Camera Obscura » Equipaggiamento /it/ A blog/magazine dedicated to photography and contemporary art Thu, 12 Apr 2012 19:59:02 +0000 en hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.3.1 Sorgente di luce UV per contatto e ingranditore UV /it/2007/sorgente-luce-uv-ingranditore/ /it/2007/sorgente-luce-uv-ingranditore/#comments Tue, 18 Dec 2007 15:05:58 +0000 Fabiano Busdraghi /?p=2932 Cassa UV
Cassa di tubi UV per la stampa di tecniche antiche.

La maggior parte delle tecniche antiche e alternative utilizzano materiali sensibili alle radiazioni ultraviolette e non alla luce visibile. Inoltre quasi tutti i supporti sono molto più lenti della normale carta ai sali d’argento. Non è quindi in generale possibile utilizzare un semplice ingranditore come si fa normalmente in camera oscura. È necessario invece utilizzare una sorgente luminosa UV di grande superficie e stampare per contatto utilizzando un pressino o torchietto per ottenere un contatto perfetto fra negativo e supporto di stampa.

In realtà almeno teoricamente è possibile utilizzare un ingranditore, ma nella pratica non è sufficiente sostituire la lampadina con una che emetta raggi ultravioletti, altri problemi rendono un’unità per stampe a contatto molto più pratica e economica.

In primo luogo, visto che che la quantità di luce diminuisce con il quadrato della distanza dalla sorgente e vista la scarsa sensibilità dei materiali, la sorgente luminosa deve essere molto potente e raffreddata efficacemente per non bruciare il negativo. I tempi di esposizione con un eventuale ingranditore UV sono molto lunghi, su internet gira la voce che circa 15 minuti sono necessari per una gomma bicromata 18X20cm, che diventa un tempo improponibilmente lungo già con un cianotipo, tecnica che in generale è fra le 3 e le 5 volte più lenta di una gomma. I formati superiori poi richiederebbero ore di esposizione, mentre una gomma si stampa per contatto in circa 2 minuti indipendentemente dal formato. È vero che ingrandire i negativi può essere un’operazione lunga, complessa e tediosa, ma se si deve stampare un’edizione di 20 esemplari, diventa prioritario che i tempi di esposizione delle stampe restino ragionevoli o perlomeno inferiori a quello necessario per ottenere un negativo ingrandito. Senza contare che attualmente si possono ottenere negativi digitali di ottima qualità, molto rapidamente e col minimo sforzo.

Il secondo grosso problema è che la maggior parte dei vetri filtra gli UV, compresi i vetri, sono generalmente utilizzati per gli obiettivi e i porta negativi. Si dice però che gli obiettivi El Nikkor lasciano passare circa il 50% delle radiazioni UV, quindi potrebbero essere un buon punto di partenza. Ma ecco subentrare un ulteriore problema: gli obiettivi sono progettati per minimizzare le aberrazioni ottiche nel campo del visibile, ma non in quello ultravioletto. Inoltre si ha lo stesso problema di messa a fuoco che si ha scattando su pellicola IR, e non esiste nessun modo semplice per focalizzare correttamente il negativo sul piano di stampa.

Gira la voce che alcuni anni fa Durst annunciò un ingranditore che permettesse di stampare su normale carta ai sali d’argento, su carta AZO e inoltre su Platino e Palladio. Non so se la notizia è vera, ma quello che è certo è che l’ingranditore dedicato alla carta AZO costava 12000 dollari, più 5500 dollari per la sorgente luminosa, rendendo quindi estremamente costosa la soluzione ingranditore UV.

Tutto sommato quindi, visto che ottenere negativi ingranditi non è poi difficile, stampare per contatto permette alla fine dei conti di risparmiare tempo, è una scelta economica e relativamente semplice da mettere in atto e elimina i problemi di aberrazioni e messa a fuoco propri degli obiettivi.

 

Cassa UV accesa
L’interno dell’unità UV con i 7 tubi “luce nera” accesi. L’emissione di ultravioletti di tipo B è contenuta, quindi non sono necessarie precauzioni eccessive come nel caso delle lampade abbronzanti.

Per quanto riguarda la scelta dei materiali, i tipi di luce, etc, su Unblinkingeye c’è un ottimo articolo di Sandy King, Ultraviolet light sources for printing with the alternative processes, quindi non sto a ripetere quello che è stato così approfonditamente e sapientemente descritto.

La scelta della luce può diventare una variabile importante, come testimonia l’articolo appena citato. La sorgente di luce utilizzata infatti, oltre alla rapidità di esecuzione, può influire su contrasto, colore, e in generale tutte le caratteristiche della stampa.

