David Nebreda
© David Nebreda

Poco prima della chiusura ho visitato la mostra Autour de l’Extrême alla Maison Européenne de la Photographie.

Ancora prima di leggere anche solo il nome dei fotografi esposti mi sono posto qualche domanda sul titolo della mostra. Parlando di immagini estreme vengono subito in mente fotografie scoccanti: morti violente, vittime della guerra, coprofagia, perversioni e fantasmi personali, pornografia e sesso esplicito, controversie, provocazioni artistiche e chi più ne ha ne metta. Per esperienza so che alla MEP di solito le mostre sono decisamente politicamente corrette, al punto da esser spesso noiose. È molto più frequente vedere fotografie “estreme” nelle gallerie d’arte moderna di Parigi piuttosto che in questo museo ampiamente frequentato dal grande pubblico. Già in partenza quindi ero un po’ prevenuto e mi immaginavo di vedere di tutto salvo immagini veramente “estreme”.

Joel-Peter Witkin
© Joel-Peter Witkin

Fin dalla prima sala ho potuto confermare quest’impressione. Poi però ho capito che in realtà il senso dato alla parola “estremo” è inteso in modo molto più vasto rispetto a quello che ho delineato nel paragrafo precedente. Per esempio viene mostrata la famosa foto di Armstrong sulla luna, visto che è il luogo più lontano -non per niente si dice anche “più estremo”- dove l’uomo abbia messo piede. Oppure la fato di un neonato immediatamente dopo il parto, visto che i due “estremi” della vita sono appunto la morte e la nascita. O ancora diverse immagini di cerimonie religiose o mistiche, intendendo probabilmente il divino come -cerco di indovinare l’intenzione dei curatori della mostra visto che personalmente sono ateo e miscredente- come la sfera più alta e nobile cui aspira l’umanità.

Pierre Molinier
© Pierre Molinier

Nonostante quindi la parola “estremo” vada inteso in senso molto vasto, moltissime delle fotografie esposte di estremo secondo me hanno veramente poco, se non che siano estremamente famose. Mi riferisco per esempio alle molte fotografie di nudo dei grandi maestri della fotografia scattate fra gli anni 50 e gli anni 80. Fotografie splendide, stampe superlative, ma francamente non riesco a trovare una giustificazione per inserirle nella mostra.

Andres Serrano
© Andres Serrano

Alla fine sembra giusto che i curatori abbiano tirato fuori la maggior parte dei migliori pezzi della collezione permanente della MEP. È sempre un piacere vedere dal vivo tutte queste splendide immagini, la mostra ripercorre in modo notevole la storia della fotografia, l’interesse storico è evidente e la mostra è sicuramente piacevolissima per un pubblico non troppo esperto, ma francamente mi aspetterei qualcosa di più e ho l’impressione che quasi la metà delle immagini siano fuori tema. Questo può sembrare secondario, ma in realtà è un punto fondamentale. Per creare una vera mostra non è sufficiente tirar fuori quattro foto dei fotografi più noti della storia. Un curatore dovrebbe cercare di inventare un vero percorso, raccontare qualcosa, proporre una visione inedita, fare accostamenti che aprono la mente. Da questo punto di vista la mostra Autour de l’Extrême non mi pare sia completamente riuscita.

Ralf Marsault
© Ralf Marsault

Nonostante quanto detto alcune fotografi sono perfettamente in linea con i contenuti: Joel-Peter Witkin, Andres Serrano, Pierre Molinier, Manuel Álvarez Bravo, Sebastião Salgado giusto per citare i più conosciuti. Di seguito altri fotografi un po’ meno noti, ma il cui lavoro -oltre ad avermi colpito in modo particolare- mi è sembrato perfettamente in linea con il tema della mostra.

Ralf Marsault, di cui ho ammirato un paio di mostre in passato, ritratte punk, strafattoni, vagabondi e ogni altro tipo di individui al margine della società contemporanea, con un bel bianco e nero in stile reportage impegnato. Si sente subito che si tratta del progetto di una vita.

George Dureau
© George Dureau

Le fotografie di amputati di George Dureau sono veramente splendide. Stile elegante e curato delle foto di moda di un po’ di tempo fa, pulizia ed eleganza delle forme, ottime stampe in bianco e nero. Le persone ritratte hanno tutte subito amputazioni anche molto gravi, ma mostrano un’eleganza, una forza, un coraggio fuori dal comune. Tanto di cappello.

Raphaël Dallaporta ha invece fotografato le mine antiuomo come se fossero oggetti di consumo? Bella luce che fa brillare i colori come in una réclame e fondo nero che fa pensare a lusso e gioielli. Quando ci si rende conto che si tratta invece di strumenti di morte ci si vergogna di vivere in un mondo dove le guerre sono all’ordine del giorno. Ogni fotografia è corredata da una didascalia che illustra in maniera imparziale e precisa il funzionamento e gli effetti di ogni mina. La malignità umana non ha limiti, è terribile pensare che scienziati e ingegneri sfruttino il proprio sapere per inventare maniere sempre più raffinate ed efficaci per uccidere e ferire. Da quando ho visto queste foto non riesco a smetter di pensarci.

Raphaël Dallaporta
© Raphaël Dallaporta

La vera scoperta della mostra Autour de l’Extrême sono però le fotografie di David Nebreda. Si tratta di un fotografo di cui non avevo mai sentito parlare, e di cui si trova pochissimo su internet. Malato di schizofrenia fin da giovanissimo, David Nebreda vive segregato in casa, dove pratica una vita di rinuncia quasi ascetica: totale astinenza sessuale, regimi alimentari strettissimi e lunghi digiuni che lo riducono ad un’estrema magrezza, senza esagerare rimane poco più che pelle ed ossa, come una vittima di un campo di concentramento. E poi automutilazioni, flagellazioni, tagli, incisioni, sanguinamenti… il tutto fotografato e messo in scena con scritte, riferimenti iconografici, oggetti curiosi ed eterogenei, esposizioni multiple, uso sapiente della luce e in generale della pratica fotografia. Le fotografie sono permeate da un non so che di religioso, forse i riferimenti all’arte sacra, forse ricordi delle persecuzioni dei martiri, forse la luce e le espressioni, la rappresentazione della tortura e della sofferenza umana. Ciò che è certo è che si respira qualcosa di trascendentale e sacro.

Ma soprattutto ciò che è toccante nelle fotografie di David Nebreda è sopratutto l’intensità terribile, sconvolgente di questi scatti (le immagini che accompagnano questo articolo sono fra le meno dure in assoluto). Non ho quasi mai visto nessuno riuscire a mettere a nudo tanto dolore e tanta sofferenza, solo la follia forse permette di spogliarsi di tutto, di andare veramente a fondo delle cose, ai propri spettri e appunto alla propria follia.

Fotografie che fanno male, ma impossibili da dimenticare.

David Nebreda autoritratto
© David Nebreda