Pornografia e sesso esplicito: l’autonegazione dell’arte contemporanea
Nell’articolo su Paris Photo ho già accennato ai rapporti fra sesso/pornografia e fotografia artistica contemporanea. È un argomento interessante, che può essere articolato in vari modi. Da una parte la censura tipo quella cui è stato recentemente sottoposto Bill Henson, dall’altra una forma invece di autocensura un po’ perbenista che si autoimpongono molti fotografi/artisti contemporanei che lavorano sul sesso, o infine i lavori che invece non temono di essere espliciti come quelli di Andres Serrano o Terry Richardson. Piuttosto che fare di tutta l’erba un fascio, scrivendo l’articolo mi sono reso conto che è meglio fare una mini serie di articoli indipendenti.
Quello di oggi è dedicato alla forma di autocensura cui ho appena accennato. Per mettere subito le cose in chiaro sottolineo che non voglio fare nessuna schematizzazione dicendo che tutta la fotografia erotica corrisponde a quanto scrivo. Mi limito solo a rilevare un andamento, che mi pare ben evidente, una prassi seguita da un numero relativamente elevato di fotografi/artisti. E perché tutto sia chiaro sottolineo anche che mi riferisco alla fotografia artistica, dove intendo quella che viene esposta e venduta nelle gallerie e nelle fiere d’arte contemporanea. Fotografia prevalentemente concettuale e intellettuale, sullo stile, per intendersi, di quella che si vede sui blog Hippolyte Bayard o Conscientious. Molti altri fotografi trattano temi erotici, spesso con grande maestria e valore artistico, ma -in una formalizzazione delle categorie fotografiche piuttosto accettata- sono di solito classificati più nella fotografia commerciale e editoriale, glamour/erotica, o come dir si voglia.
La tesi di questo articolo è che esiste una corrente ben nutrita di artisti che fanno fotografia fine-art che, seppur lavorando direttamente sul tema della pornografia e del sesso, finiscono in qualche modo per autocensurarsi, per rendere implicito il sesso esplicito. E la fanno spesso utilizzando espedienti stilistici simili a quelli di cui ho parlato recentemente in La Cina di Yann layma. È stato un presentimento che ho sempre avuto, ma per esempio a Paris Photo 2008 l’impressione è diventata molto più forte. I fotografi che conosco che possono esser raggruppati sotto questo tratto comune sono già relativamente numerosi, ma sarei pronto a scommettere che nei prossimi mesi ne vedrò molti altri che corrispondono a questo profilo.
Nell’articolo su Paris Photo citato poco sopra avevamo già parlato dei fotografi Atta Kim, e Frédéric Delangle e dei loro lavori sul sesso, ottenuti sovrapponendo diversi scatti indipendenti per quanto riguarda il primo, e lasciando l’otturatore aperto per lunghi periodi per il secondo, ma in entrambi i casi avendo come risultato di sfocare e stemperare le immagini fino a renderle irriconoscibili, fino ad eliminare ogni traccia evidente di sessualità. Certo, si riesce ancora ad intuire la struttura dei corpi, una gamba nuda, un braccio, ma al contrario nemmeno l’ombra di un seno o dei sessi dei protagonisti dell’amplesso, dettagli dell’immagine completamente cancellati, o se vogliamo censurati, dal particolare procedimento tecnico seguito dai due fotografi.
Quanto detto è particolarmente vero per quanto riguarda le fotografie Coito di Frédéric Delangle, dove i corpi diventano una nube evanescente di luce, dove sul supporto sensibile alla fine rimane solo l’unione dei corpi, mentre questi spariscono, si fondono, vengono meno, che alla fine è una bella immagine vivida e rappresentativa dei rapporti sessuali. I lavori di questi due fotografi mi piacciono molto, tanto per l’idea che c’è dietro, che per la realizzazione e le immagini che esteticamente trovo particolarmente piacevoli. In questo articolo il focus non è tanto sulla qualità delle opere fotografiche, ma sul fatto che nei lavori che dovrebbero rappresentare il sesso esplicito in generale si fa di tutto per nasconderlo, per renderlo solo intuibile. Senza che questo esprima per forza una scala di giudizio, è solo una constatazione che vuole esser fonte di riflessioni.
