I capodogli e la mancanza di contenuto nell’informazione italiana
Praticamente tutti i giorni do un’occhiata a due siti di giornali: repubblica.it e le monde.
Non mi piace molto fare paragoni, ma quasi ogni volta non posso fare a meno di notare la differenza fra i due quotidiani online. Su repubblica.it, nonostante non manchino alcuni -relativamente rari- buoni articoli, abbonda il pettegolezzo, la foto del calendario con la bella svestita di turno, la cronaca degli stupri, video della polizia americana che insegue delinquenti in autostrada con cinquanta auto e tre elicotteri, tormentoni del web di gaf e scivoloni, ripetute accuse contro la presenza di extracomunitari in Italia.
Quest’ultimo punto è uno di quelli che mi sorprende di più rispetto per esempio a le Monde, dove la demonizzazione degli immigrati è praticamente assente. Forse in Francia l’integrazione è migliore, i controlli e le leggi più efficaci, la gente più abituata agli stranieri o forse semplicemente gli italiani sono diventati mediamente più razzisti dei loro cugini d’oltralpe. È un punto delicato da trattare e non è questo il luogo adatto, quindi dopo aver gettato il sasso nello stagno glisso direttamente sul tema dell’articolo di oggi.
Questa mattina su repubblica.it leggo la notizia: “Australia, strage di capodogli”. Clicco sul link e non c’è nessun articolo, solo quattro foto, un video e questa didascalia:
Ancora esemplari di capodogli spiaggiati sulle coste australiane. Secondo le prime ricostruzioni sarebbero almeno una quarantina i cetacei arenati sulla spiaggia di Tasmania. Nonostante l’immediato intervento di soccorsi, soltanto due esemplari sono riusciti a salvarsi.
Sono abbastanza frustrato, perché mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più, un riassunto dei precedenti cui si allude con quel “ancora”, un’ipotesi sulle ragioni che hanno portato tutti questi cetacei a morire ed arenarsi sulla spiaggia, quali conseguenze avrà questo fatto, cosa intende fare il governo australiano o la comunità scientifica, qual’è il messaggio che devono trarne i lettori. Perché i capodogli sono morti? L’inquinamento? Pesca illegale? Un fenomeno naturale? Le correnti? Sono abbastanza frustrato perché una citazione lapidaria come questa di fatto non mi porta nessuna informazione, nessuna conoscenza. Se non ho una minima idea del contesto, delle ragioni, delle conseguenze che questo fatto di cronaca può avere, a parte la compassione per le balene, cosa cambia sapere che è avvenuto? L’unica cosa che conta è solo la notizia aneddotica?
Il video non è da meglio, si vedono i corpi arenati sulla spiaggia, qualche capodoglio che ancora si muove, in agonia, e i soccorritori che cercano di bagnarli, ma nessuna informazione, nessuna voce fuori campo che spiega l’accaduto. Guardo allora le immagini. Sono quattro fotografie. La terza è praticamente uguale alla seconda. Vedo la quarta, mi pare che assomigli alla prima, la riguardo, ed effettivamente è praticamente la stessa. La terza e la quarta foto sono esattamente gli stessi scatti della prima e seconda immagine, semplicemente sono stati tagliati e leggermente ritoccati, aumentando un po’ contrasto e saturazione. Mi chiedo che senso abbia fare una cosa del genere. Non sono contrario, se non è fatto in mala fede e non modifica il messaggio dell’immagine, ad un leggero ritocco nella fotografia di informazione, per renderla esteticamente più piacevole e parlante. Ma che senso ha presentare insieme il file prima e dopo il ritocco? A cosa serve? A riempire spazio? Dal punto di vista dell’informazione, una fotografia deve servire a completare un testo scritto, una notizia, un evento. A che pro pubblicare due volte le stesse immagini? Ancora una volta, una prassi che mi pare non faccia altro che impoverire il contenuto informativo. Forse invece di ritoccare la foto sarebbe stato preferibile scrivere 20 righe d’articolo.
Fra l’altro purtroppo non si tratta solo dei capodogli, in moltissime gallerie che ho visto su repubblica.it veramente spesso le foto sono ripetute fra loro, scodellando ripetutamente lo stesso file o pubblicando immagini scattate in sequenza praticamente dallo stesso punto e dello stesso soggetto. Quando si vuole mostrare una sequenza dei fatti che succedono rapidamente ha senso, ma in generale non è il caso per le gallerie di repubblica.it, si tratta proprio di file messi online come se non ci fosse stata nessuna selezione e nessun lavoro di editing.
Quando ho salvato le foto per accompagnare questo articolo mi sono reso contro di un altro fatto che mi ha lasciato interdetto. Ho salvato le due versioni della stessa immagine e nel nome del file una viene identificata come una foto della Reuters e l’altra de l’Agence France Press. Possibile che due agenzie posseggano la stessa foto, una ritoccata e l’altra il file bruto? O è repubblica.it che ha fatto confusione e in uno dei due casi ha citato una fonte per l’altra? Purtroppo non lo potrò sapere, perché repubblica.it non cita praticamente mai il fotografo e l’agenzia delle immagini che vengono pubblicate sul sito. Un altro bell’esempio di quello che non posso fare a meno di definire malcostume italiano, inutile dire infatti che su le Monde di solito è sempre presente una didascalia che descrive precisamente l’immagine, la localizza geograficamente, la data, cita l’agenzia e il fotografo che l’ha scattata.
Per concludere non mi resta che citare quello che ha detto Sandro Iovine nel titolo di un articolo analogo a questo: Italia-Francia 0 a 2 in comunicazione visiva.