L’ironia del nuovo, fra tradizione e innovazione
Abbandonai allora il progetto. Eppure spesso mi capita di vedere le stesse foto del mare, la stessa purezza e semplicità, la sola linea di orizzonte, fotografie esposte e pubblicate, spesso anche di nomi noti. Ma come fanno? Per loro non vale la regola di essere arrivati dopo? Giusto per citare i primi che mi vengono in mente: Hiroshi Sugimoto con i suoi seascapes oppure alcune fotografie di Kazuumi Takahashi. Anche Edgar Martins volendo costruisce molte sue foto nello stesso modo, e nella serie The accidental theorist la somiglianza diventa ancora più forte. Fra le varie splendide foto del suo portfolio Simon Norfolk ne mostra anche alcune del mare, semplici ed essenziali come quelle di Fontana. Oppure, per citare altri esempi, Gursky e Massimo Vitali non hanno forse lavorato entrambi sulle discoteche, con intenti e risultati visivi molto vicini? Gli any male di Didier Rillouz non ricordano almeno in parte gli ibridi di Daniel Lee?
Mi chiedo allora se è davvero possibile fare qualcosa di completamente nuovo. Mano a mano che si approfondisce la conoscenza della storia della fotografia, ci si accorge che quasi non esistono autori usciti dal nulla, ma che nella maggior parte dei casi si muovevano all’interno di correnti, di uno spirito di ricerca comune, che esistono stili e fotografie che si assomigliano, a volte così tanto da sembrare quasi uguali, proprio come le fotografie del mare.
Ma è così importante poi? Ogni autore si è mosso seguendo la propria sensibilità, ha scavato un lato del tunnel che non è necessariamente quello degli altri. I risultati poi, anche partendo da un punto comune, a volte sono visivamente diversi, a volte concettualmente distinguibili, a volte l’uno e l’altro. In altri casi poi gli autori sono arrivati allo stesso epilogo indipendentemente. Ha senso chiedersi allora chi ci è arrivato prima? Non hanno entrambi lo stesso merito? Non è che siamo ossessionati dalla ricerca del nuovo a tutti i costi? Dopo Duchamp cosa possiamo fare di nuovo?
Già dieci anni fa, in occasione di uno dei miei primissimi viaggi, appuntando nel mio moleskin tutte le idee e impressioni nate dalle visite dei musei di Monaco, scrissi:
Morte al nuovo, viva il bello.
Adesso penso che comunque dei modi di innovare ci siano, che i lavori rimangano personali, pur muovendosi all’interno d i un ambiente che è già stato percorso. Si ha lo stesso materiale che hanno tutti a disposizione e lo si rimpasta e lo reinventa nel proprio modo personale. L’importante è non copiare deliberatamente. È un equilibrio sottile fra innovazione e muoversi in un ambito comune. Le foto del mare erano troppo uguali, ma è normale che negli altri casi si possano trovare assonanze fra i lavori di diversi autori.
To read the rest of this article go to page: 1 2 3 4
For multi-page articles the pdf file automatically include the whole post
Fabiano Busdraghi
said, 29 May 2008 @ 2:36 PM :
Oggi leggendo il blog di Massimo Cristaldi ho trovato un articolo Tutti uguali? che mi ricorda molto il tema trattato in questo. Massimo si rifà ad un altro divertente articolo We Are Independant, Yet We Are Somehow The Same di Chase Jarvis.
Sembra quindi che non sia l’unico a rendersi conto che alla fine, gira e rigira, sembra sempre di vedere foto tutte uguali. Anzi, la cosa divertente è che non solo scattiamo tutti la stessa immagine, ma scriviamo nei blog anche le stesse cose!
Massimo Cristaldi
said, 29 May 2008 @ 2:58 PM :
Non avevo letto questo tuo articolo e quindi la cosa è effettivamente ANCORA più inquietante!!! Forse ha ragione Chase con l’idea della “social fabric”. Forse questo è quanto spinge fotografi come Francesco Zizola a cercare posti “nuovi” e complessi e a trovarsi, al ritorno, molto più shockati della nostra realtà che da quella, fatta di guerre e situazioni difficili che lui generalmente ritrae…. (parole sue, durante il suo ultimo workshop a Milano).
Fabiano Busdraghi
said, 29 May 2008 @ 4:15 PM :
Il problema è che sembra che viviamo un mondo ad omologazione infinita. Ieri stavo facendo un test photoshop per un’azienda che si occupa di moda e sfogliando qualche rivista che c’era in giro non potevo non stupirmi di come le foto mi sembrassero veramente tutte uguali.
Come fare? Dov’è la soluzione allora? Secondo me ha proprio ragione Chase Jarvis. Bisogna abituarsi all’idea che altra gente ha le nostre stesse idee, che a volta tocca buttar via un lavoro iniziato perché qualcuno c’è arrivato prima e l’ha pure realizzato meglio di quelloc he avremmo fatto. Che le idee contano poco, le idee realizzate sono tante. Se poi rimaiamo comunque in una massa pazienza, l’importante è fare bei lavori. Se poi un giorno avremo un colpo di genio tanto meglio, altrimenti pazienza, avremo comunque fatto qualcosa di interessante.
Per quanto riguarda lo shock della propria cultura poi è una cosa che capisco bene. Io, nel mio piccolo, ogni volta che torno in Italia da Parigi mi sento shockato, figurati quando torni dall’Iraq. La cosa poi mi fa pensare ai commenti di tanti amici che hanno passato un anno intero in Antartide. Gli chiedi:
-Allora, è dura?
-No, quello che è duro è riabituarsi al mondo di qua quando torni a casa.
Io un anno in Antartide non l’ho mai passato, ma quando son tornato a casa dopo qualche mese quella sensazione cui accenna chi ha svernato l’ho intuita benissimo.
ciao ciao
f
Massimo Cristaldi
said, 29 May 2008 @ 11:10 PM :
I soggetti sono davvero importanti. Scegliere dove puntare la macchina o quale set, stage, costruire è importante. Io, che ho una passione per i momenti decisivi, ogni tanto mi lascio andare a qualche rudimentale tentativo di “stage”. Seguendo un concetto o un’idea che ho dentro e che non potrei ottenere andando in giro con la macchina al collo. Ma, essendo come te un “onnivoro” sono anche un “esagerato” e spazio dentro forse troppi generi e attrazioni che (forse) mal si addicono a chi dovrebbe costruire, in modo “commerciale” (anche per eventuali galleristi) un set di immagini convincenti. E torniamo al vecchio adagio…. Se si fotografa per se stessi seguendo le proprie emozioni si è contenti ma solo in certi casi si è “premiati”….