Un altro fotografo di cui amo particolarmente il lavoro e che ricorre ad espedienti simili è Michaël David André. Anche in questo caso si tratta di una rappresentazione esplicita di un rapporto sessuale, e anche questa volta tramite il flou si nascondono i dettagli dei corpi e dell’atto stesso. Invece di sfruttare il tempo di posa o la sovrapposizione delle immagini Michaël David André utilizza delle deformazioni ottiche, utilizzando un sistema di lenti che ha messo personalmente a punto. Il risultato personalmente lo trovo splendido, onirico, sognante, a tratti inquietante, fantasioso e veramente solido. Sul suo sito le immagini sono molto numerose e una buona decina sono veramente splendide, attenta visita caldamente consigliata. Lo Insisto sul mio apprezzamento delle foto di Michaël David André perché come prima non discuto la qualità delle immagini, ma il fatto che una serie di fotografie dedicata al sesso non mostri di fatto niente di questo, se non stimolare l’immaginazione dello spettatore.
Thomas Ruff, uno degli artisti contemporanei tedeschi più influenti, ha anche lui lavorato sul sesso, anche lui utilizzando immagini esplicite e sfumandone i dettagli fino a renderli irriconoscibili. In pratica Thomas Ruff ha scaricato dai sito porno su Internet delle miniature di fotografie che rappresentano esplicitamente rapporti sessuali. Ingrandendole poi a dismisura ha creato immagini in cui si riesce sempre ad intuire l’atto sessuale, ma i dettagli dell’amplesso sono completamente sfumati, con il contraddittorio risultato già descritto di alludere esplicitamente il sesso evitando accuratamente di farlo esplicitamente.
Dal punto di vista concettuale il lavoro di Thomas Ruff è estremamente interessante e se ne potrebbe parlare per ore. Partendo dal rapporto fra il mondo reale e l’universo parallelo rappresentato da internet, passando per l’uso di immagini di terzi come se fosse il materiale grezzo di uno scultore, il blocco di marmo ancora da scavare, per arrivare poi alla decostruzione ricostruzione dell’immagine. Dal punto di vista estetico invece non sono un amante di questo genere di lavori. Intellettualmente mi sento solleticato e ammiro l’idea, ma non comprerei mai per appenderla in casa quella che ai miei occhi non è altro che una brutta foto pornografica, fra l’altro pure sfuocata. In questo preferisco infinitamente le fotografie di Atta Kim, Frédéric Delangle e Michaël David André, che, ad averlo, comprerei e appenderei volentieri sulle pareti di un bel loft di 1000 metri quadrati. Nei loro casi il risultato sono immagini poetiche e sognanti, che, seppure ne velano i dettagli, comunque rappresentano in modo vivido il sesso e certe emozioni che lo accompagnano. Sulle foto di Thomas Ruff, al di la della bella idea, per quanto riguarda la forma continua ad aleggiare l’impressione di pornografia masturbatoria da quattro soldi.
Un altro famoso artista concettuale (suoi sono per esempio i controversi maiali tatuati) che fa uso della fotografia ma che non è possibile qualificare come fotografo è Wim Delvoye. Fra i suoi tanti lavori ce ne è anche uno dedicato al sesso: sexrays. Wim Delvoye ha infatti chiesto ai suoi amici di ingerire oppure, secondo le fonti, di spalmare sul proprio corpo una piccola quantità di bario e poi avere rapporti sessuali in modo da scattare delle fotografie ai raggi x del coito.
Rispetto alle fotografie descritte precedentemente il risultato è certamente più esplicito, visto che in alcune immagini, oltre alle ossa che sono ben visibili, rimane anche una traccia della carne, è possibile riconoscere chiaramente il profilo di un pene, la lingua dei partner, il bordo della pelle. Nonostante questo, l’astrazione rispetto alla realtà, ad una rappresentazione diretta del sesso è innegabile. Quello che si vede sono non è un atto pornografico fra due persone, ma dei teschi che si abbracciano, dei crani intenti in una fellatio inquietante e disumanizzata, un bacio d’avorio scambiato fra denti, mandibole e mascelle. Sembrano quasi più immagini medicali che fotografie erotiche. C’è un famoso test psicologico di un’immagine di donne nude che può essere letta come dei delfini che nuotano in mare. La maggior parte degli adulti riconosce il nudo, mentre i bambini vedono solo i delfini. Sono sicuro che, nonostante le foto di Wim Delvoye siano comunque esplicite, la maggior parte dei bambini vedrebbe solo i teschi e non il sesso.