Le possibilità sono infinite: si può passare da una semplice lampada abbronzante (sconsigliata, perché oltre a scaldare eccessivamente emette molti raggi UV di tipo B, nocivi per la pelle e quasi completamente filtrati dal vetro) a un bromografo, una macchina utilizzata in passato dalle case tipografiche per incidere lastre off-set (che ha il vantaggio di fare il vuoto per il contatto fra negativo e stampa, rendendo inutile il pressino o torchietto, le più piccole in genere hanno una superficie utile di 50x70cm, che permette di ottenere agevolmente stampe di grosso formato), fino alla sofisticatissima AmerGraph ULF-28, sogno di tutti gli stampatori per contatto.

Maniglia e interruttore
Maniglia e interruttore della lampada UV.

In generale però non è necessario utilizzare macchine raffinatissime e complesse, per ottenere buone stampe basterebbe utilizzare il sole, se questo non avesse la cattiva abitudine di essere una sorgente di luce incostante, difficilmente quantificabile, e soprattutto non esser disponibile di notte, momento in cui la maggior parte delle persone trovano il tempo per stampare. Nel seguito di questo articolo descrivo quindi brevemente la sorgente di luce che utilizzo correntemente, una soluzione economica e semplice da costruire che permette di ottenere ottime stampe in un tempo ragionevole. Colgo l’occasione per dare qualche consiglio su possibili migliorie per chi volesse costruire la propria sorgente UV per le stampe per contatto.

La sorgente di luce sono dei tubi simili a quelli che si trovano in certe discoteche, che producono quella luce violetta che si riflette sul bianco dei vestiti e mette in risalto la polvere sui vestiti. Il fatto che venga utilizzata come luce continua in locali pubblici dovrebbe rassicurare chiunque per quanto riguarda l’eventuale presenza di UV di tipo B e la nocività delle radiazioni emesse. Anche se per precauzione evito di guardare i tubi accessi, non ho mai riscontrato i problemi di dolori agli occhio o alla testa di cui parlano certi stampatori. I tubi che uso sono i Sylvania Blacklight-blue F18W/BLB-T8 che costano circa 35 euro l’uno, ma penso che qualunque tipo di neon di luce nera possa andar bene.

Visto che stampo al massimo negativi di formato A3+, ovvero 32x48cm, ho calcolato il numero di tubi per coprire questa superficie mettendoli il più vicino possibile fra loro, ovvero 7 tubi di 60cm di lunghezza, che coprono un’area di 38x60cm. In realtà almeno un ulteriore tubo sarebbe stato molto utile, visto che noto una leggera perdita di luminosità sui bordi verticali dell’imagine. Consiglio quindi chiunque voglia stampare negativi di formato A3+ di utilizzare almeno 8 tubi di 60cm di lunghezza, o in ogni caso di coprire almeno un’area di 45x50cm. La superficie esterna della cassa va invece studiata in modo che si adatti correttamente al pressino utilizzato.

I tubi sono stati montati il più vicino possibile fra loro, ovvero ad una distanza fra gli assi di circa 5,5cm, le basi dei supporti impediscono di avvicinarli ulteriormente. Se fosse possibile trovare dei supporti più fini, in modo da avvicinare ulteriormente i tubi fra di loro, sarebbe possibile aumentare il numero di neon a parità di superficie. Questo, anche se aumenta il costo complessivo dell’unità, aumenta anche la quantità di luce diminuendo per conseguenza i tempi di esposizione.

Neon blacklight-blue
I neon utilizzati sono i “Luce nera, tipo blu”.

La distanza dei neon dal piano del pressino o torchietto è piuttosto esigua, ovvero 6,5cm, e per piccole stampe l’ho anche ridotta a soli 4cm. Per quanto riguarda l’uniformità dell’illuminazione in ogni caso non ho mai notato la presenza di bande in corrispondenza dei tubi, quindi una distanza fra tubi di 5,5cm e una di 6,5cm fra questi e il piano dell’immagine, permette di ottenere un’illuminazione uniforme a tutti gli effetti.

Con questa configurazione i tempi di esposizione sono di circa 2-3 minuti per una gomma bicromata, 3-4 minuti per una stampa bruna, 4-5 minuti per un platino/palladio e 10-15 minuti per un cianotipo classico.

