Canale K o scala di grigi nel Van Dyke Brown ai pigmenti
Un paio di anni fa avevo stampato un paio di VDB su stampe al pigmento. In pratica una stampa a colori, ottenuta sovrapponendo una stampa bianco e nero ai sali ferrici su di una stampa inkjet ciano-magenta-giallo.
Credo che uno dei primi fotografi ad utilizzare questa tecnica è stato Dan Burkholder, sul cui sito si possono ammirare dei splendidi tirages al platino dai delicati colori pastello. Sullo stesso genere, e ugualmente splendide, sono le immagini di Ron Reeder; sul cui sito inoltre è a disposizione gratuitamente un manuale dettagliato che spiega come ottenere tali stampe. Questi due autori stampano al platino invece che all’argento, ma la tecnica è praticamente la stessa.
Il risultato che avevo ottenuto nel 2005 è carino, ma lontano da quelli di Burkholder e Reeder. I colori ricordano vagamente le vecchie cartoline colorate a mano cosí diffuse nella prima metà del XX secolo, ma il grosso problema sono dei rosa squillanti e dei pallidi verdi nelle alte luci, decisamente troppo saturi e luminosi per i miei gusti.
Il difetto ha origine nel procedimento di separazione dei negativi. Riassumendo la tecnica: si trasforma l’immagine RGB in CMYK, il canale K viene salvato in un file a parte e verrà utilizzato per produrre il negativo da stampare ai sali ferrici, mentre i canali CMY contengono tutta l’informazione colorimetrica e vengono usati per ottenere la stampa inkjet, su cui verrà appunto sovrapposta la stampa ai sali ferrici. Il problema è che tutte le stampanti a getto d’inchiostro richiedono come ingresso un file RGB, quindi o si converte a mano da CMYK a RGB o sarà la stampante a farlo per noi. Il punto importante è che in ogni caso avverrà una conversione da CMYK a RGB, ovvero da uno spazio colore con un gamut piuttosto ristretto ad uno più ampio. Il risultato è appunto un’eccessiva saturazione dei colori, che diventano innaturali e brillanti. Si noti per esempio come il viso e la mano, da un’incarnato naturale, prendano una spiacevole dominante rosa magenta dopo la conversione.
L’effetto è descritto con dettaglio nella quarta pagina del manuale di Reeder, aggiungendo però che i colori squilanti cosí ottenuti compensando la perdita di saturazione e luminosità dovuta alla sovrapposizione dell’immagine al platino.
Per quanto mi riguarda invece i colori rimangono troppo brillanti, soprattutto nelle alte luci. Le ombre sono accettabili, però, come si può notare nell’immagine seguente, l’informazione contenuta nel canale K è presente quasi unicamente nei toni bassi dell’immagine, le parti corrispondenti alle alte luci sono completamente bianche. Questo significa che una volta una volta sovrapposta la stampa VDB a quella ai pigmenti le alte luci rimangono quasi esattamente come all’uscita dalla stampante, ovvero colori troppo saturi e innaturali.
Inizialmente ho pensato di risolvere il problema ridistribuendo i valori della scala di grigio applicando una curva che tagli completamente le alte luci, ma l’unica cosa che sono riuscito ad ottenere è sporcare la stampa e ottenere una curva di contrasto innaturale. L’effetto è di immagine spenta e piatta.
Ho provato allora, per ottenere il negativo per la stampa VDB, una conversione in scala di grigi dell’immagine RGB di partenza al posto del canale K ottenuto dopo l’eliminazione dei canali colore. Come si può notare le alte luci adesso contengono dell’informazione, ovvero la stampa VDB potrà “spegnere” la saturazione anche nelle alte luci della stampa.
A prima vista questo potrebbe rendere la stampa troppo scura e piatta, ma almeno la gamma tonale è completa dalle ombre alle alte luci, e non solo nelle ombre, come succede utilizzando il canale K.
Per quanto riguarda invece la stampa a getto di inchiostro, solita procedura per ottenere i canali CMY, ritorno a RGB e una desaturazione parziale, applicata soprattutto sulla pelle, per tenere a bada i colori troppo squillanti.
