Tendenze confermate a Paris Photo 2010
Mi sono appena riletto l’articolo dedicato a Paris Photo 2008 e mi sono reso conto che -al contrario di quanto ricordavo- l’anno scorso invece non ho scritto niente, probabilmente complici i mille impegni in cui riesco sempre a ficcarmi. Quest’anno mi sembra invece un bene scrivere di nuovo qualche linea su Paris Photo, uno degli eventi più importanti fra le esposizioni di fotografia non solo a Parigi, ma nel mondo.
Le impressioni di massima sono simili a quelle di un paio di anni fa, ma vale la pena ripeterle. Questo però non deve trarre in inganno, non si deve interpretare questa frase come un certo immobilismo di Paris Photo. Al contrario, ho l’impressione che le tendenze che si iniziavano appena a delineare un paio di anni fa, si sono confermate nel tempo per acquistare sempre più carattere e influenza, insomma, quella che era una vaga impressione adesso è diventata tendenza stabilita. Vale quindi la pena di sottolineare le impressioni di massima riguardo a Paris Photo 2010.
Sempre più estetica a Paris Photo
Primo punto da sottolineare è la bellezza delle opere esposte. Nelle gallerie di Parigi spesso si vedono lavori concettualmente interessanti (ma siamo proprio sicuri che sia sempre il caso?) ma esteticamente deludenti. A Paris Photo per fortuna si vede tanta “bella fotografia” e devo dire che ogni anno la tendenza è sempre più evidente, nel senso che sempre di più le opere esposte e vendute sono esteticamente ottime. Questo vale tanto per le foto antiche che per quelle contemporanee e si spiega probabilmente pensando al fatto che Paris Photo è una specie di supermercato della foto d’arte, una fiera dove l’interesse commerciale è preponderante. Allo stesso tempo sono forse sempre più abituato all’estetica dell’arte contemporanea, non che questo mi porti a trovare tutto indifferentemente bello, ma semmai sono più ricettivo rispetto ad una certa forma di bellezza moderna.
Sempre più getto d’inchiostro a Paris Photo
Le stampe sono globalmente di livello superiore a quelle dell’anno scorso e degli anni precedenti, anche se in certi casi ancora una volta si poteva fare meglio con un piccolo sforzo in più. Le pecche sono sempre le solite: ingrandimenti troppo spinti, file troppo lisci (assenza di grano) e “digitali”, sharpness eccessivo, ritocco grossolano, etc. In ogni caso si tratta per fortuna di una minoranza, il livello globale è decisamente alto -con qualche stampa veramente favolosa- e decisamente meglio degli anni precedenti.
Da quando sono andato per la prima volta a Paris Pohoto, ovvero 5 o 6 anni fa, sono aumentate tantissimo le stampe a getto d’inchiostro rispetto alle lambda ed ai diasec. Il livello medio delle stampe inkjet è incomparabile rispetto a quello di pochi anni fa, ed a mio giudizio ormai è anche nettamente superiore alle stampe lambda e in certi casi anche a quelle analogiche, se non altro per la grandissima varietà di supporti e tecniche che offrono ai fotografi veramente l’imbarazzo della scelta. I diasec, salvo eccezioni, mi piacciono sempre meno, troppi riflessi sull’immagine e effetto troppo “plastico”. La sensazione è che i diasec siano ormai superati un po’, dopo esser stati lo stato dell’arte negli anni 90 e nel primo decennio del nuovo secolo stanno ormai cedendo sempre più spazio ai loro successori: le stampe a getto d’inchiostro.
Sempre meno sesso a Paris Photo
Altre tendenza che si riconferma è l’assenza quasi totale di sesso e pornografia, della quale ho già ampiamente parlato (Si veda per esempio l’autonegazione della pornografia nell’arte contemporanea). A Paris Photo 2010 sono sparite quasi del tutto le già poche opere a contenuto sessuale. Il nudo, sebbene ancora presente, è pure lui un poco in declino, soprattutto il nudo adolescenziale o infantile, vero e proprio tabù dei nostri giorni. L’ironia della sorte è che le gallerie vintage o quelle degli anni 50-70 espongono spesso foto molto più osé delle gallerie d’arte contemporanea! L’unica foto porno che ho visto fra le migliaia di foto esposte a Paris Photo è un piccolo bianco e nero degli anni 60 di Hans Bellmer. Per il resto, praticamente le uniche foto a sfondo sessuale sono qualche flou di Antoine D’Agata o di Eric Rondepierre in cui di fatto di pornografico non resta niente di niente. Anche i nudi in generale sono poco provocatori e iconoclasti, almeno rispetto a quelli che si vedevano anche solo un paio d’anni fa. Tanto per dirne una: quasi niente Araki, Witkins o Serrano, autori maggiori ampiamente presenti a Paris Photo qualche anno fa.
Resta comunque da dire che quest’anno erano quasi completamente assenti anche le allusioni un po’ perbeniste alla pornografia, dove si dichiara di esplorare l’universo del sesso ma in realtà facendo di tutto per nasconderlo. Alla fine che il sesso sia un po’ assente dalla fotografia d’arte contemporanea mi stupisce un po’ ma non mi disturba poi tanto. Quello che mi irrita sono le allusioni politicamente corrette. Quindi quest’anno direi che da questo punto di vista è andata meglio che in passato.