Per il resto si tratta di una semplice cassa di legno con i tubi montati all’interno. Le dimensioni esterne sono di 42x68x16cm (50x68x22cm contando le sporgenze). Sulla parte superiore sono montate due maniglie che permettono di spostare comodamente l’unità. Un interruttore, azionabile anche col piede, permette di accendere e spegnere tutti i neon simultaneamente. Una miglioria che devo decidermi ad apportare è sostituire l’interruttore con un timer, perché capita spesso di dimenticare di misurare il tempo di esposizione, mentre con un contapose basta impostare il tempo di esposizione e ci si può dimenticare della stampa fino a che i tubi si spengono automaticamente e l’allarme sonoro ci indica che l’esposizione è ultimata.

Fori di ventilazione
Fori di ventilazione e schermo dell’unità di esposizione agli ultravioletti.

Sul fianco dell’unità sono praticati dei fori che permettono la circolazione dell’aria, evitando un surriscaldamento eccessivo dei neon. Questo è un punto importante visto che la quantità di luce UV emessa diminuisce drasticamente all’aumentare della temperatura. Un piccolo ventilatore incorporato sarebbe più efficace, e lo aggiungerò il giorno che sostituirò l’interruttore con il timer. In ogni caso la cassa diventa veramente calda soltanto durante la lunga esposizione delle stampe cianotipo; per quanto riguarda la gomma bicromata il ventilatore probabilmente non è strettamente necessario. Montare un ventilatore infine permette anche di limitare la fuoriuscita di raggi UV, per esempio montando un manicotto a sifone che faccia uscire l’aria. I buchi infatti sono appena schermati, e per il momento se sto esponendo una stampa devo evitare di passare vicino alla luce con un altro foglio sensibilizzato.

Un grosso problema che ho avuto in passato infine è che i supporti dei neon sono progettati per essere fissati ad un soffitto o una parete e in seguito non esser più toccati. Spostando continuamente la cassa le staffe laterali si sono aperte e in due o tre occasioni sono diventate così molli che hanno fatto cadere un tubo che si è puntualmente rotto sul pressino. Ho risolto completamente questo problema incastrando delle barre di polistirolo che facciano pressione sulle staffe che sostengono i neon.

Polistirolo per stringere le staffe di sostegno
Polistirolo incastrato fra il bordo della cassa UV e le staffe di sostegno per evitare che queste si aprano lasciando cadere i tubi neon.

Anche se la mia cassa di luce UV è perfettamente efficace, l’anno scorso ho avuto l’occasione di lavorare con uno stampatore che ha montato i neon all’interno di un mobile fisso. Sul davanti c’è uno sportello che si richiude perfettamente, quindi basta inserire il pressino nel compartimento sotto le luci. Devo dire che se dovessi costruire un’altra unità UV seguirei probabilmente il suo esempio, visto che un mobile risolve completamente il problema di caduta dei neon, uno sportello permette di contenere completamente la fuoriuscita di radiazioni UV, è facile montare un ventilatore e un timer permanenti e infine non si deve continuamente spostare, prendere e mettere a posto l’unità -cosa che alla lunga diventa fastidiosa- basta aprire uno sportello e inserire il torchietto, tutto è a portata di mano. L’unico svantaggio è che in questo modo è impossibile stampare su un supporto più grande del compartimento stesso. Se per esempio si stampa dei negativi A3+ centrati su un foglio 50x70cm, il pressino misurerà 60x80cm circa, ma è sufficiente che la cassa di illuminazione copra 45x60cm, dimensioni molto più contenute di eventuale mobile fisso che permetta di stampare su carta 50x70cm. Detto ciò, una volta decise accuratamente le dimensioni delle stampe che verranno realizzate, un mobile fisso è sicuramente più comodo di una cassa mobile.

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Montare i diaframmi stenopeici su piastrine di supporto /it/2007/montare-diaframmi-stenopeici-supporto/ /it/2007/montare-diaframmi-stenopeici-supporto/#comments Sun, 16 Dec 2007 15:16:19 +0000 Fabiano Busdraghi /?p=2941 Strumenti necessari
Strumenti necessari per montare un foro stenopeico su una piastra di supporto.

I diaframmi di microscopio elettronico sono degli splendidi fori stenopeici di diametro perfettamente noto e regolare, ma sono piccoli (piastrine circolari di 3 millimetri) e vanno montati su delle piastrine di diametro maggiore per evitare di rovinarli e utilizzarli con più facilità. In questo articolo verranno esposte alcune accortezze che permettono di montarli in modo facile e efficace. I fori non sono venduti già montati perché le esigenze di ognuno possono essere molto diverse le une dall’altre.

