Raffaello Di Lorenzo
Abbraccio, Corpografie.
© Raffaello Di Lorenzo

Le fotografie di Raffaello Di Lorenzo, sia quando l’obiettivo è rivolto direttamente su sé stesso, che quando documenta la malattia dei suoi cari, sono sempre un’esplorazione esplicita del proprio io, di quello che costituisce il proprio mondo visivo, il proprio orizzonte. Sono un autoritratto in senso lato di sé stesso.

Fotografie alla ricerca di conoscenza e interiorizzazione di quelle che sono le esperienze dell’autore, non rifiutano di guardare in faccia dolore e disperazione. Fotografie a tratti inquietanti, buie, senza via d’uscita. Frammenti di un corpo che emerge dall’ombra, scuro e contrastato, con un sapore antico e fuori dal tempo. La sofferenza di una malattia che strappa i tuoi ricordi, la tua mente, le persone che ti sono vicine, senza lasciare niente dietro di sé.

Ecco un’intervista a proposito della ricerca visiva di Raffaello Di Lorenzo e dei suoi metodi di lavoro.

 

Raffaello Di Lorenzo
Artiglio, Corpografie.
© Raffaello Di Lorenzo

Fabiano Busdraghi: Che cosa rappresenta per te la fotografia?

Raffaello Di Lorenzo: Una terapia ma anche un gioco con tutte le sfumature all’interno. Mi permette di esprimermi in modo naturale, conoscere me stesso e ciò che mi circonda, è la mia mappa del mondo. È la conferma che siamo circondati dalla bellezza, basta cercarla e mostrarla.

 

Fabiano Busdraghi: Come hai iniziato a fotografare? Qual’è la tua storia di fotografo?

Raffaello Di Lorenzo: A dire il vero la prima volta che ho iniziato a fotografare è stato quando sono stato a Roma, ero ancora un ragazzino. Avevo la macchina del mio babbo tutta manuale e il bugiardino delle pellicole che ti indicano la coppia tempo-diaframma a seconda delle condizioni metereologiche. Beh mi sono detto: “chi se ne frega faccio a modo mio, vedrai che foto alternative verranno fuori”… non so se era più imbarazzato il fotografo o io quando mi ha consegnato le uniche 3 stampe che è riuscito a tirar fuori da un rullino da 36… 3 stampe e anche bruciate… Da quell’esperienza ho capito che per improvvisare bisogna avere delle base tecniche importanti.

Raffaello Di Lorenzo
Croce, Corpografie.
© Raffaello Di Lorenzo

Poi anni fa, come conseguenza di una esperienza emotiva molto intensa ho iniziato a utilizzare la fotografia come strumento di ricerca sul mio corpo e sul mio universo emozionale. Sono nati i primi lavori e le prime mostre. Poi mi fu chiesto di partecipare alla documentazione di una mostra di arte contemporanea e alla compilazione del suo catalogo. Le foto dovevano essere esclusivamente in bianco e nero, iniziai così a occuparmi della stampe bn. E per moltissimo tempo lavorai esclusivamente in bn, in quanto mi permise di avere il massimo controllo sul risultato finale.

 

Fabiano Busdraghi: Immagino che ti riferisci al fatto che, in ambito domestico, solo la fotografia in bianco e nero permetteva di eseguire tutte le tappe personalmente, dallo sviluppo della pellicola alla realizzazione della stampa. Oggi con il digitale è possibile dedicarsi in casa anche al colore. È stato l’avvento del digitale a farti iniziare a lavorare anche con il colore?

Raffaello Di Lorenzo
Nascita, Corpografie.
© Raffaello Di Lorenzo

Mi viene in mente anche un’altra possibile risposta. Hai detto che per moltissimo tempo hai lavorato in bianco e nero per avere il massimo del controllo. Con l’esperienza accumulata dopo tutti questi anni pensi si possa dire che si tende sempre verso uno stato di perfezione totale? Oppure quello del controllo è un’illusione, tanto meglio lasciarsi andare e sfruttare il caso?

