Stampa al carbone
La stampa al carbone è sicuramente una delle più belle tecniche di stampa fotografica inventate dall’uomo. In questo articolo vengono ripercorse le tappe fondamentali che hanno portato alla sua invenzione e descritte le caratteristiche uniche che ne hanno fatto la regina delle tecniche di stampa. Segue poi un’introduzione tecnica al procedimento, per gli interessati viene fornita una succinta bibliografia
Nota storica sulla stampa al carbone
Ai suoi inizi la fotografia produceva immagini decisamente poco stabili, basti pensare alle prime stampe su carta salata prodotte da Fox Talbot a partire dal 1841, quando non era stato ancora messo a punto un bagno di fissaggio adeguato. Nel seguito numerose procedure furono messe in atto, come i viraggi protettivi all’oro o al selenio, che restano tuttora in uso per la conservazione delle fotografie analogiche. Ma la stabilità nel tempo dell’immagine restava il grosso punto debole della fotografia.
Le ricerche sollecitate da questo problema culminarono nella palladio o platinotipia e nella stampa al carbone, le due tecniche più stabili, ma anche le più belle, di tutta la storia della fotografia.
Anche se il primo brevetto di stampa al carbone risale al 1855, l’immagine conteneva solo le ombre, mentre le luci erano completamente lavate. Fu solo dopo la nota remarque de Fargier, a proposito della profondità di indurimento dello strato di gelatina, e l’invenzione durante gli anni successivi del trasferimento dell’immagine, che la tecnica di stampa al carbone fu brevettata nel 1865 da Joseph W. Swan nella forma ancora utilizzata oggigiorno.
Le stampe così ottenute risolvevano completamente il problema della stabilità, e in più avevano una straordinaria finezza e presenza dell’immagine, stupefacente se si pensa erano prodotte usando unicamente della gelatina animale e del carbone ridotto in polvere.
In seguito, la carta carbone conobbe un grande successo e fu sempre considerata come la tecnica di stampa per eccellenza. È stata abbondantemente utilizzata fino agli anni cinquanta, quando ne cessò completamente la produzione industriale. Oggi, qui vuole stampare utilizzando questa tecnica è obbligato a costruire tutto il materiale necessario, e purtroppo la complessità della procedura ne limita la diffusione.
Caratteristiche della stampa al carbone
Le stampe al carbone sono in assoluto le più stabili. Non sono costituite da un deposito metallico, che può essere attaccato o ossidato, ma da un pigmento : semplice polvere di carbone all’origine, tempera o acquarello nell’uso contemporaneo. Questi pigmenti sono in genere derivati da delle terre e sono quindi completamente inerti. La storia della fotografia ha meno di due secoli e le questioni sulla conservazione dell’immagine sul lungo termine restano aperte, però tutti possono ammirare le pitture antiche e addirittura l’arte rupestre, che ha attraversato millenni uscendone incolume. I pigmenti utilizzati nella stampa al carbone sono fabbricati con gli stessi ingredienti impiegati per le pitture nelle grotte preistoriche.
A parte la grande stabilità, le stampe al carbone sono caratterizzate da un’eccellente gamma tonale, molto lunga e ricca, e da una sensazione di presenza e fisicità che le rende uniche. Questo è dovuto a tre ragioni:
- Tutti i grandi stampatori su carta baritata al clorobromuro d’argento sanno che la carta brillante mette in valore le ombre e produce i neri più intensi, ma che allo stesso tempo le alte luci più fini e delicate possono essere ottenute solo su carta opaca. La stampa al carbone è brillante nelle ombre e opaca nelle luci, è quindi possibile ottenere la miglior resa su tutta la gamma tonale dell’immagine.
- La stampa non è costituita da un deposito metallico (argento, platino, etc) che penetra nelle fibre della carta, ma da uno strato di gelatina pigmentata più o meno spesso, fissato sulla carta. Questo aumenta il microcontrasto e da la sensazione che la fotografia “esca” dal foglio.
- La sensazione di presenza tridimensionale è aumentata dal fatto che la superficie della stampa non è liscia : lo strato di gelatina è più spesso nelle ombre e più fine nelle luci. Questa differenza di spessore può superare i 0.3 millimetri ed è dunque percepibile a occhio nudo.