Il materiale necessario è quasi tutto di uso corrente: una lattina di alluminio, dello scotch nero da elettricista e uno strumento per praticare fori da 2mm. Se avete in casa un trapano a colonna e una punta da 2mm avete tutti il necessario, ma purtroppo non tutti hanno una piccola officina sotto mano. Nel mio caso mi sono procurato un punzone da 2mm, che si compra per 1 euro e 50 centesimi in una qualunque ferramenta. Considerando che un martello in genere è presente in ogni casa, così come un pezzo di cartone compatto che faccia da tappetino, la spesa per avere tutto il necessario è più che contenuta.

Per iniziare si ritaglia dalla lattina una lastrina di alluminio delle dimensioni volute, da un centimetro quadrato in su. Si taglia un paio di centimetri quadrati di nastro adesivo o lo si posa al centro della piastrina di alluminio. Non è necessario che sia veramente incollato, tanto andrà staccato alla tappa successiva. Si appoggia il tutto sul tappetino di cartone con lo scotch verso l’alto, si pone al centro il punzone e con un colpo di martello si pratica il foro contemporaneamente nel nastro adesivo e nell’alluminio.

A questo punto si può staccare il nastro adesivo e metterlo a portata di mano, per esempio attaccato al bordo del tavolo. Se si è usato il punzone la piastrina di alluminio sarà avvallata dalla parte dove ha ricevuto il colpo e presenterà un piccolo cono dalla parte opposta. Va quindi girata e appiattita con un paio di colpi di martello. Può esser necessario rigirare la piastrina e dare dei piccoli colpi di martello da entrambi i lati. Se sono presenti delle bave si può passare qualche colpo di carta vetrata, ma in generale è facile praticare dei fori puliti e senza sfrangiature. Se la lastrina è di dimensioni considerevoli e non verrà ricoperta interamente con lo scotch, per esempio se costituirà una parete intera della scatola stenopeica, è venuto il momento di dipingerla di nero. Una pittura spray nero opaco è poco onerosa e asciuga in pochi minuti.

A questo punto viene la parte in cui è necessario lavorare con un minimo di precisione. L’idea è di posare il diaframma di microscopio elettronico sul piano di lavoro. Prendere lo scotch forato e portarlo in contatto con il diaframma, mirando attraverso il foro nel nastro adesivo per fare in modo che il foro del diaframma si trovi esattamente al centro del foro nel nastro adesivo. Grazie alla colla dello scotch il diaframma resterà incollato in posizione. In seguito si poggia il nastro adesivo sul piano, con il lato con la colla e il diaframma rivolto verso l’alto, si prende la piastrina di alluminio e la si porta in contatto con il nastro adesivo, mirando attraverso il foro al centro della piastrina per collimare i fori. In questo modo il diaframma di microscopio è libero al centro e si troverà in un sandwich di nastro adesivo e alluminio lungo un millimetro sul suo bordo.

Personalmente trovo che il piano di lavoro sia un po’ scomodo perché non c’è spazio per le dita, allora posiziono il diaframma di microscopio su un cilindretto di un centimetro di diametro e qualche centimetro di lunghezza. Nel mio caso uso una confezione di burro cacao, ma solo perché è il primo oggetto che mi è capitato sotto mano con quella forma. In questo modo si possono posare i polsi sul piano di lavoro, la punta delle dita può arrivare vicino al diaframma del microscopio, ed è molto facile collimare i due fori guardando attraverso il buco nello scotch prima e nell’alluminio dopo.

Tutto qui, basta controllare che il nastro adesivo sia ben incollato e la piastrina è montata perfettamente al centro. Il tutto è molto più lungo a spiegare che a fare. Per il momento ho montato una decina di diaframmi e non ho mai sbagliato una sola volta, quindi la procedura descritta non dovrebbe presentare particolari difficoltà.

A questo punto se si desidera è possibile verniciare l’interno del diaframma con un pennarello nero, ma consiglio di farlo solo se ne ha veramente l’esigenza, visto che si rischia di danneggiare il foro. I problemi di riflessi possono insorgere soprattutto con molto sole o fotografando in controluce, per la maggior parte delle immagini e con tempo nuvoloso non è assolutamente necessario dipingere il foro.

Le dimensioni della lastrina di supporto dipendono dallo spessore del materiale con cui è costruito il resto della scatola. Più questo è spesso più è preferibile utilizzare una piastra di supporto grande, in modo da allontanare degli spessori che possono proiettare ombre limitando la dimensione effettiva dell’immagine registrata sul supporto sensibile. Al limite tutta una parete della scatola può essere costruita dall’alluminio di una lattina. Se si utilizza una scatola di latta invece in generale il metallo è abbastanza fine da permettere di praticare il foro da 2mm direttamente nel coperchio della scatola.

