La spettacolarizzazione è molto più importante della verità
Alcune settimane fa il sito Fotografia e Informazione ha pubblicato l’articolo Fotomontaggi di cronaca, nel quale vengono mostrati due casi di fotomontaggi fotografici pubblicati su il Giornale in accompagnamento a degli articoli sulla guerra in Palestina.
Nell’articolo in questione di Fotografia e Informazione è stato già ampiemente sottolineato come una pratica di questo tipo sia assolutamente poco etica (e aggiungerei vorgognosa) dalla parte di un organo di informazione. Così come l’abitudine di utilizzare immagini e didascalie fuorvianti o poco attinenti con il soggetto dell’articolo, come descritto in dettaglio nell’articolo: La Padania, Libero, Il Giornale: la fotografia al servizio dell’ideologia. Non insisterò quindi su questi punti, rimandando il lettore interessato agli ottimi articoli appena citati.
Vorrei però sviluppare un po’ il discorso per quanto riguarda il tipo di intervento svolto sulle immagini, sullo stile del fotomontaggio e sulle sue ragioni.
La prima cosa che salta subito all’occhio, perlomeno per chi ha un minimo di esperienza di ritocco o che è abituato a guardare attorno a sé, è la cattiva qualità del fotomontaggio stesso. Il cielo blu con l’elicottero è assolutamente irreale e incompatibile con la foto del palazzo. A parte il fatto che non credo che la prospettiva dell’elicottero e della facciata siano completamente compatibili fra di loro, la foto dell’edificio bombardato è stata chiaramente scattata un giorno grigio e velato, non un giorno dal cielo blu e impeccabile. Sull’elicottero la luce proviene dall’angolo in alto a sinistra, mentre nel resto della scena -grazie al cielo coperto- non ci sono praticamente ombre, ma se proprio vogliamo trovare un punto di provenienza della luce è piuttosto l’angolo in basso a destra, esattamente il contrario dell’elicottero. Per fare un lavoro più credibile sarebbe bastato giocare con i livelli in modo da addolcire i contrasti dell’elicottero, schiarendo e desaturarando il cielo per conciliarlo cromaticamente con la foto del palazzo. Aggiungendo poi un leggero gradiente verticale, come spiegato nell’articolo Scurire il cielo in modo naturale, l’effetto sarebbe stato infinitamente più gradevole e credibile. Fra l’altro, bonus aggiuntivo, sarebbe stato più rapido e facile scontornare la facciata dell’immobile, perlomeno nella parte bassa di questo.
Anche nel caso della seconda foto, quella del militare steso a terra, la qualità del fotomontaggio è pessima, lo scontorno del soldato è rigido e più che evidente, come se si fosse ritagliata una foto da una rivista con un paio di forbici; e ancora una volta sono presenti evidenti incompatibilità di cromia, luce e prospettiva fra le diverse fotografie che compongono il fotomontaggio.
Certo, si può obiettare che lo scopo de il Giornale, non era quello di nascondere il fotomontaggio, ma se così fosse, perché non l’hanno dichiarato chiaro e tondo nelle didascalie? Perché lasciare l’ambiguità quando in generale si presuppone che un quotidiano si dedichi all’informazione e non ai collage artistici? La ragione della scelta redazionale è probabilmente quella citata nell’articolo di Fotografia e Informazione, il voler creare un’immagine di impatto che descriva una situazione di pericolo, un paese dove i razzi partono senza tregua dai palazzi bombardati, un paese dove il terrore è continuo e opprimente. Poco importa se nessuna immagine “vera” lo descriva, basta farla con forbici e colla. Strumenti però usati indubbiamente con poca maestria.
Al di là della considerazione tecnica, che può interessare soprattutto gli addetti ai lavori, quello che è più interessante analizzare è lo stile dei fotomontaggi. In entrambi i casi, oltre -come si è detto- al tentativo di far passare la sensazione di una situazione d’allerta, di essere sotto il lancio perpetuo dei missili, è presente un evidente intento di spettacolarizzazione della guerra. L’elicottero e i missili. Il cielo blu. I contrasti forti. A vedere il soldato che striscia a terra sembra quasi di sentire il rombo assordante delle pale degli elicotteri e i boati dei missili. E aggiungerei pure una bella musica hardcore sparata al massimo volume, come quella che fanno ascoltare ai soldati americani in Iraq. Sembra di vedere un videogioco dove la guerra è nient’altro che una figata, uno spot pubblicitario per far reclute che mostra la vita dei militari come una missione appassionante e umanitaria “vedrai il mondo! imparerai le lingue straniere!”, sembra di essere di fronte ad un pessimo film americano dove un’unico eroe con un’unica pistola riesce da solo a uccidere tutte le decine di nemici che gli si oppongono, uno dopo l’altro, senza dover mai ricaricare.
Questo tentativo di far passare la guerra come una cosa spettacolare, addirittura dove non è possibile concepire un giorno nuvoloso, ma brilla sempre il sole nel cielo azzurro e puro, è a mio avviso ancora più inquietante e grave del fatto stesso che sia stato pubblicato un fotomontaggio su di un quotidiano. Non solo non bisogna “offendere” i lettori con immagini dure come quelle dell’articolo Adriano Sofri: scegliere di aprire gli occhi alla realtà, bisogna anche trasformare un conflitto in un pessimo videogame, in uno spot pubblicitario.
La fotografia d’informazione dovrebbe servire appunto ad informare sui fatti. Questo reinventare la realtà per renderla spettacolare non fa che convincermi sempre di più che l’idea della dittatura dello spettacolo sia veramente fondata. Quello che forse fa più paura però è il fatto che si tratti comunque di un giornale “importante”. Nei dati Audipress infatti il Giornale si piazza genere fra i primi 20 quotidiani più letti in Italia, e -se si eliminano i giornali sportivi e le pubblicazioni gratuite tipo quelle offerte nei metrò- il Giornale si avvicina addirittura ai primi 10 quotidiani più letti in Italia.
Come è possibile che tutti questi lettori si bevano senza indignarsi questa spazzatura visiva? Al di là delle idee politiche, se anche fossi lontanamente d’accordo con la linea di pensiero che sta dietro a il Giornale, se il mio quotidiano mi servisse per ben due volte un così rozzo e mal realizzato tentativo di reinventare la realtà non andrei mai più in edicola a comprarlo. Come è possibile che le centinaia di migliaia di persone che lo leggono tutti i giorni lascino passare bassezze come questa? Ma forse non c’è molto da stupirsi, da un paese dove il quotidiano in assoluto più letto, e con ampissimo margine di vantaggio sugli altri è proprio la Gazzetta dello Sport…
asd
ha detto, il 13 Maggio 2010 @ 7:14 pm :
nn vogliamo la guerra solo questa frase voglio urlare !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!