Vecchie conoscenze a Paris Photo
Uno dei fotografi più esposti in assoluto è Michael Wolf. Questa cosa è un po’ stupefacente perché non è che sia un autore conosciutissimo, ma ne sono comunque contento perché le sue foto di palazzi cinesi sono favolose e perché Michael è una persona molto gradevole e simpatica che merita il successo di cui gode attualmente. Le ultime serie di fotografie su google street view e le persone compresse nella metropolitana giapponese non sono malaccio. Peccato in generale per le stampe, a mio giudizio da sempre un po’ deboli tecnicamente.
Il bravo Ruud Van Empel (già intervistato su Camera Obscura) è riuscito a reinventarsi restando comunque perfettamente all’interno del suo stile e della tematica che esplora ormai da anni. Stampa gigantesca impeccabile e immagine molto piacevole.
Erwin Olaf e Vee Speers, da sempre fra i miei fotografi preferiti a Paris Photo, si riconfermano come due grandi nomi della fotografia. Su Erwin Olaf non scriverò niente per non dire banalità, ma le sue foto à mezza via fra moda e depressione sono veramente stupende. Tecnicamente, tanto per la foto in sé che per la stampa, fra le migliori in assoluto di Paris Photo e più in generale di tutte quelle viste in giro negli ultimi anni. L’ultima serie di Vee Speers, pur essendo ben realizzata e intesa, invece è troppo kitch per i miei gusti e mi piace veramente meno dei suoi lavori precedenti. Peccato! Anche la nuova serie di Edward Burtynsky è deludente, nettamente inferiore alle splendide foto degli ultimi anni.
I migliori a Paris Photo
Il mio fotografo preferito in assoluto a Paris Photo 2010 è Nadav Kander. Conoscevo già i suoi lavori avendoli visti diverse volte su internet, ma dal vivo è tutta un’altra cosa. La serie di fotografie scattate seguendo il fiume giallo in Cina è veramente ottima.
Splendide atmosfere un po’ tristi e malinconiche, lavoro a metà strada fra il reportage e la fotografia personale. Scatti modernissimi tanto per i contenuti che per le inquadrature ma esteticamente apprezzabilissimi. Stampe perfette, senza il minimo difetto. Insomma, solo superlativi per Nadav Kander, secondo il sottoscritto miglior fotografo a Paris Photo 2010.
Squisiti anche gli orizzonti di Sze Tsung Leong, che è stato di recente al centro di una storia di plagio o più in generale di similitudini nel mondo dell’arte1.
Edgar Martins è un fotografo che conoscevo già, ma i suoi lavori precedenti non mi entusiasmavano molto. L’ultima serie invece è veramente notevole. Si tratta di foto notturne scattate in una riproduzione di città a dimensioni reali (tipo il set di un film) costruita per l’addestramento delle forze dell’ordine. Nelle foto si oscilla continuamente fra impressione di reale e irreale, tanto che mi chiedevo se non si trattasse di collages fatti al computer, e quello che è geniale è proprio il rimettere in discussione la pratica fotografica e la rappresentazione dal vero.
Naoya Hatakeyama ha realizzato una serie di fotografie notturne in bianco e nero di luoghi moderni illuminati al neon. Le fotografie per inquadratura, realizzazione, dimensioni etc sono abbastanza classiche, dei piccoli bianchi e nero analogici montati dietro un passprtout. Quello che cambia è che le stampe sono fatte si in camera oscura, ma su un materiale traslucido con una piccola scatola luminosa nascosta dietro la stampa. Il risultato è che i neon sembrano emettere veramente luce. Una splendida associazione di nuovo e antico, tradizionale e innovativo, assolutamente spiazzante.
La particolarità delle fotografie di Adam Magyar è che sono realizzate registrando in continuo l’informazione che passa su una banda di un pixel. Praticamente le immagini sono un modo per registrare il movimento (solo gli oggetti che si muovono sono visibili) e il tempo, che viene “spalmato” orizzontalmente sulla fotografia. Quello che è entusiasmante è pensare che le persone ritratte non si sono mai trovate nella configurazione rappresentata. Ottimo lavoro! La nuova serie sui treni, realizzata nello stesso modo, mi piace molto perché è più pulita dal punto di vista formale, ma è un peccato che -se non si sa come le fotografie sono state realizzate- l’immagine in sé è meno intrigante delle foto dei passanti.
- Alcune foto di David Burdeny effettivamente non solo sono estremamente simili a quelle di Sze Tsung Leong ma sono state scattate esattamente dalla stessa posizione. [↩]
Giorgio Di Noto
ha detto, il 8 Dicembre 2010 @ 3:06 am :
Ciao Fabiano, sono stato a Paris Photo anch’io e sono completamente d’accordo con il tuo articolo. Kander ha colpito tantissimo anche me, tanto che mi è arrivato appena ora il suo libro che se non hai ti consiglio, è mlto bello.
Le architetture di Hatakeyama anche stupende. A presto e complimenti ancora per il blog e gli articoli.
Giorgio
Fabiano Busdraghi
ha detto, il 9 Dicembre 2010 @ 10:27 pm :
Ciao Giorgio,
mi fa piacere che condividi le mie impressioni, peccato che non ci siamo visti! Sarà per il prossimo anno…