Intervista a Massimo Attardi
MA: Sul fatto della irripetibilità dell’opera… non saprei cosa dirti. Io faccio l’artista, e fare una serie di 3 o 5 lavori uguali o molto simili non mi disturba, fa parte del lavoro. Poi se vogliamo, la serialità nell’arte contemporanea è una cosa normale, vedi Andy Warhol, no?
Però dipende sempre dal perché uno fa le cose. Se lo si fa come svago rilassante, allora va bene fare una copia sola, mostrarla agli amici, scambiarsi informazioni, passare ore in camera oscura per sperimentare, ecc. Anzi, devo dire che proprio grazie alle persone che hanno dedicato tempo ed energie alla riscoperta delle tecniche antiche, io ho potuto trovare la strada che mi ha permesso di fare questo lavoro, quindi… tanto di cappello.
Però… però al di là di questo, mi sembra che in generale (tra chi usa le tecniche antiche) ci sia più la ricerca della sfumatura più bella, del nero più profondo, della tecnica più elaborata, perdendo di vista la cosa principale! La Foto! Qualche volta mi è capitato di andare su qualche sito che trattava di tecniche antiche, ma quello che vedevo era per la maggior parte, foto decisamente banali, se non brutte! Magari stampate magnificamente, certo, però… Mi sembra un po’ il discorso del dito e della luna.
Per me (e ovviamente è solo una mia opinione), ci dovrebbe essere una misura nel dividere il tempo, tra il fare le foto e stamparle.
A volte una bella foto, stampata così così mantiene intatto il proprio impatto emotivo. Una brutta foto stampata benissimo non interesserà mai a nessuno.
Nella fotografia ad alti livelli, esiste la figura dello stampatore, che per propria indole e carattere, affina un’abilità e sensibilità nell’usare i chimici, la luce, i tempi, ed è gratificato da questo, mentre il fotografo fotografa, ed è gratificato da questo, e molto meno dallo dover stampare. La collaborazione tra le due figure spesso e indispensabile per ottenere da degli splendidi scatti, delle splendide stampe.
Penso che i fotografi che si avvicinano alle tecniche antiche (a parte chi lo fa per hobby), dovrebbero decidere se è meglio passare notti e notti insonni a cercare la stampa migliore, piuttosto che a fare foto.
Io personalmente sono arrivato alla gomma bicromata perché cercavo qualcosa… non avendo bene in mente cosa. Più che altro cercavo una maniera personale per creare immagini attraverso una tecnica che mi lasciasse libertà. E all’inizio non era proprio così anzi.
La gomma bicromata, usata come si usava nell’ottocento, è abbastanza noiosa, i risultati alla fine, per quanto belli, sono sempre gli stessi. Io ho iniziato ad usarla nel 1990 e dopo un anno di prove stampando su tutto: metallo, pietra, plexiglas, vetro (tra l’altro ottenendo dei risultati a volte bellissimi), sono riuscito, utilizzando come supporto il legno, a trovare un modo duttile per stampare, che mi ha permesso di non essere più legato ad un utilizzo classico della gomma bicromata.
Ho fatto lavori anche di quasi 5 (cinque) metri, posso fare un numero di passaggi praticamente infinito (a volte per una immagine ne ho fatti più di venti), senza che il supporto si deteriori.
FB: Quello che dici è purtroppo vero, molti stampatori di tecniche antiche o grandi praticanti della camera oscura tradizionale, compresi alcuni nomi illustri, credo si nascondano dietro allo spettro della tecnica, nascondendo a se stessi il vuoto espressivo delle loro immagini. Quello che mi ha colpito la prima volta che ho visto le tue immagini è stato proprio l’uso moderno, poco tradizionale della gomma bicromata, i colori forti e intensi.
Anche il supporto che usi è abbastanza particolare. Oltre alla rigidità che, come hai accennato, ti permette di registrare i diversi strati senza che il supporto si deteriori, la scelta del legno come supporto di stampa, è dovuta più ad un’esigenza espressiva o concettuale? Una ricerca di metericità, la gomma sul legno che richiama il contatto e la consistenza della la pelle, la sensazione del corpo delle tue modelle; o invece è una scelta teorica, il legno come materiale vivo, fisico, o perlomeno con un passato animato, proprio come le immagini, prima dello scatto persone viventi in carne ed ossa, ora sottratte al flusso della vita, come il legno che era albero?
To read the rest of this article go to page: 1 2 3 4 5
For multi-page articles the pdf file automatically include the whole post
Camera Obscura » La prima candelina
said, June 7, 2008 @ 12:32 PM :
[...] Intervista a Massimo Attardi 1,623 visite [...]
Camera Obscura » Le nuove gomme bicromate su legno di Massimo Attardi
said, June 9, 2008 @ 10:20 AM :
[...] abbiamo detto nell’ultimo post, l’intervista a Massimo Attardi è in assoluto l’articolo più cliccato di Camera Obscura. I lettori saranno quindi felici di [...]