Come nel 2009 e nel 2008, ho ancora una volta partecipato al pinholeswap, uno scambio di fotografie stenopeiche organizzato ogni anno durante il periodo natalizio.
Personalmente ho inviato una foto zone plate scattata alla Defense e stampata a getto d’inchiostro su carta Arche Acquarelle. Come descritto nell’articolo Vernici per stampe a getto di inchiostro su carta artistica è possibile recuperare contrasto e dmax di una stampa su carta acquarello “verniciando” la stampa con una qualche resina che restituisca brillanza ai colori e soprattutto al nero. A differenza delle resine descritte nell’articolo appena citato, quest’anno ho voluto provare l’albume o più banalmente il bianco d’uovo. È una vita che non stampo all’albumina, ma ho cercato di recuperare un po’ di ricordi cui ho aggiunto un pizzico di inventiva, visto che in questo caso l’albume è utilizzato come vernice e non come supporto.
Ecco la procedura per ricoprire le stampe all’albume. Per cominciare ho sbattuto un paio di albumi con un goccio di aceto, perché -come quando si fa la maionese- l’acidità rompe i legami polimerici dell’albumina che si “srotola” quindi più facilmente e permette di ottenere una mescola più fine e uniforme. Come al solito sbattendo le uova viene fuori un sacco di schiuma. Nella stampa al carbone l’aggiunta di alcool elimina le bollicine della gelatina, perché l’alcool modifica la tensione superficiale della soluzione, ma con l’albume non funziona per niente. Ho steso allora l’albume acido-alcoolico con un pennello, l’ho fatto un po’ asciugare, accelerando la cosa con un asciugacapelli. Non appena lo strato di resina quasi completamente secco, ho iniziato a lucidarlo a mano, semplicemente inumidendo i polpastrelli con un po’ d’acqua e lisciando la resina con le dita. Questo ha permesso di eliminare tutte le tracce di bolle appena menzionate, un bel vantaggio. Dopo qualche ora, una volta le stampe ben secche, le ho passate al forno in modo da indurire l’albume e fissarlo definitivamente. Il risultato non è male, ed è sicuramente una tecnica che vale la pena esplorare. Rispetto all’acrilico e al poliuretano si usano solo ingredienti naturali e molto economici; il fatto che l’albume sia solubile in acqua e che sia quindi possibile lucidare la resina è poi decisamente interessante.
Quest’anno, causa impegni vari, ho deciso di fare un’edizione di sole 9 stampe. Per non far torto a nessuno, visto anche che partecipano al pinholeswap molti amici e conoscendo, ho deciso di optare per la comoda funzione del sito che estrae automaticamente un certo numero di indirizzi dalla lista dei partecipanti. Mi scuso quindi con tutte le persone che mi hanno mandato una foto senza ricevere niente in cambio, ma i destinatari delle mie stampe all’albume quest’anno sono stati scelti unicamente dal fato.
Per quanto riguarda le fotografie stenopeiche ricevute, devo dire che il livello generale è decisamente cresciuto rispetto agli anni scorsi. in passato infatti avevo ricevuto qualche ottimo scatto, ma anche una montagna di fotografie di nanetti, alberi di natale e simili di nessunissimo interesse fotografico. Senza contare poi le classiche foto (purtroppo estremamente diffuse fra i principianti) di ciò che si vede guardando fuori dalla finestra della propria casa, foto che certo sono stenopeiche, ma non hanno assolutamente niente di più da raccontare. Quest’anno invece la maggior parte delle immagini sono portatrici di senso, vanno al di là della semplice tecnica stenopeica, sono belle e interessanti in quanto immagini, al di là di come sono state eseguite. Ho notato anche una cura in generale maggiore della qualità di stampa, anche se devo ammettere che qualcuno (si dice il peccato ma non il peccatore…) mi ha spedito una stampa con delle orride righe orizzontali dovute all’occlusione delle testine della stampante, roba che quando mi capita la stampa finisce direttamente nel cestino e non merita nemmeno il prezzo del francobollo per spedirla. Per fortuna si tratta di un caso isolato. In ogni caso, oltre alla stampa in sé, quest’anno anche la presentazione generale delle stampe mi è sembrata più curata rispetto agli anni precedenti, con delle belle carte e cartoncini a far da sfondo alle immagini, una scelta oculata dei materiali e anche delle buste.
In assoluto la mia fotografia preferita di quest’anno è una foto di un castello spagnolo scattata da Raimundo Civera. Bella l’immagine, dal formato panoramico molto allungato. Bella l’atmosfera sognante, quello che sembra un mare o uno specchio d’acqua liscio e uniforme, da cui emerge un’architettura dal sapore vagamente metafisico e misterioso. Bella poi la stampa, un cianotipo virato, direi con qualcosa che assomiglia ai miei viraggi neri, e bella l’idea di tagliare i bordi della foto come si faceva una volta, mi sembra quasi di tenere in mano certe fotine dei tempi del mio nonno. Insomma, ottima immagine in quanto tale e ottima stampa in quanto oggetto, grazie mille Raimundo!
