Mïrka and the insect, by Gilles Berquet
The pictures of Gilles Berquet are a trip into the obscure world of the eroticism, without forgetting sadomasochism, bondage, pissing, strange machines and perversions. In general, I do like all of them and I do not have any kind of prejudice or refusal towards porn pictures. I do appreciate those who explore their ghosts and their own perversions, offering them to the world. But the majority of his images, from the photographic point of view, don’t strike me in a particular manner. In some cases I can’t see further than a woman with her leg open and a jet of pee flying into the air.
One year ago anyway, I was looking at his portfolio in a gallery, amazing minuscule black and white prints, I’d say 6×10 cm or 10×15 cm maximum, on a big page. Traditional prints, fascinating me with their perfect analogical black and white, produced with mastery and some nostalgic and retro taste.
I particularly love little prints. Giant pictures are always of impact, but also the tiny ones, when presented on a big paper that gives air and space to the image, are amazing. The visual perception goes on another plan and you must near the image, to look at it close. It feels like you keep something precious between your hands, a little jewel. Technically, prints that haven’t been enlarged keep some of the beauty that contact prints have, that softness and richness of tones, little details that make antique pictures fascinating.
Between the images of Gilles Berquet portfolio, one suddenly stroke me for its elegant composition and the intensity of the model’s eye. It’s a picture without title of 2000 that represent Mïrka Lugosi, the lover and muse of Gilles Berquet, with a black bug on the hand.
I suddenly fell in love with the whiteness of her skin over a black and confused background, the hand in the foreground and the body almost out-of-focus, behind the black bug walking on the woman fingers, as dark as her black-painted nails. But most of all it is her face, her expression that make the shot intense and unforgettable. It is her bob haircut, her strong make-up, her black lips. Her wrinkles at the borders of her mouth, as she would be a witch, her cruel and angry look. Terrible, intense and upsetting. Absolute power of the darkness, a concert of malignity and perversion.
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Claudio
said, December 8, 2008 @ 11:02 AM :
Nella mia opera casuale di scoperta di questo tuo mondo sono giunto qua. Il mio modo di godere di questa foto è molto simile al tuo, l’insieme della foto è molto elegante ed equilibrato, ma ciò che crea la tensione è concentrato quasi esclusivamente nello sguardo di Mirka. Da un momento all’altro l’insetto potrebbe essere schiacciato in un colpo crudele e sadico o lasciato andare via ancora più sadicamente, quasi a dire “vivi perché io te lo concedo”. Come se qualcosa avesse distratto Mirka e noi attendessimo che la sua concentrazione torni sull’insetto, un po’ timorosi dello sviluppo possibile. Ma al di là della foto, che ti ringrazio per avermi fatto conoscere, mi è piaciuto molto un tuo discorso che cito pari pari:
Il modo in cui una fotografia (ma generalmente un’opera) viene proposta è importantissimo. Trovo delizioso il paragone con il piccolo gioiello, è una cosa alla quale non avevo mai riflettuto, forse perché non mi si è mai presentato direttamente il problema, eppure nella smodata ricerca dei megapixel e dell’impatto notevole di stampe giganti, l’intensità di una foto piccola risalta enormemente. Non ho visto questa foto “dal vivo”, ma solo tramite la tua segnalazione, eppure non riesco a non pensarla esattamente come l’hai descritta, piccola, immersa nel bianco, come un anello che si porge alla promessa sposa.
Fabiano Busdraghi
said, December 8, 2008 @ 3:40 PM :
Effettivamente la dimensione dell’immagine è un problema a cui sono spesso confrontato. Su Camera Obscura sono presenti numerosi articoli che spiegano come ingrandire tantissimo delle foto, e altri, come questo, in cui al contrario si esalta il piccolo formato.
Un po’ come in tutte le cose non mi piacciono le mezze misure, o stampo grandissimo o stampo piccolo piccolo, 11×11cm, anche meno. L’amore per le piccole stampe è nato praticando le tecniche antiche di stampa, che all’inizio erano la vera motivazione di questo blog. Un po’ il costo del platino, un po’ le difficoltà crescenti che si incontrano via via che si stampa più grande, un po’ la possibilità di stampare i negativi analogici per contatto, un po’ il gusto della stampa piccola, precissima e curata. Quando si lavora con le tecniche antiche si tratta davvero di piccoli gioielli, da conservare con cura. Si riscopre il piacere dell’oggetto da tenere fra le mani, la voglia di guardare da vicino, di concentrarsi nell’osservare.
A parte quello che è il mio gusto e il mio modo di operare comunque di esempi di gente che decide di stampare molto piccolo se ne trovano a decine. Ne citerò solo uno, sconosciuto. Un mio caro amico, che risponde al nome di Adrien Arles, una volta si costruì una scatolina stenopeica tagliando uno di quei cilindretti neri dove si mettono le pellicole analogiche. Il risultato erano delle bellissime, minuscole fotografie rotonde. Direi che non dovevano superare il centimetro di diametro, ma questi piccoli cerchietti neri incollati al centro di un foglio 20×30cm di una bella carta da acquarelli facevano proprio la loro porca figura!
Come al solito in fotografia non ci sono regole, l’esplorazione delle dimensioni possibili di stampa è solo un’altro strumento al servizio di ciò che vogliamo dire e di come lo vogliamo dire. Viva il piccolo, viva il grande, e per una volta dico pure viva quello che sta in mezzo!