Fotografia e verità 2: uno, nessuno e centomila
La fotografia viene utilizzata per testimoniare e documentare. Per determinare chi è arrivato primo ad una corsa di cavalli, immortalare la scena di un delitto prima che le prove vengano contaminate, raccontare la vita in luoghi lontani e inaccessibili. Documentare le guerre che da sempre mietono inutili vittime senza fine, l’incontro fra due leader politici, un evento sportivo.
Infine poi c’è chi fa fotografia per il piacere di farlo, gli appassionati, i fotoamatori, i grandi nomi del mestiere, hanno tutti iniziato probabilmente per la stessa ragione. Il piacere di produrre il bello, l’estasi intellettuale della fotografia concettuale, la comunicazione con gli altri, il mettersi in mostra.
Naturalmente tutti questi scopi di fare fotografia non sono ben divisi fra di loro, ma confusi e sovrapposti. Una foto può allo stesso tempo esser scattata con intenti multipli e diversi. Può avere lo stile di un’altra categoria, condividerne stilemi espressivi ma non la destinazione. Esistono poi infinite sottocategorie e precisazioni, che si riuniscono fra loro, tanto che è praticamente impossibile dare una struttura tassonomica coerente del mondo fotografico, più che una piramide ben definita è una matassa di fili intricati fra di loro.
Al di la degli scopi e degli usi “esterni”, nello stesso mondo della fotografia pura e dura, la fotografia fatta per farla, esistono infinità di stili e approcci diversi: il bianco e nero e il colore, il digitale e l’analogico. La fotografia di nudo, naturalistica, concettuale, di paesaggio, persone, animali, street, reportage, charme, erotica, astratta, etc.
Insomma, il termine fotografia indica correntemente un grande insieme di categorie e sottocategorie anche molto diverse fra loro. Questa moltitudine di facce si esplicita tanto negli stili e nel linguaggio espressivo, nell’approccio, negli scopi e destinazioni d’uso dell’immagine fotografica. Non è quindi un entità unica e ben definita, ma un amalgama di mondi più o meno diversi fra loro.
Infine si pone il problema dei supporti. È fotografia l’immagine astratta o il supporto? Nel linguaggio corrente ci si riferisce tanto alle stampe ai sali d’argento, alle riproduzioni tipografiche sui giornali, ai file allegati per mail quanto all’immagine astratta quando si usa il termine fotografia.
Eppure cosa ci fa dire a colpo d’occhio che tutte queste immagini sono fotografie e non qualcosa d’altro? Quali sono le caratteristiche che accomunano fra di loro tutte queste immagini? Perché le riconosciamo al volo come appunto fotografie? E ancora: quali sono i punti in comune e le differenze fra immagine fotografica astratta e fotografia stampata?
Le prime risposte che probabilmente vengono in mente a caldo alle maggior parte delle persone sono che, a prima vista, tutte queste immagini:
- sono state ottenute a partire da un’interazione fra luce e materiale sensibile;
- sono state prodotte tramite l’uso di un dispositivo, la macchina fotografica appunto;
- hanno un rapporto mimetico con la realtà, assomigliano incredibilmente al soggetto fotografato;
- utilizzano elementi reali per la propria generazione. La fotografia può essere astratta e distorcere l’elemento che rappresenta, ma l’immagine è sempre derivata da elementi esistenti.
Nei prossimi articoli della serie “Fotografia e verità” vedremo in dettaglio queste caratteristiche fondamentali della fotografia, cercando di mettere in luce se permettono di stabilire cosa sia e cosa non sia la fotografia. Alcune di queste caratteristiche non solo non permettono di operare questa scelta, ma si dimostreranno tutt’altro che fondamentali, e saranno quindi scartate . Altre invece si aggiungeranno a questa prima lista. Discuteremo poi quali sono le differenze e i punti in comune fra l’immagine astratta e la stampa fotografica.
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Rook
said, 25 April 2008 @ 5:59 PM :
La fotografia allora è verita? si o no?
ciao
Fabiano Busdraghi
said, 25 April 2008 @ 9:03 PM :
Ciao Rook,
è ancora un po’ troppo presto per dirlo. Nelle prossime settimane usciranno un po’ di articoli su questo tema.
Vedremo se alla fine si potranno tirare le conclusioni.
ciao ciao
Fabiano
Hippolyte Bayard
said, 27 April 2008 @ 1:17 AM :
ti sei voluto cacciare nel ginepraio, e complimenti per la pazienza di farlo! Le premesse sono già piuttosto interessanti. Poi noi abbiamo tanto a cuore Ando Gilardi, quindi puoi immaginare…
A presto
Fabiano Busdraghi
said, 27 April 2008 @ 11:56 AM :
Grazie mille per l’incoraggiamento, cercherò di non deludervi.
Questo “Fotografia e verità” è un libretto che iniziai a scrivere un paio d’anni fa, disgustato dalle continue reazioni di molti amanti della fotografia “bella! peccato che non è una foto” per cercare di convincerli a lasciarsi andare alla creatività e aprirsi a nuovi orizzonti.
Poi lo abbandonai, roso dalla noia, con l’idea di dedicarmi io stesso alla creatività fotografica e non alle discussioni filosofiche.
Adesso mi sembra che i tepi siano maturi, ho iniziato a riprendere in mano gli scritti di allora, rendendoli più freschi e scattanti, taglaindo e aggiungendo.
Vedremo dove andremo a parare…
ciao ciao
Fabiano
Mirko
said, 3 May 2008 @ 11:14 PM :
Il tema è complesso ma vale la pena affrontarlo perché permette di affrontare la pratica fotografica con una consapevolezza diversa, maggiore, forse non necessariamente “migliore”, ma sicuramente più profonda.
Fabiano Busdraghi
said, 3 May 2008 @ 11:47 PM :
Grazie anche a te Mirko.
Sono appena tornato da un paio di settimane a Milano, quindi ho messo Camera Obscura un po’ in standby. Nei prossimi giorni vedo di pubblicare qualche nuovo articolo su questo argomento, sperando di non deludervi
a presto
f