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I diaframmi di microscopio elettronico sono il foro stenopeico perfetto /it/2007/diaframmi-microscopio-elettronico-stenopeico/ /it/2007/diaframmi-microscopio-elettronico-stenopeico/#comments Thu, 29 Nov 2007 22:59:27 +0000 Fabiano Busdraghi /2007/strumenti/diaframmi-di-microscopio-elettronico-come-buco-stenopeico/ Foro stenopeicho diaframma microscopio elettronico
Il diaframma di un microscopio elettronico è un foro stenopeico perfettamente circolare dal diametro noto con massima precisione. Foto al microscopio di un buco da 0,8mm.

I fori stenopeici in assoluto di miglior qualità che sono riuscito a trovare sono i diaframmi dei microscopi elettronici.

I fori sono perfettamente circolari, come è possibile notare dalle foto al microscopio nella galleria allegata. I fori sono ancora più puliti di quelli ottenuti con un laser. Questo perché, a meno di non essere una delle rare persone ad avere accesso ad un laser ad impulsi rapidi, nel momento in cui questo scava il foro nella lastra di metallo si formano delle specie di micro esplosioni locali dovute alla diffusione termica. Il risultato pratico è che il buco è parzialmente sfrangiato. Nel caso dei diaframmi di microscopio elettronico il buco invece è perfettamente circolare e pulito.

Prova buco stenopeico 0.3mm
Prova del foro stenopeico da 0.3mm, focale scatola 60mm, dimensione immagine 12cm x 15cm.

L’immagine è più netta di tutte quelle scattate con fori di questo diametro ottenuti per perforamento.

I buchi hanno un diametro perfettamente noto. Ho acquistato 150µm, 300µm, 400µm, 600µm e 800µm. Non è quindi necessario perder tempo per misurare il buco col noto metodo della diapositiva, con tutta l’incertitudine che ne deriva. In questo modo si possono costruire apparecchi stenopeici a multibuco, essendo sicuri che l’esposizione sarà esattamente la stessa per ogni foro, cosa che mi ha causato non pochi problemi in passato quando fabbricavo tutti i buchi a mano. I diametri scelti permettono di costruire scatole stenopeiche di focale compresa fra i 15mm (f/100) e i 45cm (f/556) secondo le tavole classiche dei diametri ottimali dei fori stenopeici. Per le focali superiori, quindi diametri superiori a 0.8mm, è facile ottenere buchi rotondi e puliti come quelli dei diaframmi dei microscopi elettronici usando una semplice perforatrice di precisione.

Dettaglio prova foro stenopeico
Dettaglio della prova di cui sopra. L’area non supera un paio di centimetri per lato. Il rumore è dovuto allo scanner, purtroppo posseggo solo un vecchissimo scanner piano che non permette di ottenere ingrandimenti decenti.

Lo spessore della piastrina è molto esiguo, limitando le riflessioni tunnel all’interno di un buco in una lastra spessa. Nonostante questo vale può esser necessario annerire l’interno del buco. Un suggerimento, che non ho provato, è quello di usare un bagno di viraggio al selenio. Altrimenti, si può semplicemente delicatamente passare sul buco un pennarello nero indelebile dalla punta fine, del tipo che si usa per scrivere sui cd. Questo è il metodo che uso e i risultati sono più che soddisfacenti. In ogni caso di tutti i buchi che ho usato questi sono probabilmente quelli meno affetti dalle riflessioni. Prima di annerire il foro, con il rischio di rovinarlo, è preferibile fare qualche immagine di prova. Se non si ha l’esigenza concreta di eliminare eventuali riflessi, il diaframma di microscopio può essere utilizzato tale e quale.

Il buco del diaframma del microscopio è praticato al centro di una piastrina circolare di rame di 3mm di diametro. Il metodo più semplice per utilizzarlo è montarle su una lastrina di supporto. Attenzione che si tratta di materiale fragile e di precisione, che va trattato con cura. Una volta montato su una lastra di supporto più spessa diventa comunque pratico e resistente.

Ho dovuto acquistare molti fori, quindi ne rivendo alcuni. Prezzo 10 euro a buco, più 1 euro di spedizione posta ordinaria in Italia. Possibilità di sconto per l’acquisto di molti buchi, il prezzo di spedizione rimane fisso a un euro anche se si acquista più di un foro.

Fori stenopeici da diaframma di microscopio

Nella seguente galleria è possibile vedere le foto scattate al microscopio dei fori stenopeici di cui tratta questo articolo, ovvero ottenuti utilizzando dei diaframmi di microscopio elettronico.