Un fotografo invece che lavora anche lui sul sesso, ma che di questo non mostra assolutamente niente di niente, nemmeno cancellandolo perché di fatto il rapporto non ha nemmeno avuto luogo, è Edouard Levé. Nelle sue fotografie infatti due partner di mezza età, o più spesso gruppi più numerosi di persone, mettono in scena degli atti sessuali totalmente simulati. Completamente simulati perché questi uomini e donne dai volti impassibili e inespressivi, non hanno nemmeno levato i loro vestiti. Le immagini sono di una freddezza totale e asettica, nessuna traccia di emozione o di eccitazione, solo persone come gusci che mimano qualcosa che non c’è. Sono fotografie tristi, perfase forse di quella tristezza che ha l’anno scorso ha portato Edouard Levé a togliersi la vita, subito dopo aver consegnato al suo editore la copia definitiva del suo nuovo libro intitolato appunto “Suicidio”. Fotografie depresse e esteticamente senza nessuna concessione.
A conseguenze simili a quelle di Edouard Levé arriva Benjamin Deroche. Ancora una volta un lavoro che sarebbe sul sesso e il bondage, con un chiarissimo e esplicito richiamo alle fotografie di Araki. Questa volta però non sono le bellissime giapponesi delle fotografie di Araki ad avere la pelle sciupata dalle corde che ne stritola i seni e le cosce, non sono le ragazze orientali piene di grazia ad essere sospese nell’aria, ma dei galletti pronti per essere arrostiti. Come negli altri casi il richiamo sessuale è perfettamente esplicito, ma la sua rappresentazione diretta è completamente assente, tanto ad arrivare ad una sorta di forma di pareidolia visiva. Il sesso di fatto non c’è ma si finisce per vederlo lo stesso. Quando guardo i polli di Benjamin Deroche infatti quello che vedo non sono le carcasse degli animali, ma le splendide fanciulle dagli occhi a mandarla così ben fotografate da Araki, sospese per aria, nella loro elegante danza feticista e sadomaso.
L’eliminazione formale della pornografia dalle immagini che gli sono dedicate è infine spinta al parossismo da John Haddock. Ancora una volta si tratta di foto porno prese da internet, questa volta però i corpi non vengono sfumati in maniera da nascondere le parti genitali e l’amplesso dei protagonisti, questi vengono direttamente cancellati dalla fotografia con Photoshop. Quello che rimane è una specie di fossile ambientale, come se nella stanza fosse rimasto solo l’odore del sesso dopo che ognuno se ne è andato per la sua strada. Come se da una scena di un delitto venisse volatilizzato il cadavere e tutte le prove venissero pulite, lasciando comunque evidente l’intento di cancellare le proprie tracce, proprio come nella serie di John Haddock.
Un lavoro molto simile è quello di Brandt Botes. Anche lui scarica fotografie pornografiche su internet e anche lui ne fa sparire i corpi. Questa volta però, invece di cancellarli con il timbro clone, li ritaglia, lasciando delle silouette bianche sull’immagine. Stesso discorso valido per tutti gli altri artisti presentati in questa rapida carrellata: allusione estremamente presente al sesso, ma eliminandolo del tutto dall’opera. Possibile però che tutti quanti scarichino foto da internet, facciano sparire la pornografia e dichiarano che è arte?
In questa veloce panoramica di autori è evidente come, nella fotografia artistica contemporanea sia presente un folta schiera di autori che lavora sui temi della sessualità e della pornografia, ma negandoli formalmente, lasciandoli solo intuire. Molti altri fotografi e artisti danno del sesso una rappresentazione esplicita e diretta, come vedremo nei prossimi articoli, ma ho l’impressione che per quanto riguarda la fotografia fin-art attuale l’atteggiamento descritto in questo articolo sia dominante.
Resta da rispondere ai perché. Quali sono le motivazioni che hanno portato a questo stato di cose? Perché sembra che fotografia d’arte e pornografia oggi fatichino ad andare a braccetto? Nascondere l’atto sessuale è un modo per rendere le immagini più accettabili ai galleristi e al pubblico? Si tratta di un tentativo di rendere le opere più politicamente corrette oppure di fatto la rappresentazione esplicita del sesso non era nelle intenzioni degli autori?