Le città immaginarie di Giacomo Costa
Fabiano Busdraghi: Il fotomontaggio e le manipolazioni delle immagini sono nate con la fotografia. Lo stesso giorno però è nata anche la diatriba che tutt’oggi divide in due schieramenti i critici, i filosofi e gli stessi fotografi. Banalizzando una situazione estremamente complessa si può che da una parte c’è chi vede la fotografia come riproduzione della realtà, e agli estremi, afferma che ogni intervento esterno rende l’immagine non fotografica. Dall’altra chi vede la fotografia come espressione personale, con agli estremi chi dice che senza interventi esterni la fotografia non può essere un’opera d’arte. E poi tutti i pareri più o meno lucidi o confusi che stanno nel mezzo.
Personalmente penso che la fotografia possa abbracciare tanto un aspetto quanto l’altro, e che fotografi di entrambe le correnti di pensiero abbiano prodotto splendide immagini. Ancora oggi però ci sono forti resistenze e prese di posizione rigide, soprattutto dalla parte di chi vede la fotografia come una riproduzione fedele della realtà.
Cosa pensi di questa divisone dicotomica della fotografia?
Giacomo Costa: A questa domanda ho precedentemente in parte risposto, ma visto che il tema sta particolarmente a cuore adesso cercherò di approfondire ulteriormente.
La fotografia è per forza di cosa una interpretazione della realtà del tutto irreale. Io di solito, eccetto quando sono molto sbronzo, la realtà la vedo a colori e questo già rende abbastanza surreale tutta la fotografia in bianco e nero. Di solito sento rumori, suoni, profumi, temperature, vento, movimento, che non mi capita spesso di vedere/sentire in una foto! Poi mi capita di percepire che la realtà sia tridimensionale e che il mondo difficilmente possa stare in un foglio di carta!
Queste rozze valutazioni già mi rendono difficile pensare che la fotografia sia una riproduzione oggettiva e non manipolata della realtà e stare a discutere su quanto possa o debba essere la quantità di manipolazione accettabile mi sembra veramente un ragionamento un po’ superato.
Quello che invece è attuale e forse rappresenta la parte vincente della fotografia, è proprio l’alone di verità assoluta che la fotografia intrinsecamente ha. La foto è comunemente usata e pensata come un prova certa, un documento incontestabile e inconfutabile pur sapendo bene che il fotomontaggio, come dicevi tu, è sempre esistito fin dalle origini. Tuttavia l’immagine stampata colpisce dritta al cuore e al cervello lo spettatore che, incantato, accetta l’inganno. Questo approccio permette al fotografo di guidare abilmente i sentimenti dello spettatore attraverso un costante lavoro di manipolazione, scegliendo un’inquadratura invece di un’altra, determinando il contrasto, la messa a fuoco, creando quindi un’immagine che alla fine è totalmente filtrata anche se rappresenta qualcosa che in quel momento davvero era lì davanti all’obbiettivo. Negare questo o fare delle classifiche di quantità di realtà o di manipolazione mi sembra poco interessante.
Tuttavia sono molto contento che ci siano tanti che credono che la fotografia debba essere specchio della realtà perché questo alimenta un senso comune che poi permette a me di ingannare, mentire ed affascinare il pubblico!
Fabiano Busdraghi: Le tue parole mi rendono estremamente contento. Come forse sai sto scrivendo un libriccino per Camera Oscura intitolato fotografia e verità, dove le conclusioni sono praticamente quelle che hai appena scritto! La cosa che mi piace particolarmente e che mi fa sorridere è questo tuo approccio un po’ canzonatorio. Non solo per te questo discorso è superato, ma lo sfrutti per ammaliare gli spettatori che ancora ci credono. Grottescamente geniale!
A proposito del pubblico, come vengono accolti allora i tuoi lavori? Ti capita spesso di sentirti dire che assolutamente non sono fotografie ma “altro”?
Giacomo Costa: In generale io sono il primo a dire che le mie immagini sono altro e sarebbe difficile sostenere che siano fotografie rispetto a quel comune modo di vedere la fotografia. Di solito dico di “dipingere in qualità fotografica”, uso la fotografia come mezzo e non come fine. Altero arbitrariamente il mondo e non mi curo di rispettare la realtà. Faccio quindi altro se pensi a Salgado, la stessa cosa se pensi a Man Ray.
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