Il lavoro fotografico di Sophie Tramier, rigorosamente in luce naturale, è dedicato alla materia, le trasparenze, le forme. Pesci, frutti di mare, dolci, piatti, posate, bottiglie… tutti questi oggetti prendono vita davanti al suo obbiettivo, costituendo immagini dalla composizione elegante e raffinata. Al di là delle semplici nature morte, costituiscono un modo per rivelare il suo universo e la sua storia personale.

Ecco le fotografie e un’intervista a proposito del suo lavoro e della sua visione fotografica.

 

Fabiano Busdraghi: Puoi raccontarci la tua storia di fotografa?

Sophie Tramier: Fin dall’infanzia sono stata attirata dalla fotografia, dalla sua magia!

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Tutto è iniziato con le foto di famiglia, le grandi scatole dai nonni dove erano custodite tutte quelle foto: quelle storie di vita (di antenati a me sconosciuti). Era un viaggio nel tempo, attraverso i paesaggi e sopratutto attraverso gli uomini. Mi piacevano tantissimo anche le diapositive delle vacanze, che mi riportavano alla memoria bei momenti e mi permettevano di ripercorrere il filo della mia storia.

 

Fabiano Busdraghi: Che cosa rappresenta per te la fotografia?

Sophie Tramier: La fotografia è il viaggio degli uomini: il tempo, l’immaginario, l’emozione, i luoghi, i ricordi. Un modo per svelare un universo, una memoria.

 

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Fabiano Busdraghi: Quali sono le ragioni che ti hanno portato a lavorare sulla natura morta?

Sophie Tramier: “Natura morta” è un termine che viene dalla pittura e che non mi pare particolarmente adatto per quanto riguarda la fotografia.

Ho cominciato col fare foto di personaggi che mi appassionavano, non immaginavo che avrei fatto altro. Non si trattava di reportage, ma piuttosto d’immagini scattate con la complicità di quelle persone, che si trattasse di un ritratto o di moda. Cercavo di andare al di là dalle apparenze, la personalità e la bellezza di ciascuno.

Poi mi hanno proposto dei reportage d’interni, che facevo con la frustrazione di non poter intervenire a sufficienza sull’immagine. Erano come una sorta di constatazione di bei posti, nonostante questo ci vogliono delle qualità artistiche anche per fare questo tipo di lavoro.

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Quindi ho cominciato a fare delle “Nature Morte”, per avere più libertà nella scelta dei soggetti, delle materie, delle composizioni, delle luci.

Non ho l’istinto del reporter, mi piace svelare la realtà mentre lavoro su un’immagine.

 

Fabiano Busdraghi: So che spesso costruisci direttamente le tue composizioni. Ciò che è importante è soprattutto l’immagine finale, il risultato fotografico, oppure questo lavoro di composizione e costruzione, vicino alla scultura, è importante anche in sé stesso?

Sophie Tramier: Costruisco le mie immagini in modo istintivo, partendo da elementi diversi come un luogo, una materia… ma sempre alla ricerca di un senso, di una molteplicità di letture.

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

L’immagine non può essere soltanto puro estetismo, bisogna innanzitutto che racconti una (o delle) storia/e perché ognuno possa farla sua.

 

Fabiano Busdraghi: In generale hai un progetto preciso della tua immagine, costruisci una sorta di set organizzato oppure lasci evolvere le cose, improvvisando, seguendo piuttosto il tuo istinto?

Sophie Tramier: Ho una visione sfocata del progetto, che si svela pian piano a partire dai primi scatti.

Ho bisogno di prendere le distanze, di rinnovare la lettura sulla o sulle prime immagini scattate che mi rivelano la scrittura del progetto finale.

 

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Fabiano Busdraghi: Un giorno mi hai detto che lavori quasi unicamente in luce naturale. Si tratta di una scelta puramente tecnica, preferisci la resa della luce diurna, si tratta piuttosto di giocare con delle possibilità limitate o ancora è una scelta puramente teorica? Che cosa ami della luce naturale?

Sophie Tramier: Sono sensibile alla luce naturale, l’osservo molto, mi adatto a lei. La luce naturale svela un volto, un corpo, una materia, un’immagine; è lei che determinerà la mia posizione al momento di scattare. Non c’è niente di meglio della luce naturale; mi piacciono particolarmente i controluce, la penombra e le luci morbide.

 

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Fabiano Busdraghi: Lavori molto con gli alimenti: libri di ricette, dolci, pesci… sei una grande amante della buona cucina?

Sophie Tramier: Sono arrivata alla fotografia culinaria senza rendermene conto. Le mie prime “Nature Morte” sono state con delle erbe aromatiche, ma senza intenzioni culinari, era un pretesto come un altro per fare delle immagini. In seguito quelle foto hanno fatto nascere delle commissioni in ambito culinario e tutto si è messo in piedi in modo naturale.

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Inconsciamente mi sono fatta incastrare dalla mia golosità.

Quando ho cominciato, la foto culinaria mi sembrava agli antipodi di ciò che volevo fare e non potevo concepire la fotografia senza le persone. La fotografia culinaria in quell’epoca era molto diversa, molta leccata, molto seria, per nulla nella semplicità o nel naturale. A parte qualche grande maestro come Irving Penn che -senza essere un fotografo culinario- ha fatto delle foto magnifiche di questo genere.

Non mi considero come una fotografa culinaria, piuttosto come una fotografa golosa e attratta dalla materia culinaria che vedo come viva, sensuale e ispiratrice.

 

Fabiano Busdraghi: Tutti i fotografi hanno delle “foto mai fatte”. Delle immagini che per ragioni tecniche, lentezza, mancanza di materiale, errori e via dicendo, non sono mai state scattate, e vengono perse per sempre. Ci puoi raccontare una delle tue “foto mai fatte”?