Si noti come i fori siano perfettamente circolari e i bordi di questi perfettamente puliti, senza bave o sfrangiature di sorta.

Si ringrazia Adrien Arles per aver realizzato le foto al microscopio dei fori stenopeici.

Fori stenopeici praticati con un laser

Nella galleria qui di seguito sono riprodotte le fotografie fatte con un microscopio di fori stenopeici ottenuti per perforamento laser.

Solo un confronto indicativo con i diaframmi di microscopio è possibile, visto che sarebbe necessario fotografare una mira utilizzando esattamente stessa focale e stesso diametro del foro per entrambi i sistemi. Nonostante questo salta subito all’occhio che i buchi praticati con il laser sono meno rotondi e uniformi dei diaframmi di microscopio elettronico, e soprattutto che i bordi dei buchi sono sfrangiati, cosa che potenzialmente può causare problemi di diffrazione.

Si ringrazia Ruscello Claudio per aver realizzato i buchi al laser e le immagini qui allegate.

Conclusioni

I diaframi di microscopio elettronico descritti in questo articolo sembrano essere quanto più preciso sia possibile ottenire in materia di fori stenopeici. Rispetto ai rinomati fori al laser sono più rotondi, precisi e non presentano nessun bordo irregolare, sfrangiature e bave dovute al perforamento, che possono causare fenomeni di rifrazione abbassando la qualità dell’immagine fotografica. I buchi hanno inoltre un diametro perfettamente noto e costante, cosa che semplifica la realizzazione di apparecchi multiforo.

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Torchietto o pressino per stampe a contatto /it/2007/torchietto-pressino/ /it/2007/torchietto-pressino/#comments Mon, 20 Aug 2007 07:27:16 +0000 Fabiano Busdraghi /?p=3178 Torchietto o pressino
L’innovativo sistema di pressione utilizza 6 manopole regolabili indipendentemente e finemente invece delle classiche molle. Si notino le aperture a scatto che velocizzano l’ispezione della stampa e l’anellino di apertura dei pannelli del fondo.

Il pressino o torchietto (chassis presse in francese o printing frame in inglese) è uno strumento essenziale per ogni stampatore di tecniche antiche. Quasi tutte infatti sono tecniche di stampa per contatto ed è quindi necessaria un’adesione perfetta fra il negativo e il supporto della stampa, pena la perdita dei dettagli più fini e adirittura la presenza di zone spiacevolmente flou. Inoltre è necessario poter ispezionare la stampa per determinarne la corretta esposizione senza perdere il registro fra negativo e stampa.

Queste due caratteristiche fondamentali dei torchietti sono facilmente ottenibili sui piccoli formati, mentre il tradizionale sistema di pressione a molle metalliche diventa via via meno efficiente al di là del 20x30cm, rendendo necessari dei costosi e spesso molto rumorosi sistemi di pompe a vuoto.

Utilizzando un innovativo sistema di pressione i pressini che uso risolvono il problema del contatto per formati ben superiori. Questo modello di torchietto inoltre è costruito con una speciale attenzione alla versatilità (è infatti possibile stampare su supporti dallo spessore anche molto diverso fra loro), alla facilità di utilizzo e alla velocità di apertura. Inoltre coniuga queste caratteristiche con tante piccole accortezze frutto di anni di esperienza di stampa, prove e prototipi di torchietti, che ne fanno uno strumento versatile e completo.

I pressini che utilizzo sono interamente costruiti a mano in modo artigianale. Oltre all’aspetto estetico, la versatilità e la cura dei dettagli, in ogni caso la massima attenzione è messa nel garantire una pressione ottimale, ottenuta grazie alla perfettà planeità del fondo, la scelta di materiali di prim’ordine, l’innovativo sistema a manopole, etc.

Il tutto ne fa uno strumento di precisione indispensabile per ogni stampatore per contatto che desidera sfruttare al massimo i propri negativi di grande formato.

Specifiche del pressino

Ingombro totale: 46x62x9.5cm (con meccanismo di pressione alla massima estensione, la minima è di 6.5cm)

Peso: 5500 grammi

Dimensioni cornice: 44x62cm

Dimensione massima immagine: 38.5x56cm

Massimo formato carta: 40.5x58cm

Spessore vetro: 3mm (aumentabile a 5-6mm)

Le dimensioni sono scelte in modo da stampare agevolmente negativi di formato A3+, i più grandi generalmente utilizzati dall’avvento dei negativi digitali. La scelta del formato del supporto di stampa di 38x56cm permette di utilizzare senza scarto la metà di un foglio 56x76cm, uno dei formati più utilizzati dai costruttori di carta per le belle arti. Sul 38x56cm si ottiene quindi un’immagine di formato A3+ con un bordo di circa 4cm. Naturalmente il pressino può essere usato per stampare senza scarto sul quarto di foglio 70x100cm, un’altro formato standard dei costruttori di carta; oppure stampare un negativo più piccolo dell’A3+ su un foglio più grande, in modo da avere dei bordi decisamente più ampi.