Circa un secolo e mezzo dopo la sua invenzione, tutte queste caratteristiche uniche alla stampa al carbone, ne fanno la tecnica di stampa per eccellenza.
Descrizione tecnica della stampa al carbone
La stampa al carbone è un procedimento lento e complesso che richiede preparazione, dedizione e rigore. In più, visto che tutto è giocato sulla consistenza della gelatina e il suo potere di assorbimento dell’acqua, per ottenere risultati consistenti è necessario controllare temperatura e umidità della camera oscura, insieme alla temperatura, a meno di un grado di differenza, di ogni bagno utilizzato, sapendo che diverse temperature sono necessarie per ogni tappa del procedimento di stampa. La scelta dei materiali è pure molto importante, come i dettagli della procedura seguita.
Nel seguito viene data solo un’introduzione descrittiva della stampa al carbone, il lettore interessato ai dettagli può consultare la bibliografia in fondo alla pagina o partecipare ad un stage di formazione.
Il supporto finale sul quale verrà riportata la stampa si chiama “carta trasporto”. Deve essere preparato, o incollato, con uno strato uniforme di gelatina le cui caratteristiche come spessore, grado bloom (una misura della durezza della gelatina), l’indurimento, etc, sono essenziali per il risultato finale. La soluzione di gelatina utilizzata per l’incollaggio contiene anche formaldeide, che ha la proprietà di disinfettare la materia organica utilizzata nel procedimento, ma soprattutto di indurire lo strato di gelatina. Questo indurimento non è immediato, quindi è necessario incollare la carta almeno qualche giorno prima di passare alla stampa vera e propria.
Nei giorni successivi allora si può iniziare a preparare la “carta tessuto”, ovvero il supporto sul quale si farà colare della gelatina pigmentata, che sarà poi esposta e trasferita sulla carta trasporto.
La scelta del materiale utilizzato come base per la carta tessuto gioca sul risultato finale. La gelatina pigmentata viene preparata mischiando un pigmento con zucchero, glicerina, alcol e naturalmente gelatina, le caratteristiche di quest’ultimo ingrediente, ancora una volta, sono assai importanti per il risultato finale. Tutti gli altri ingredienti, il cui uso è ancora dibattuto, servono a rendere la gelatina elastica, controllare il suo grado di umidità, evitare la formazione di bolle, etc. Questa soluzione di gelatina, preparata con grande cura, viene stesa sul supporto della carta tessuto, in modo di ottenere uno strato uniforme, senza difetti, bolle, depositi di pigmento, etc.
La preparazione della carta tessuto di buona qualità è la parte più difficile della stampa al carbone.
Una volta secca la carta tessuto (24-48 ore), viene sensibilizzata in una soluzione di bicromato d’ammonio (o di potassio), che è il sale sensibile alla luce, e di ammoniaca, che serve a controllare la penetrazione del sale di cromo nello strato di gelatina e le proprietà meccaniche di quest’ultimo. La carta sensibile viene asciugata al buio per un tempo ben determinato e poi esposta per contatto (quindi negativo della stessa dimensione dell’immagine finale) utilizzando una sorgente di luce ultravioletta.
Durante l’esposizione della carta tessuto si procede a bagnare la carta trasporto, perché il trasferimento dell’immagine dall’una all’altra è possibile solo grazie a uno scambio di umidità fra i due strati di gelatina. Una volta che l’esposizione è finita, la carta tessuto viene rapidamente immersa in una bacinella con dell’acqua e piazzata a contatto con la carta trasporto, avendo cura di eliminare tutte le bolle d’aria e ottenere un contatto perfetto fra i due supporti. Questi, una volta tirati fuori dall’acqua, vengono posti sotto una pressa durante un certo tempo.
