento. In questo caso la selezione è stata ingrandita di 10px, ma naturalmente dipende dalla risoluzione del file. La selezione va anche sfumata (feather), in questo caso di 5px, per simulare i contorni progressivi della pellicola. Con questo tipo di selezione attiva basta aggiungere una maschera al layer border grain, in modo da applicare il grano appena aggiunto solo sui bordi della foto. Fatto ciò si nota che il layer overlay grain applica il rumore ovunque, anche sui bordi, dove stato appena applicato direttamente, creando uno spiacevole bordo dal grano molto scuro e denso. Ne consegue che, contrariamente a quanto fatto fino ad ora, anche al layer overlay grain va applicata una maschera. Maschera praticamente già pronta, perché basta selezionare la maschera del layer border grain e invertirla, per avere esattamente la maschera che fa al caso nostro. Alla fine, si veda la paletta dei layer per chiarezza, si ha un layer in overlay che applica il grano sulle parti uniformi della foto, e un layer normale che applica direttamente il grano in un intervallo centrato attorno ai bordi della foto.

Riassumendo, per applicare la tecnica di ritocco descritta basta agire come segue. Una volta completato il ritocco sul file fare una copia di tutti i layer dell’immagine e applicare a questa un rumore che simula il grano di una pellicola, per esempio come quello ottenuto con il plugin Imagenomic Real Grain. A questo layer, chiamato border grain, applichiamo una maschera di bordi “dilatati”. Per farlo si parte dalla maschera di bordi generata con il plugin TLR professional sharpness toolkit. Si seleziona questa maschera, si espande la selezione di una decina di pixel e la si sfuma della metà di questi. Si crea quindi un layer grigio in overlay cui si applica esattamente lo stesso rumore applicato sul layer border grain. Per finire basta applicare a quest’ultimo layer una maschera esattamente speculare rispetto a quella del layer border grain.

Ci si può chiedere perché fare due layer, uno per agire unicamente sui bordi e l’altro sulle zone uniformi dell’immagine. La ragione è che applicando il grano su una copia dell’immagine i toni vengono modificati e il contrasto appiattito. Il layer grigio in overlay è una delle migliori tecniche per applicare il grano prevalentemente sui toni medi dell’immagine, lasciando intatte basse e alte luci, quindi contrasto e toni della fotografia. Lo svantaggio è che il layer in overlay non rompe abbastanza i bordi, e in questo caso è necessario agire direttamente sulla foto, per avere un effetto più energico. Come si diceva poco sopra è importante applicare a entrambi i layer lo stesso identico rumore, altrimenti lezone di giunzione fra bordi e campiture non si saldano in modo corretto.

Seguendo questa tecnica anche i bordi dell’immagine sono stati rotti dal grano, mascherando quasi completamente i difetti di sharpness e rendono la fotografia molto più realistica e naturale. Naturalmente il prezzo è una leggera perdita di dettaglio aggiuntiva, visto che i bordi, e quindi i dettagli fini, sono stati spaccati dal grano. Ma non bisogna dimenticare che in realtà dettagli veri e propri non esistevano nell’immagine, quindi la perdita non è così grave, anzi. L’idea dietro a tutta la procedura del resto non è quella di avere il massimo del dettaglio, ma di rendere piacevole e credibile una fotografia in cui il dettaglio è assente.

L’aggiunta di una grana come quella descritta in questa procedura permette infatti di stampare forti ingrandimenti di immagini a bassa risoluzione ottenendo una qualità decisamente migliore di quella ottenibile con una stampa diretta, senza post-produzione digitale. Certo, il dettaglio non si può inventare, ma con una 8mp si riescono ad ottenere stampe abbastanza grandi dalla qualità più che accettabile.


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