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Sophie Tramier: Non considero mai un’immagine attraverso una tecnica. In genere non mi piacciono le immagini troppo lavorate tecnicamente (come le post-produzioni che si fanno oggi o la luce artificiale), si perde ogni spontaneità, ogni verità; anche se la verità non si trova per forza nel realismo.

Veramente non mi sento cristallizzata o frustrata da “un’immagine mai fatta”. Mi darebbe più fastidio l’aver perso delle immagini fatte o non poterle condividere. Con il digitale, la grande incognita è la conservazione, ho difficoltà ad utilizzarlo nel lavoro o per fare foto di famiglia.

 

Fabiano Busdraghi: E la storia di qualcuna delle immagini che accompagnano l’intervista?

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Sophie Tramier: Ho una tenerezza particolare per i ritratti di pesci. È un lavoro personale cominciato con un’amica stilista Nathalie Nannini, che ha la mia stessa passione per le materie. Quando Nathalie Démoulin e Stéphanie Svukovic delle edizioni Minerva hanno visto quelle immagini, mi hanno commissionato un libro nel quale avremmo potuto continuare quel lavoro con lo stesso spirito e la stessa libertà.

Questa libertà e l’essere circondati da collaboratori che hanno una sensibilità comune permettono la riuscita, al di là delle immagini, di un libro.

Quelle immagini hanno trovato una bella vetrina in quel libro, che ne ha permesso l’esistenza per un pubblico più vasto.

Ho passato la mia infanzia sul Mediterraneo, tra la Corsica e la Provenza. Sulla spiaggia e sulle rocce, giocavo con i polipi facendo gioielli a forma d’anello o braccialetto con i tentacoli a ventosa, assieme alle mie amiche dopo le scorpacciate di ricci di mare.

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Mi piace sviare i miei soggetti dalla loro lettura originale. Questa modalità mi s’impone probabilmente per via di una dislessia che mi svia da una lettura più classica.

Mi s’impone anche una sensualità, una sessualità, un simbolismo: dentro e attraverso le materie, le forme, le pelli, le testure, il cibo, i vegetali…

Nella serie Œuf-NI (NdT: Gioco di parole intraducibile che combina la parola francese per UFO con “uovo”), come attraverso un telescopio, l’uovo raggiunge l’universo sul piano simbolico.

Le “Bottiglie velate” e “le posate di pizzo” fanno parte di una serie d’immagini “ristretta” di oggetti e di forme imballate che evocano la censura o la reclusione imposta alle donne.

La serie “uomo-oggetto” è un confronto di materie, di sensualità: tra pelli, fibre, testure.

Come in un gioco dove i ruoli sarebbero a “specchio”, la nozione di “ritratto” o “nature morte” si sposta, si aggroviglia, si confonde.

Sophie Tramier Sophie Tramier Sophie Tramier
© Sophie Tramier

 

Fabiano Busdraghi: Si dice spesso che la fotografia è praticata quasi unicamente dagli uomini. Certamente ci sono tanti esempi di donne fotografe molto note e che hanno prodotto opere indimenticabili, ma è vero che nell’immaginario comune il fotografo è soprattutto un maschio. Pensi che le fotografe del gentil sesso hanno una visione differente dai loro colleghi uomini? Se è così, quali sono le differenze nel tuo lavoro, la tua specificità femminile?

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Sophie Tramier: Da un punto di vista generale non abbiamo lo stesso approccio, la stessa sensibilità, la stessa sensualità nella vita e quindi anche nella foto, nell’arte in generale… Ma queste differenze si possono trovare anche nell’ambito di uno stesso sesso. Mi è difficile determinare quello che caratterizza la femminilità in un’opera, a ciascuno di percepirla oppure no… Tutto è un fatto di sguardo, di punti di vista.

 

Fabiano Busdraghi: Un fotografo di cui ami particolarmente il lavoro e perché.

Sophie Tramier: Uno solo è frustrante!

Tra i miei preferiti, scelgo una donna: Sarah Moon per il suo universo poetico, onirico, la sua femminilità… Ogni sua immagine mi tocca in modo particolare, il viaggio o il sogno sono presenti.

Sophie Tramier
© Sophie Tramier

Più o meno conosciuti che mi toccano… alla rinfusa: Irving Penn, Richard Avedon, le photo impressioniste e i nudi del 19° secolo primi 20°, Gustave Legray, Felice Beato (e altre fotocromie esotiche), Edward Steichen, August Sander, Dorothy Lange, Paul Fusco “RFK Funeral Tran” (libro che ho aperto senza vedere il titolo ne conoscerne il tema, che mi ha profondamente toccato), Robert Parke Harrison, Ismo Holto, Koto Bolofo, Joakin Eskildsen (il suo lavoro sui gitani che ho appena scoperto), Joakin Eskildsen e tanti altri…

 

Fabiano Busdraghi: libro stai leggendo in questo momento? Che musica ami? E i tuoi film preferiti?

Sophie Tramier: Il libro che sto leggendo in questo momento: un libro che mi hanno appena offerto e che mi piace e fa ridere: “Il mio cane stupido” di John Fante.

La musica: jazz blues, soul, funk, reggae, tutta la musica afro-americana. Ma mi piace anche tanta altra musica…!

Cinema: sono una fan del cinema italiano: Fellini, Antonioni, Bertolucci… e l’ultimo film che mi ha sconvolta è “Respiro” di Emanuele Crialese.


PDF Salva questo articolo in PDF
Per gli articoli divisi su diverse pagine il pdf include automaticamente tutto il post

Scrivi un commento