Rileggendo le interviste su Camera Obscura mi sono reso conto di due cose: è presente un certo schema di fondo che si ripete e non sono così approfondite e dettagliate come vorrei.

In un certo senso è normale che sia così. Prima di scrivere un’intervista guardo e riguardo tutte le fotografie che trovo dell’artista, cerco precedenti interviste, comunicati stampa, testi critici che lo riguardano, articoli che ha pubblicato altrove. Una volta digerito questo materiale cerco di sviluppare i punti che reputo interessanti, scrivendo domande apposite. Però è inevitabile ripetersi almeno in parte. Un po’ perché a volte è difficile costruire da zero una conversazione, un po’ perché alla fine gli argomenti che si interessano, sui quali voglio sentire il parere di fotografi che stimo, si riassumono facilmente agli stessi, diciamo, punti caldi. A questo devo aggiungere che mi piace porre sempre esattamente la stessa domanda, per vedere come ognuno risponde in modo individuale e autonomo.

Oltre a questo ho spesso la sensazione che le risposte sono veloci e meno approfondite di quello che vorrei. Questo è un fatto generale, che va al di là dell’impegno e dello sforzo delle persone che intervisto, sforzo di cui sono sempre molto riconoscente. È giocoforza però constatare che spesso su Internet le informazioni sono molto superificiali, tanto che è diventato quasi uno stile di vita e una forma di concepire il sapere. Ci sono molte ragioni per questo. Per esempio nelle interviste è necessario limitarsi ad una descrizione generale del lavoro di un’artista, visto che ci sono così tanti argomenti interessanti da discutere. Alla fine si toccano 3 o 4 punti che meriterebbero ognuno un libro, come sarebbe possibile approfondirli tutti? O non c’è spazio a sufficienza, o non si ha tempo per farlo, o verrebbe fuori un articolo che nessun lettore avrebbe voglia e tempo di finire. Si finisce quindi per slittare da un argomento all’altro, ma mi rimane sempre un retrogusto di frustrazione per non esser aver potuto spingere il discorso più lontano.

Ragionando su come fare per sbloccare questa situazione ho pensato che il segreto è ridurre lo spettro delle possibilità di discorso, formulare un’unica domanda, con l’intento di approfondire al meglio quell’argomento, e niente di più. Visto che alla fine ciò che più è interessante è la fotografia stessa, intesa proprio come un’immagine, e non le discussioni sul mercato dell’arte, le scuole nazionali, la fruizione delle opere su internet, le riviste online, il digitale e l’analogico e via dicendo, visto che -come dicevo- ciò che più interessante è la foto stessa, l’idea è di parlare solo di questo. Scegliere un’unica fotografia, un po’ come faccio io nella serie Attorno ad una foto, approfondendone l’analisi e la descrizione, la genesi, la storia, le ragioni, i perché, le conseguenze, etc.

Lasciando all’artista tutta la libertà che desidera, senza nessuna forma di censura, come nelle interviste. Anche la libertà, e questo è un piccolo rischio da parte mia, di scegliere l’immagine di cui desidera parlare. Un piccolo rischio che devo correre, perché non posso sapere a priori quale foto racchiude la storia più interessante, quale immagine è più importante nel cuore e nel cervello di chi l’ha scattata. L’unica linea guida è quella di scrivere un articolo che approfondisca veramente la fotografia in questione, con un limite minimo fissato a 1000 parole, lasciando comunque intendere che più un articolo è lungo e dettagliato e meglio è.

Libertà di parlare di una fotografia che ha una storia speciale, di una che rappresenta particolarmente bene il modo di fotografare del fotografo in questione oppure, al contrario, di una fotografia che esce completamente dagli schemi, di una foto che normalmente non sarebbe mai stata fatta in questo modo. Libertà di raccontare le fasi che ne hanno portato alla costruzione, un aneddoto, un evento fondamentale. Libertà di descrivere in dettaglio il procedimento tecnico, oppure che cosa rappresenta sul piano estetico o filosofico. Ma anche citare una canzone, un film, un libro, o scrivere una propria poesia. Oppure -naturalmente- tutto questo insieme.

Ho già mandato alcune mail a fotografi di cui amo il lavoro, e ho già ottenuto le prime risposte affermative al mio invito, quindi nelle prossime settimane su Camera Obscura appariranno i primi articoli di questa nuova serie. Naturalmente continuerò a scrivere interviste, quando mi interesserà in modo particolare dialogare con un artista o presentare il corpus del suo lavoro e non solo una singola fotografia. naturalmente continuerò a scrivere anche i miei propri articoli della serie attorno ad una foto, dove sono io a scegliere un’immagine ed ad approfondire il discorso, e non la persona che l’ha scattata. Per distinguere quest’ultima serie aggiungerò un tag o una categoria “contributi esterni”.

Fra qualche giorno su grande schermo…


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