Tutto questo in teoria. Da qualche settimana avevo preparato il file con i canali colore e l’immagine in bianco e nero, ma continuavo a chiedermi se questa variante rispetto al metodo di Reeder poteva funzionare o meno. Questa mattina poi ho stampato uno splendido VanDyke, con dei neri assolutamente superbi e un ottimo contrasto. Peccato che si trattava di un vecchio negativo stampato giusto per verificare che la nuova soluzione VDB funzionasse correttamente. Comunque, incoraggiato dal resultato e con la voglia di stampare immagini nuove, sono andato a ripescare i miei file di separazione del guardiano di Roscigno. Ho stampato il negativo digitale, purtroppo utilizzando un colore e una curva leggermente approssimativa, ma per ora non ho voglia di ricalibrare la stampa VDB. Poi ho stampato a getto di inchiostro su Arche Platine, Cot-320 e Lavis Vinci.
Ecco le prime sorprese, piuttosto spiacevoli. Ancora prima di mettersi alle tecniche antiche. Ho stampato utilizzando la gestione colore di Photoshop e il profilo colore standard della 2100, non aspettandomi grosse dominanti. Invece con il profilo per carta acquarello si ottiene una spiacevolissima dominante verdognola, con il profilo per carta matte invece una dominante magenta. In ognuno dei due case delle tre carte la Cot-320 è la più verde, la Lavis Vinci la più magenta.
Il risultato migliore l’ho forse ottenuto con una piccola correzione tonale applicata a mano prima di stampare, solo sulle ombre, shiftando il colore verso il magenta. Non so se vale la pena construire un profilo icc personalizzato per ogni tipo di carta utilizzato, visto che in seguito alla conversione da CMYK a RGB i colori sono già pesantemente modificati. Probabilmente conviene stabilire un livello di desaturazione e correzione di dominante applicato a mano e accettare le piccole variazioni. Nel fondo e nei vestiti sono decisamente accettabili, l’unico vero problema rimane l’incarnato.
Per quanto riguarda la stampa Van Dyke Brown niente di particolare da signalare, salvo che la soluzione fa fatica “a prendere” sull’inchiostro, come se questo avesse reso la carta leggermente idrofoba. Ho risolto aumentando leggermente la quantità di sensibilizzatore per unità di superficie e prolungando di qualche secondo la procedura di stesa. In questo modo si incrociano le pennellate, si da modo alla carta di inumidirsi uniformemente. In un’immagine molto dettagliata come quella su cui ho lavorato non si nota nessuna irregolarità nella stesa, ma potrebbe essere un problema per immagini con vaste aree uniformi.
I primi risultati sono decisamente incoraggianti.
Si ottiene un grano curiosamente grosso e secco, dovuto probabilmente al fatto che le carte da disegno non sono adatte alle stampe inkjet, che resta comunque molto piacevole. La stampa è effettivamente più scura dell’originale, come anticipato. Questo è in parte dovuto al fatto che la curva usata per generare il negativo è approssimativa, in parte alla scelta di utilizzare una scala di grigi invece del canale K. L’immagine, visto che i canali CMY sono stati parzialmente desaturati, ha anche dei colori meno squillanti, che però sono decisamente più piacevoli una volta che si ha la stampa fra le mani.
La stampa VDB aggiunge delle ricche ombre, che danno un’incredibile tridimensionalità alla giacca rossa, che si stacca prepotentemente dal fondo. La dominante verde è particolarmente spiacevole, quella magenta accettabile, con una leggera desaturazione aggiuntiva del viso sarebbe quasi perfetta. Delle tre carte utilizzate l’Arche Platine esce sicuramente vincente rispetto alla Cot-320 e alla Lavis Vinci, sia per la tonalità della stampa a getto di inchiostro che per la finezza della stampa Van Dyke Brown. La Lavis Vinci in particolare presenta delle spiacevoli macchie grigiastre.
Come prima conclusione quindi, l’idea di utilizzare una conversione in scala di grigi al posto del canale K per ottenere un negativo digitale per stampe VDB su pigmento si dimostra vincente. L’immagine ottenuta presenta dei colori quasi naturali, uniti comunque ad una resa tutta particolare, a metà fra le stampe colorate a mano negli anni cinquanta e le quadricromie alla gomma bicromata.
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