Intervista a Massimo Attardi
Massimo Attardi è un’artista che fa un uso assolutamente personale e iconoclastico della stampa alla gomma bicromata. Nel panorama spesso conformista delle tecniche antiche di stampa il suo lavoro è una vera e propria ventata di freschezza. Una tecnica classica come la gomma, ampiamente sfruttata durante decenni, viene infatti reinventata e messa a servizio di reali esigenze espressive, dando vita al personale e inconfondibile mondo visivo di Massimo Attardi.
È quindi stato per me un grande piacere quando Massimo Attardi ha accettato di essere intervistato e pubblicare alcune sue fotografie recenti su Camera Obscura.
Fabiano Busdraghi: A qualche anno dall’avvento della fotografia digitale c’è stato un marcato riguadagno di interesse per la fotografia analogica e soprattutto per le tecniche antiche ed alternative. Al di là della resa e del risultato, alcune analisi critiche attribuiscono questo fatto al recupero della lentezza del mezzo espressivo, un po’ come per la fotografia stenopeica, che controbilancia la frenetica fotografia commerciale al millesimo di secondo.
Massimo Attardi: Non sono d’accordo con questo tipo di pensiero, la lentezza di per sé non è assolutamente sinonimo di qualità.
Il mezzo espressivo (in questo caso la stampa alla gomma bicromata) è lento di per sé, è la sua caratteristica, e non è modificabile. Se fosse, casualmente, una tecnica molto rapida, mantenendo però al tempo stesso i risultati ottenibili, sarebbe forse per questo meno valida?
La fotografia stenopeica è poco più di una curiosità ormai. L’unico che io conosca, che ha portato la foto stenopeica allo stato dell’arte pura, è Paolo Gioli, per il resto… nulla! Trovo inoltre che la foto (la macchinetta fotografica?) commerciale che arriva all’otto millesimo di secondo, è un allargamento fantastico e ha possibilità creative maggiori.
Se poi vogliamo la lentezza… c’è sempre la posa B, e qualche volta anche la posa T. Il tappo di lamierino sull’obbiettivo, buchino microscopico… e via!
FB: Sono d’accordo con te sulla lentezza, anche se certi lavori di Stephen Eckel, Marta Casanave, Abelardo Morrell (giusto per citarne qualche autore che lavora col foro) mi piacciono molto. Credo anche io che l’evoluzione tecnica della fotografia sia al servizio della nostra creatività, e sono contento di avere a disposizione tutti gli strumenti della modernità. Anzi, a volte una caratteristica che mi infastidisce di molte tecniche alternative che pratico è proprio la loro lentezza!
Ma torniamo alle ragioni che sono dietro alla tua scelta di usare le tecniche antiche. Alcuni autori sottolineano l’unicità e l’irrepetibilità dell’opera; oppure la componente originale e personale contrapposta all’omologazione che deriva dall’utilizzo di strumenti fabbricati in serie, quali le carte industriali. Per quanto mi riguarda non si tratta nemmeno di questo, il vero motivo è soprattutto un riappropriarsi di un contatto con la realtà, l’interazione diretta con i materiali, le sensazioni sulla pelle, il piacere di usare le mani per costruire un’immagine. Qual’è invece per te la motivazione principale che ti spinge ad utilizzare la gomma bicromata come tecnica di stampa?
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