Fabiano Busdraghi pinholeswap 2010
Fotografia zoneplate su carta acquarello albuminata
© Fabiano Busdraghi

Come nel 2009 e nel 2008, ho ancora una volta partecipato al pinholeswap, uno scambio di fotografie stenopeiche organizzato ogni anno durante il periodo natalizio.

Personalmente ho inviato una foto zone plate scattata alla Defense e stampata a getto d’inchiostro su carta Arche Acquarelle. Come descritto nell’articolo Vernici per stampe a getto di inchiostro su carta artistica è possibile recuperare contrasto e dmax di una stampa su carta acquarello “verniciando” la stampa con una qualche resina che restituisca brillanza ai colori e soprattutto al nero. A differenza delle resine descritte nell’articolo appena citato, quest’anno ho voluto provare l’albume o più banalmente il bianco d’uovo. È una vita che non stampo all’albumina, ma ho cercato di recuperare un po’ di ricordi cui ho aggiunto un pizzico di inventiva, visto che in questo caso l’albume è utilizzato come vernice e non come supporto.

Ecco la procedura per ricoprire le stampe all’albume. Per cominciare ho sbattuto un paio di albumi con un goccio di aceto, perché -come quando si fa la maionese- l’acidità rompe i legami polimerici dell’albumina che si “srotola” quindi più facilmente e permette di ottenere una mescola più fine e uniforme. Come al solito sbattendo le uova viene fuori un sacco di schiuma. Nella stampa al carbone l’aggiunta di alcool elimina le bollicine della gelatina, perché l’alcool modifica la tensione superficiale della soluzione, ma con l’albume non funziona per niente. Ho steso allora l’albume acido-alcoolico con un pennello, l’ho fatto un po’ asciugare, accelerando la cosa con un asciugacapelli. Non appena lo strato di resina quasi completamente secco, ho iniziato a lucidarlo a mano, semplicemente inumidendo i polpastrelli con un po’ d’acqua e lisciando la resina con le dita. Questo ha permesso di eliminare tutte le tracce di bolle appena menzionate, un bel vantaggio. Dopo qualche ora, una volta le stampe ben secche, le ho passate al forno in modo da indurire l’albume e fissarlo definitivamente. Il risultato non è male, ed è sicuramente una tecnica che vale la pena esplorare. Rispetto all’acrilico e al poliuretano si usano solo ingredienti naturali e molto economici; il fatto che l’albume sia solubile in acqua e che sia quindi possibile lucidare la resina è poi decisamente interessante.

Quest’anno, causa impegni vari, ho deciso di fare un’edizione di sole 9 stampe. Per non far torto a nessuno, visto anche che partecipano al pinholeswap molti amici e conoscendo, ho deciso di optare per la comoda funzione del sito che estrae automaticamente un certo numero di indirizzi dalla lista dei partecipanti. Mi scuso quindi con tutte le persone che mi hanno mandato una foto senza ricevere niente in cambio, ma i destinatari delle mie stampe all’albume quest’anno sono stati scelti unicamente dal fato.

Raimundo Civera
© Raimundo Civera

Per quanto riguarda le fotografie stenopeiche ricevute, devo dire che il livello generale è decisamente cresciuto rispetto agli anni scorsi. in passato infatti avevo ricevuto qualche ottimo scatto, ma anche una montagna di fotografie di nanetti, alberi di natale e simili di nessunissimo interesse fotografico. Senza contare poi le classiche foto (purtroppo estremamente diffuse fra i principianti) di ciò che si vede guardando fuori dalla finestra della propria casa, foto che certo sono stenopeiche, ma non hanno assolutamente niente di più da raccontare. Quest’anno invece la maggior parte delle immagini sono portatrici di senso, vanno al di là della semplice tecnica stenopeica, sono belle e interessanti in quanto immagini, al di là di come sono state eseguite. Ho notato anche una cura in generale maggiore della qualità di stampa, anche se devo ammettere che qualcuno (si dice il peccato ma non il peccatore…) mi ha spedito una stampa con delle orride righe orizzontali dovute all’occlusione delle testine della stampante, roba che quando mi capita la stampa finisce direttamente nel cestino e non merita nemmeno il prezzo del francobollo per spedirla. Per fortuna si tratta di un caso isolato. In ogni caso, oltre alla stampa in sé, quest’anno anche la presentazione generale delle stampe mi è sembrata più curata rispetto agli anni precedenti, con delle belle carte e cartoncini a far da sfondo alle immagini, una scelta oculata dei materiali e anche delle buste.

In assoluto la mia fotografia preferita di quest’anno è una foto di un castello spagnolo scattata da Raimundo Civera. Bella l’immagine, dal formato panoramico molto allungato. Bella l’atmosfera sognante, quello che sembra un mare o uno specchio d’acqua liscio e uniforme, da cui emerge un’architettura dal sapore vagamente metafisico e misterioso. Bella poi la stampa, un cianotipo virato, direi con qualcosa che assomiglia ai miei viraggi neri, e bella l’idea di tagliare i bordi della foto come si faceva una volta, mi sembra quasi di tenere in mano certe fotine dei tempi del mio nonno. Insomma, ottima immagine in quanto tale e ottima stampa in quanto oggetto, grazie mille Raimundo!

Altre fotografie che meritano una menzione sono quella di Thomas Miller, se non altro perché l’esposizione dura sei mesi come si può vedere dalle tracce del sole nel cielo (e pure nel lago: bellissimo!), la fotografia anamorfica di Samuele Piccoli (con una tiratella di orecchie per la stampa, niente di indimenticabile), l’allegra confusione di Delio Ansovini, le macchine abbandonate di Jan kapoor e ugualmente le immagini di Daniele Pennati, Danilo Pedruzzi, Richard Holmes e Wolfram Shurman.

Ecco come ogni una galleria delle migliori fotografie del pinholeswap 2010 (© di ogni fotografo citato).