Una delle ragioni che mi stimolano a continuare a scrivere questo blog è che periodicamente incontro di persona uno dei fotografi con sui sono entrato in contatto grazie appunto a Camera Obscura. Questa volta si tratta di Zhang Xiao (张晓) -l’autore di They- nonché recente vincitore dell’edizione 2011 del premio HSBC per la fotografia contemporanea.
Un paio di settimane fa Zhang Xiao mi scrive una mail, dicendomi che sarà a Parigi per qualche giorno e che gli farebbe piacere venire a rendermi visita. Gli rispondo invitandolo direttamente a cena il giorno seguente. A molte persone può sembrare un po’ avventato invitare a casa propria uno sconosciuto con cui si è scambiato solo qualche mail su internet, ma è una modalità che ho già sperimentato con successo in passato, per esempio è proprio cosi che -appena arrivato a Napoli- ho conosciuto i due fotografi Marcello Merenda e Giorgio Cossu, in seguito diventati ottimi amici che frequento ancora con una certa regolarità.
Invito quindi Zhang Xiao e la sua ragazza per le 18, giusto per fargli una piccola cortesia, visto che i cinesi spesso si mettono a tavola molto presto e sono sorpresi degli orari degli occidentali. Invece i due arrivano con un’ora e mezzo di ritardo, scusandosi mille volte perché non riuscivano a trovare il posto. Poco male, ho avuto il tempo per preparare tutto alla perfezione e sbrigare qualche faccenda in sospeso.
Zhang Xiao ha 30 anni, la corporatura robusta e appena abbondante di chi ama mangiare e non fa moltissimo sport. Il viso rotondo e gentile, gli occhi stretti come fessure e un pizzo folto come la barba di un europeo, cosa abbastanza rara per un asiatico. Abbigliamento giovane e molto casual: pantalonacci neri, una felpa dello stesso colore e una macchinetta di plastica appesa al collo. La sua ragazza è invece fine e minuta come molte cinesi, capelli raccolti dietro la testa, smalto rossissimo sulle unghie anche se nel complesso non è assolutamente una fashion victim come moltissime asiatiche che ho incontrato nel corso degli ultimi anni.
Ci mettiamo subito a tavola, menu 100% italiano: antipasto con il prosciutto fatto in casa dal babbo e giallarelli sott’olio del Poggio, pennette melanzane pomodoro e pancetta (belle piccati ma tanto abitano tutti e due nel Sichuan quindi sono abituati a cibi infinitamente più piccanti), frittata di cipolle con un pizzico di pepe, insalata verde di contorno e frutta per finire. All’inizio la conversazione stenta un pelo a decollare, forse perché non sanno di preciso cosa dire. Mi lancio allora in lunghe spiegazioni sulle abitudini culinarie italiane e le differenze con quelle cinesi, gli racconto del mio lavoro e gli chiedo del loro, quando sono stato a Taiwan e se loro sono già venuti in Europa. Poco a poco l’atmosfera si distende e scopro che forse si trattava solo di un po’ di timidezza, o forse di un certo riserbo. Tengo a precisare che la conversazione si svolge esclusivamente in cinese, perché nessuno di loro due parla inglese se non qualche rara parola pronunciata fra l’altro con un accento che fatico a capire. Purtroppo il mio cinese è un po’ arrugginito, mi son dimenticato un sacco di parole, ma finché si parla del più e del meno è largamente sufficiente. Alla fine, dopo anni di studio noioso, è comunque un piacere aver la possibilità di interloquire con l’altro lato dell’umanità, cosa praticamente preclusa alla maggior parte degli occidentali.