Si rimettono quindi i due fogli incollati nell’acqua, che questa volta è calda. Dopo un paio di minuti è possibile staccare al carta tessuto dalla carta trasporto ; comincia allora la fase di sviluppo o spoglio. È necessario agitare continuamente le bacinelle al fine di staccare tutta la gelatina che non è stata indurita durante l’esposizione, in questa fase l’immagine comincia finalmente ad apparire. Lo sviluppo è completo una volta che, sospendendo il foglio al di fuori dall’acqua, non si notano più colature di pigmento sul bordo bianco della stampa. Il tempo di spoglio però non può essere prolungato a piacere (salvo utilizzo di acqua più fredda), perché dopo una decina di minuti si possono formare dei gas nella carta, che possono causare il distacco della gelatina o la formazione di microbolle (blistering). Per evitare questi problemi, una volta che è stato ottenuto lo sviluppo corretto, si immerge la stampa in una bacinella di acqua molto fredda, che arresta completamente il processo di spoglio. Si procede allora al lavaggio del foglio e alla pulizia dei bordi bianchi dell’immagine.
Quando la carta è secca si tratta l’immagine in un bagno di metabisulfito di sodio, che elimina ogni traccia residua di bicromato. Dopo un’ultima asciugatura si può procedere alla spuntinatura della stampa.
Tutto questo lungo lavoro sarà allora ricompensato dalle magnifiche qualità della stampa al carbone, una delle più belle tecniche inventate durante tutta la storia della fotografia.
Bibliografia sulla stampa al carbone
Il lettore interessato ad appofondire questi argomenti può leggere lo splendido libro Les procédés au charbon, di Monckhoven, Liébert, Colson, Tranchant, Schneeberger, edizioni Jean Michel Place.
Damiano Bianca ha scritto un’ottimo articolo online: “la stampa al carbone, il mito” da cui sono tratte buona parte delle informazioni utilizzate per scrivere questa pagina. Damiano Bianca organizza anche corsi di stampa al carbone e offre un servizio di stampa al carbone di altissima qualità.
Carlo
ha detto, il 13 Agosto 2010 @ 9:12 am :
Sarebbe interessante conoscere il periodo nel quale è possibile conservere la carta pigmntata non sensibilizzata. Io ho provato ad usarla anche dopo tre settimane dalla preparazione, e sembrava come appena preparata. Sarebbe interessante perché, di solito preparo un chilogrammo di gelatina pigmenata, al posto di usarne una parte e l’altra conservarla in congelatore la userei tutta in una volta sola conservando all’asciutto la carta gia pronta.
Cordiali saluti
Carlo
Fabiano Busdraghi
ha detto, il 13 Agosto 2010 @ 12:03 pm :
Non ho esperienza diretta in merito alla conservazione della carta non sensibilizzata, ma a mio avviso non ci dovrebbero essere grandi problemi, perché in assenza di sali se la gelatina non ammuffisce (ottenzione all’umidità) non dovrebbe esserci nessun altro fattore che possa compromettere la conservazione della carta.
Giuseppe D'Angelo
ha detto, il 19 Maggio 2011 @ 7:37 pm :
Io non ho esperienza nemmeno in una semplicissima camera oscura ma poiché studio architettura il tema del laboratorio del quarto anno è una fondazione per Mimmo Jodice. E’ vero che ho un po’ di dimestichezza con la teoria fotografica e tecnica della camera oscura ma, ad oggi, mi è ancora oscuro il procedimento per il quale io mi trovo, ad un certo punto del processo per la stampa al carbone, un negativo grande quanto la dimensione della stampa ultima.
Me lo sapreste chiarire?
Come faccio ad avere un negativo grande? Qual è il formato negativo più grande a cui posso arrivare? Ma poi, che voi sappiate, Mimmo Jodice può mai stampare con la tecnica tradizionale visto le dimensioni delle sue foto (100×125)?
Troppe domande, chiedo scusa, ma sto perdendo la testa e CameraObscura mi sembra un posto in cui si sa come si fanno le cose.
Fabiano Busdraghi
ha detto, il 19 Maggio 2011 @ 8:55 pm :
Ciao Giuseppe,
il negativo è grande perché le tecniche antiche sono troppo poco sensibili alla luce. Stampare con un’ingranditore non è fattibile, quindi si stampa per contatto. I negativi di grande formato possono essere ottenuti con macchine appunto grande formato, ne esistono che impressionano il 70×100. Oppure posso venire ingranditi, sia analogicamente che digitalmente. In teoria non ci sono limiti alla dimensione massima e si vedono relativaemnte spesso stampe di qualche metro.
In ogni caso ti consiglio di studiare un po’, oltre ai libri specializzati, c’è tantissimo materiale disponibile in rete, basta leggerli.
Buon lavoro
Fab