Altre fotografie che meritano una menzione sono quella di Thomas Miller, se non altro perché l’esposizione dura sei mesi come si può vedere dalle tracce del sole nel cielo (e pure nel lago: bellissimo!), la fotografia anamorfica di Samuele Piccoli (con una tiratella di orecchie per la stampa, niente di indimenticabile), l’allegra confusione di Delio Ansovini, le macchine abbandonate di Jan kapoor e ugualmente le immagini di Daniele Pennati, Danilo Pedruzzi, Richard Holmes e Wolfram Shurman.
Ecco come ogni una galleria delle migliori fotografie del pinholeswap 2010 (© di ogni fotografo citato).
vado subito a comperarmi le uova e l’aceto… ma tu usi aceto balsamico vero?
eheheh, immaginavo che la cosa ti sarebbe interessata.
Fai un giro su Internet, ci sono un sacco di siti che spiegano bene come preparare l’albume, evitare le bolle, indurirlo, etc etc. Per esempio:
http://albumen.conservation-us.org/
http://www.alternativephotography.com/process_albumen_paper.html
Io ho fatto le cose al volo, ma con un po’ di attenzione si possono ottenere risultati sicuramente eccelsi. Fra l’altro la tecnica è molto più semplice dell’albumina vera e propria perché non si deve sensibilizzare niente, solo mettere uno strato uniforme di albume.
Buon divertimento e buone frittate con il rosso dell’uovo che ti rimane…
peccato di non essere stato estratto tra i destinatari!
sono molto curioso di vedere dal vivo la stampa che descrivi…
ma usare prodotti organici come l’albume non porta a rischi eccessivi di deperimento col tempo?
non è che dopo poco tende ad ingiallire e/o staccarsi?
ciao
daniele
Ciao Daniele,
se in futuro mi ripiglia di fare qualche stampa ricoperta di albume te ne mando una, promesso.
Per quanto riguarda la conservazione non ci dovrebbero esser problemi, le stampe all’albumina sono ancora in perfetto stato dopo più di cent’anni, spesso fra l’altro non conservate in modo ottimale. Fra l’altro a naso direi che il punto debole delle albumine vintage era più l’immagine ai sali d’argento che l’albume in sé. Devo ammettere che qualche anno fa, quando stampavo le vere albumine, una volta mi son andate a male un paio di foto, con un bell’odore di uova marce… ma la ragione è che non avevo indurito l’albumina. Questo si può fare in molti modi: con formaldeide, con l’allume, lasciando le stampe in luogo secco per qualche mese, o con il calore (la famosa frittata!) che è il metodo che ho seguito.
In ogni caso seguendo il primo link nel mio commento precedente trovi i dettagli sulle procedure e anche molte discussioni sulla conservazione delle albumine.
Ciao, sono molto incuriosito da questa tecnica, e mi sono deciso a provarla. Vorrei sapere in che modo hai “cotto” la foto nel forno, temperatura, ventola o grill, e magari qualche altro suggerimento. Ho anche guardato i due link che hai messo ma non ci ho capito quasi nulla. Grazie anticipatamente per la disponibilita ciao Gabriele.
Ciao Gabriele,
come dicevo nell’articolo per queste foto non ho fatto molta attenzione, le ho solo infilate in forno per qualche minuto a temperatura, se non ricordo male, 4 o 5 (che forse cambia pure a seconda dei forni).
Devo comunque dire che nelle tecniche antiche di stampa (o nelle loro derivazioni come questa) è difficile tracciare regole assolute. L’albume secco probabilmente non marcisce e non da nessun problema, le ho passate un attimo al forno per sicurezza. L’indurimento è veramente necessario quando si deve bagnare la stampa, o quando si vogliono fare più strati di albume. In questo caso se non lo indurisci prima di applicare ogni nuovo strato, l’albume degli strati precedenti viene via dalla carta e combini solo un pasticcio.
In ogni caso basta fare qualche prova. Puoi usare forno, microonde, ferro da stiro, vaporella… ogni sorgenti di calore è buona. La temperatura deve esser abbastanza alta da cuocere le uova ma non troppo da bruciare la carta, tutto qui. Se non ti va di usare il calore e vuoi qualche cosa di più quantificabile puoi utilizzare formaldeide o allume come descritto nei link che ho dato. A proposito: è normale all’inizio avere qualche difficoltà, ma per le tecniche alternative è necessario piano piano digerire tutta la bibliografia disponibile. Senza il sapere accumulato durante decenni si passa la vita a far prove e test, invece che a stampare.
Ciao ciao e buone frittate!
Hah!
Non sapevo di essere stato scelto, grazie. A proposito del nome, il solo Danilo che conosco mi sta a fianco e penso che possiamo sopravvivere l’associazione. grazie ancora, Delio
Ciao Delio, grazie del commento e della precisione, ho subito corretto il nome. E naturalmente grazie per la tua foto stenopeica…
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