Dopo cena ci spostiamo in camera mia per un tè, dove scoprono tutti contenti il vassoio in legno scolpito che tanto mi ha fatto penare quando l’ho riportato da Taiwan. La fidanzata di Zhang Xiao trova anche il Zhuangzi -l’edizione in testo classico con a fronte la traduzione in cinese contemporaneo- e si immerge nella lettura mentre Zhang Xiao mi mostra le sue fotografie. Si è portato dietro quattro libri, uno per ogni serie di lavori, compresa l’ultima, Coastline, che non conoscevo per niente. I libri sono relativamente spartani, un’unica foto orizzontale per pagina, solo fronte, aspetto quasi da fotocopia a colori, copertina monocolore, rilegatura stile dispensa universitaria. Ma la qualità mi sembra discreta. Zhang Xiao in realtà si lamenta della resa non perfetta dei colori, ma il risultato è comunque più che accettabile. Devo dire che si tratta di un bel modo ordinato e pulito per portarsi dietro il proprio lavoro ed è veramente piacevole sfogliare un libro, invece del casino delle scatole e delle stampe su fogli sciolti, bisogna che ci pensi. Il tutto per 10-15 euro a libro e Xhang Xiao mi spiega che il più grande vantaggio è che la ditta che li vende è velocissima, te lo stampano e rilegano in pochissimo tempo. Quasi quasi vado in Cina a farmi stampare il portfolio…
Coastline è un lavoro stupendo. Scopro che Zhang Xiao, durante gli ultimi due anni, ha percorso lunghi tratti della costa della Cina, una zona relativamente poco fotografata tanto dai cinesi che dai fotografi occidentali. Di solito a piedi, camminando lungamente e fotografando luoghi, paesaggi, persone, scene di vita che per caso han finito per trovarsi sui suoi passi. Le fotografie sono vagamente malinconiche e a tratti quasi tristi, molto poetiche e nostalgiche, ma allo stesso tempo oggettive e distaccate come vuole la fotografia contemporanea. Obiettivo normale o grandangolare, sempre una certa distanza fra il fotografo e i luoghi o i personaggi ritratti. Questi ultimi sempre sconosciuti, le storie che si intravedono spesso nelle foto sono solo frammenti brevissimi di queste, e completamente estranee all’autore. Lo stesso Zhang Xiao spesso non ha idea di cosa stessero facendo le persone ritratte, si possono fare solo congetture. Di volta in volta un pizzico di ironia, uno scorcio inconsueto, una scena incongruente, una situazione vagamente surreale. C’è dentro un po’ di tutto, ed ecco che piano piano, pagina dopo pagina, foto dopo foto, viene fuori un ritratto collettivo e corale di questo grande paese di cui tutti parlano ma che nessuno alla fine conosce. Ciò che è bello e toccante è che si tratta veramente della gente, della vita comune. Niente fabbriche ed eserciti di operai, niente palazzi infiniti e alienanti al posto delle case tradizionali, niente miseria delle campagne e tutti gli altri temi “caldi” della Cina contemporanea. Solo la gente normale, il ritratto umano, ecco, della Cina e dei Cinesi. Le fotografie sono splendide, ma in realtà spesso molto semplici, quasi banali, eppure la serie è coerente e strutturata, nella semplicità è comunque evidente la sensibilità e il bellissimo occhio di Zhang Xiao, grazie al quale riesce a scoprire lo straordinario nell’ordinario. Il risultato è una vera e propria costruzione della memoria collettiva, fotografie che fra cinquanta o cent’anni potranno raccontare la Cina di oggi. I colori, infine, sono semplicemente stupendi, mi ricordano un po’, forse grazie alla foschia che rende quasi sempre opaco il cielo, i bellissimi colori di Nadav Kander. Colori grigi, slavati, piatti, eppure le foto sono allo stesso tempo luminosissime e contrastate. Niente bianchi, pochissime ombre e per niente scure, immagini morbide ma che allo stesso tempo hanno un grandissimo rilievo. Insomma, Coastline di Zhang Xiao è una serie di fotografie veramente bellissima e devo ammettere che ho provato più che un pizzico di invidia.
Gli altri tre libri, ovvero i lavori precedenti di Xhang Xiao, sono anch’essi molto belli, soprattutto They, ma a mio parere con Coastline ha fatto davvero un salto in alto, in tutti i sensi. Gli chiedo come riesce a conciliare il lavoro di fotografo professionale per un giornale con quello più personale e artistico. Allora Xhang Xiao mi racconta di aver abbandonato il lavoro di fotoreporter, che per il momento fa solo foto per se.
-Per adesso funziona, in futuro non so. Spero di si. Non sono per niente ricco, ma non importa, quello che conta sono le foto.
Sono contentissimo di sentirglielo dire, è praticamente il primo cinese fra le decine o forse centinaia che ho incontrato che tiene propositi di questo genere. Di solito mi sento rispondere proprio il contrario, cosa che mi ha rattristito al punto di aver quasi rinunciato ad imparare il cinese un po’ anche per questo.
Nei giorni seguenti ci vediamo spesso, quasi quotidianamente. Visitiamo un po’ di gallerie insieme, assisto ad un’intervista per photographie.com, li invito ad una festa a casa di amici dove gli presento un paio di galleristi e di nuovo a pranzo a casa mia. Quando alla fine della settimana ripartono per la Cina mi dispiace un po’ se penso che non ci rivedremo per chissà quanto tempo e mi rendo conto che alla fine ho due nuovi amici.
fab, leggo questo tuo ultimo post con un pizzico di nostalgia, ricordando le nostre cene sul tuo terrazzo con vista (meravigliosa) su Napoli.
il progetto coastline mi affascina e tra l’altro, come già saprai, è anche un mio vecchio progetto, mai portato a termine (che tra l’altro si chiama nello stesso modo, “Linea di costa”). un ulteriore stimolo a proseguire.
nonostante la distanza ed i lunghi silenzi, ti sento ancora vicino, e nn è un caso che il fotografo di parisphoto che mi ha colpito di più sia, come te, nadav kander, un artista davvero eccezionale.
spero di vederti presto, o quantomeno di avere tue notizie.
un abbraccio,
mm
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