Refinery flock di Massimo Cristaldi
Fabiano Busdraghi: Nella tua serie sulla raffineria l’impatto estetico è evidente, ma quello concettuale è ugualmente importante. Nella fotografia artistica contemporanea spesso il lato concettuale è preponderante su quello estetico, mentre nella fotografia editoriale è l’inverso. Naturalmente è una semplificazione, ma tu dove ti poni fra questi due poli opposti? Quanto è importante l’idea e quanto la bellezza?
Massimo Cristaldi: Credo che Refinery Flock si ponga a cavallo tra l’impatto estetico e concettuale, tra la serie “fine art” e la fotografia editoriale. Alcune delle foto in cui oltre agli uccelli ci sono le ciminiere sarebbero perfette per un articolo sul global warming. Francesco Zizola ed Edward Rozzo che, in due diversi momenti, hanno visto il progetto ne hanno riconosciuto un piglio più editoriale che fine art. Come probabilmente l’ottanta percento delle cose che faccio. Ti dirò che probabilmente per me l’aspetto estetico è preponderante. Molta fotografia artistica moderna è di difficile comprensione in quanto troppo concettuale. Ovviamente semplifico anch’io perché sarebbe un discorso lungo ed articolato. Qui in Sicilia (che è il mio soggetto principale) tutto è troppo “estremo” per non trasmettere bellezza, per essere semplicemente “implicito”. Diciamo che la bellezza è preponderante, eppure può anche trasportare concetti, non trovi?
Fabiano Busdraghi: Ti occupi personalmente delle tue stampe. Cosa ti ha spinto a questa scelta? Che materiali usi e perché?
Massimo Cristaldi: Semplicemente voglio fare tutto, dall’idea allo scatto dall’editing, alla stampa. Perché il lavoro prende corpo solo quando è stampato e finito da me. Tanto da digitale che da argentico 6×6 tutto finisce in un trattamento in camera chiara e in una stampa digitale che faccio personalmente, su carta generalmente Hahnemuele, con una Epson 3800 o con una HP Z2100. La mia competenza informatica è stata fondamentale per ottenere risultati eccellenti nella stampa digitale. Sono convinto che la stampa digitale con i suoi standard di durata sia, per certi versi, la vera rivoluzione degli ultimi anni, più che le fotocamere digitali. E mi piace quest’aspetto paradossalmente artigianale in chiave contemporanea della fotografia. Oggi tutto si può, di nuovo, fare tutto da soli.
Fabiano Busdraghi: Hai delle riviste e blog di fotografia preferiti? Secondo te possono sostituire la diffusione delle immagini nei circuiti classici?
Massimo Cristaldi: Sul mio Google Reader ho circa 130 sottoscrizioni a blog di fotografia, organizzati in tecnica, arte e con un settore, piccolo piccolo, di blog italiani. Trovo molto equilibrato Exposure Compensation, interessante A Photo Editor e un po’ antipatico il blog santone Colberg. Purtroppo tutti troppo americani. Spunti e tematiche a noi effettivamente un po’ lontani. I blog tecnici mi hanno stancato, così come in forum di fotografia dove si parla solo di attrezzi, lenti e risoluzione piuttosto che di fotografia in quanto tale. La diffusione delle informazioni in rete è ormai una realtà e per la diffusione delle fotografie apprezzo molto gli sforzi fatti da alcuni siti come File Magazine o, in italia, Witness. Certamente la Rete consente una diffusione di immagini inimmaginabile ma, a mio avviso, la fotografia non va fruita attraverso un monitor a 800×600 punti, ma stampata e possibilmente, correttamente illuminata ed esposta. Di sicuro il digitale ha avvicinato tanti alla fotografia ma le foto sono oggetti materiali, non immagini virtuali. Sono fatte per restare non per essere consumante a 100 click al minuto. Richiedono riflessione, non sono come i film. Internet a mio avviso non è il modo migliore per godere della fotografia ma sicuramente per esserne informati e probabilmente, in certi casi, stimolati.
Fabiano Busdraghi: Te stesso sei autore di un blog di fotografia. Cosa ti spinge a scrivere? Scattare e scrivere sono due attività complementari o secondo te opposte?
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