Aumentare le dimensioni scelte, anche se possibile, rende necessarie pressioni decisamente più forti, sopportate solo da lastre di spessore superiore, che rendono più lunga l’espozione. Aumenta inoltre il rischio di ottenere zone flou e irregolarità senza utilizzare le pompe a vuoto. L’uso di formati superiori, per esempio 50x70cm, in modo da usare il mezzo foglio 70x100cm, va quindi valutato con cura.

Materiali di costruzione del torchietto

La struttura della cornice e i traversini a cui sono applicate le manopole di pressione sono realizzati in tulipier, un legno duro e dalla fibra compatta, che garantisce una perfetta stabilità dimensionale e il mantenimento della squadra del telaio, anche dopo molti mesi di uso a forti pressioni.

Printing frame
La struttura del pressino è realizzata in tulipier, il fondo -rivestito di feltro nero- in compensato marino di pino multistrato. Le manopole di pressione, le chiusure e le cerniere sono in acciaio.

Il fondo è realizzato in compensato marino di pino. Il multistrato, incrociando i vari strati di legno in direzioni diverse, garantisce la planeità del fondo nel tempo, caratteristica essenziale di un pressino perché possa comprimere la carta in maniera uniforme in ogni punto. Inoltre il compensato marino, oltre ad essere resistente all’umidità, è di migliore qualità del multistrato comune.

Fondo, telaio e traverse sono verniciate con diverse mani di impregnante e finitura, in modo da garantire la conservazione del pressino e mantenere la tinta naturale del legno.

La parte interna del fondo è ricoperta di feltro nero opaco, in modo da compensare le irregolarità della carta e del legno.

Le cerniere, le chiusure rapide e le manopole di pressione sono realizzate in acciaio.

Sistema di pressione del pressino

Storicamente la pressione che unisce carta e negativi nei torchietti per stampe da contatto è assicurata da due o più molle che comprimono il fondo contro il telaio. Questo sistema soffre di alcuni svantaggi:

  • Sebbene le molle offrano una certa elasticità non è possibile variare significativamente lo spessore del supporto della stampa. Non è possibile per esempio utilizzare lo stesso pressino per stampare su carta o su una lastra di legno o di vetro.
  • Tutti i materiali col tempo perdono elasticità, anche l’acciaio con cui sono costruite le molle lentamente si adatta e prende la forma di queste ultime sotto pressione, il torchietto diventa sempre meno efficiente con il passare dei mesi. Per ovviare a questo problema la maggior parte degli stampatori spessorano il pressino aggiungendo fra fondo e stampa strati di vari materiali come feltro, neoprene o persino cartone, cosa che rende difficile o addirittura impossibile l’ispezione dal retro della stampe in fase di esposizione.
  • Nei torchietti di grosse dimensioni è necessario un gran numero di molle, in modo da distribuire uniformemente i punti di pressione sul fondo. Questo rende lungo e macchinoso il procedimento di apertura del fondo e posizionamento della stampa.

Per ovviare a tutti questi inconvenienti è stato messo a punto un sistema innovativo di pressione che permette di ottenere pressioni più forti, durature nel tempo, regolabili finemente e indipendentemente le une dalle altre e infine adattabili allo spessore del supporto. Il tutto coniugato alla facilità di utilizzo e alla rapidità di apertura e ispezione della stampa.

Ognuno dei tre pannelli del fondo è tenuto compresso da una traversa cui sono applicate due manopole di pressione, per un totale di sei punti di pressione sul fondo del torchietto.

La pressione di ogni manopola può essere regolata indipendentemente e finemente ruotando un registro di messa a punto. Un sistema di blocco permette di mantenere il livello di pressione scelto, senza dover registrare la pressione fra una stampa e l’altra. Il sistema deve essere ricalibrato solo quando lo spessore del supporto di stampa varia sensibilmente. Inoltre è possibile stampare direttamente sul supporto stesso rimuovendo il fondo, come succede se si stampa su materiali spessi come ad esempio tavole di legno.

