Fratelli Alinari
© Fratelli Alinari

Ancora una volta l’unico momento di interazione fra luce e materiale sensibile è durante l’esposizione all’ingranditore. Il resto è pura e semplice chimica. Il parallelo con l’esempio della stampa alle polveri non potrebbe essere più lampante. In entrambi i casi è un intervento esterno che produce l’immagine, altrimenti questa è solamente latente. Uno strato di gomma arabica più o meno appiccicoso senza nessuna immagine e un foglio di carta baritata completamente bianco, esposto ma non sviluppato. Sono queste, e praticamente solo queste le vere fotografie!

Naturalmente per quanto riguarda i negativi vale la stessa cosa, visto che di fatto quello che si fa con l’ingranditore in camera oscura è fare una foto di un negativo. Anche le pellicole hanno bisogno infatti di essere sviluppate, e anche in questo caso l’azione è puramente chimica, assolutamente senza alcun intervento della luce. Ne consegue che, se vogliamo essere razionali e logici e seguire la definizione data in modo ragionevole, le sole vere fotografie sono i nostri negativi esposti ma non sviluppati, fotografie che nemmeno possiamo guardare. Bel guadagno abbiamo fatto con la nostra definizione di vera fotografia!

Mathew Brady
Abraham Lincoln
© Mathew Brady

Per amor del vero e questioni di completezza devo citare il fatto che esistono delle “vere fotografie” che possono essere viste, delle fotogafie che non hanno bisogno di sviluppo. Un’altra possibile classificazione delle tecniche di stampa è quella che le distingue fra a sviluppo e ad annerimento diretto. La comune carta al bromuro d’argento è a sviluppo, come per esempio la gomma bicromata, il platino, il carbone, il collodio umido. Altre tecniche però sono ad annerimento diretto, come ad esempio la carta salata, l’albumina, il “platino umido”, il Van Dyke Brown. Queste ultime tecniche sono sensibili agli ultravioletti, quindi, anche se non hanno bisogno di sviluppo, vanno fissate se vogliono essere ammirate alla luce del sole. Se vogliamo evitare di fissarle, visto che questo, seguendo la nostra logica di definizioni, le trasformerebbe in non-foto, possiamo comunque vederle sotto una tenue luce gialla. Eccole, le nostre uniche vere foto! Negativi alla carta salata tenuti al buio e osservati, prima che spariscano del tutto, ad una tenue luce gialla!

Nel prossimo articolo ci sarà modo di tirare le conclusioni su questa ricerca di una definizione univoca che stabilisca cosa sia e cosa non sia fotografia. Per ora limitiamoci a sottolineare il fatto che, volendo utilizzare la luce come discriminante, da una parte quasi qualunque cosa che ci circondi appartiene alla categoria di fotografia, dall’altra parte, allo stesso tempo, la maggioranza quasi assoluta di quelle che sono considerate fotografie invece non lo sono.

Se questo non è assurdo…

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