Le coppie di manopole di pressione sono montate sulle traverse, incernierate su un lato del telaio e bloccate da una chiusura rapida a scatto sull’altro lato. Questo significa che, una volta regolata la pressione, il torchietto si apre e chiude molto velocemente agendo unicamente sulle tre aperture a scatto che bloccano le traverse.

Fra la manopola e il dorso del fondo è presente un gommino che compensa le irregolarità di pressione, in maniera simile alle molle di concezione classica, il grosso vantaggio del sistema è la grande versatilità che permette di adattare la pressione alle più svariate esigenze.

Il sistema è progettato in modo da concentrare la pressione al centro dell’immagine, lasciando gli eventuali problemi sui bordi, dove in generale si lascia un bordo bianco di carta e dove quindi non pregiudicano la stampa (Utilizzando un negativo di formato A3+ il bordo libero dall’immagine è di qualche centimetro).

Infine, per lunghi periodi di inattività, le manopole possono essere facilmente scaricate, in modo da mantenere una pressione minima che tiene chiuso lo chassis presse, senza sottoporre la struttura ad una dannosa pressione intensa e prolungata.

Altre caratteristiche del torchietto

Il colore dello strato di feltro incollato sul fondo è nero opaco, in modo da minimizzare la riflessione della luce sul fondo. Infatti, nel caso si stampi su materiale trasparente come vetro o pellicole, la luce che passa attraverso le parti chiare del negativo, attraversa anche il supporto trasparente e viene diffusa dal fondo del pressino se questo non è opaco, rendendo poco nitide le stampe. Questo pressino invece, grazie al fondo nero, può essere usato anche per duplicare negativi per contatto.

Cassis presse
Apertura simultanea di un pannello laterale e del pannello centrale. Si noti l’incasso a T nelle giunture del fondo che impedisce le infiltrazioni di luce dal retro.

Il fondo è diviso in tre pannelli, ed è interamente rimovibile per il posizionamento della stampa. Per il controllo dell’esposizione invece si può aprire indipendentemente uno dei due pannelli laterali, entrambi in contemporanea, oppure un pannello laterale assieme a quello centrale. Questo sistema permette l’ispezione contemporanea dei due terzi dell’immagine e l’accesso, tramite chiusura e riapertura, all’immagine intera, permettendo il controllo dell’esposizione in ogni punto di questa. I due pannelli laterali sono dotati di un apposito anellino che ne facilita la presa e l’apertura.

Le giunture dei pannelli del fondo sono fresate a T in modo da rendere il fondo impenetrabile alla luce. Questa è una caratteristica essenziale altrimenti si ottengono delle righe esposte sulla stampa in corrispondenza delle linee di giunzione dei tre pannelli, dovute a infiltrazioni di luce dal retro.

I bordi interni della cornice sono sguanciati in modo da eliminare le ombre della cornice stessa sull’area dell’immagine, problema che affligge in maniera particolare i pressini utilizzati con una sorgente di luce puntiforme. Questo permette di utilizzare completamente l’area destinata all’immagine e di evitare le caratteristiche irregolarità di esposizione vicino al bordo.

Il vetro è completamente rimovibile in modo da facilitarne la pulizia o il lavaggio completo e la sostituzione in caso di rottura. La lastra non è mai a contatto del legno, ma tocca sul feltro del fondo e su di una fascia di neoprene interposta fra il vetro e la cornice del telaio. In questo modo si evita che la pressione venga concentrata sulle imperfezioni del legno o su piccoli granelli di sporcizia che possono interporsi fra telaio e vetro, una delle principali cause di rottura dei negativi su vetro.

Varianti del pressino

Nel caso si stampi su di una carta eccezionalmente sottile e che tende a incresparsi in maniera particolarmente evidente può esser necessario aumentare la pressione oltre il livello normalmente necessario. Il vetro può venir quindi sostituito con uno di spessore maggiore in modo che non si rompa anche con le manopole di pressione regolate in modo da spingere il fondo con forza ben superiore a quella usuale. Un vetro molto spesso però allunga notevolmente i tempi di esposizione, motivo per il quale il torchietto monta di serie un vetro dello spessore di 3mm, che sopporta pressioni sufficienti a mantenere piani la stragrande maggioranza dei supporti utilizzati per la stampa.

Per particolari esigenze è possibile richiedere torchietti personalizzati, per esempio che permettono di stampare su materiali di spessore superiore ai due centimetri. Anche l’area di stampa è variabile. Può essere ordinato un pressino speciale che accetti fino al formato 50x70cm, oppure se si desidera stampare dei negativi su rullo è possibile per esempio richiedere la costruzione di un pressino 40x120cm dotato di un fondo a 6 pannelli e 12 punti di pressione.

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