Raffaello Di Lorenzo: Si. Grazie al digitale ho potuto ampliare le mie capacità espressive limitate prima solo al bianco e nero. Per il bianco e nero, a parte per stampe più o meno tradizionali, non avevo punti di riferimento con cui scambiare informazioni, conoscenze e con cui sperimentare qui in Valtellina. Alcuni fotogrammi in bianco e nero infatti li ho ripresi elaborandoli in digitale per avvicinarmi maggiormente al tipo di immagine che volevo estrarre.

Il digitale ha democratizzato la fotografia.

Raffaello Di Lorenzo
Spalle, Corpografie.
© Raffaello Di Lorenzo

Cosa intendo? Nel senso che prima la stampa in bianco e nero, per quanto relativamente diffusa, è sempre stata o considerata un’attività elitaria e sicuramente per stampare a certi livelli è necessaria un’esperienza e una dedizione notevole, e anche una grande quantità di tempo e sforzi. Questo faceva si e fa si che chi stampa in camera oscura sia considerato a metà tra un alchimista e un mago. Onestamente vedendo la qualità di certe opere in bianco e nero è così che mi immagino lo stampatore. Il digitale ha accelerato notevolmente la curva di apprendimento. Adesso un ragazzino di 16 anni crea immagini con il fotoritocco che fanno impallidire molto fotografi della vecchia guardia (che poi il contenuto sia assente, beh, questo è ovviamente un altro discorso), cosa che coi processi chimici era altamente improbabile.

Entrambi i processi permettono di avere il massimo controllo del risultato, e qui c’è un pericolo, divenire succubi del processo. Qualsiasi abilità tecnica non può compensare totalmente una mancanza di contenuti. L’immagine, la fotografia, è un testo visivo. La tecnica è la grammatica che veicola il contenuto dell’immagine. La grammatica deve asservire il contenuto. Rimanendo nell’esempio del testo visivo, per esprimere un concetto posso usare un haiku o una ricca prosa d’annunziana. Ma se manca il contenuto quello che ottengo è la famosa frase della “supercazzola” di Tognazzi, riempie la bocca ma quando la senti dici “eh?”. Adams disse “Non c’è niente di peggio dell’immagine esattissima di una idea confusa”.

 

Raffaello Di Lorenzo
Pubertà di Shiele, Corpografie.
© Raffaello Di Lorenzo

Fabiano Busdraghi: Nella serie di fotografie “Corpografie” il soggetto delle foto sei tu stesso, o meglio il tuo corpo. Che cosa ti ha portato a fare questa scelta? Si tratta di un lavoro sul corpo in senso assoluto, e utilizzi te stesso perché sai esattamente quello che vuoi ottenere da ogni immagine, diventando il modello perfetto? Oppure più che un lavoro sul corpo in generale è un’esplorazione di te stesso, di quello che sei?

Raffaello Di Lorenzo: È entrambe. Come dissi prima, in un dato momento ho avuto la necessità di affrontare delle tensioni emotive. La fotografia è stata lo strumento a me più naturale. Non avevo “modelli o modelle” a disposizione, ero appena agli inizi, e soprattutto essendo emozioni interne l’autoscatto era la logica conseguenza.

 

Fabiano Busdraghi: Nelle immagini sono presenti puntini bianchi, peletti, aloni, che rendono le immagini antiche e nostalgiche. Come se tu avessi utilizzato dei negativi senza pulirli prima dell’ingranditore. Allora tutti i “difetti” come la presenza di polvere, pelucchi, graffi, calcare diventa evidente. Puoi spiegarci i perché questa scelta? Che cosa rappresentano per quanto riguarda la percezione dell’immagine questi elementi?

Raffaele Di Lorenzo
Triangolo, Corpografie.
© Raffaello Di Lorenzo

Raffaello Di Lorenzo: Corpografie è nata in analogico. Scelsi una pellicola inadatta per la resa dei ritratti che poi fu scansionata. Nella scansione sporcai deliberatamente la superficie dello scanner.

Perché e cosa significano i pelucchi, graffi ecc? Riguardo a certe scelte stilistiche, in alcuni casi, non sempre una spiegazione razionale risulta esplicita ed evidente. Spesso rappresentano una traccia che si presta a diversi tipi di lettura. D’altronde è evidente che l’autoreferenzialità di una immagine è un grande bluff. Nello specifico l’aver introdotto dello sporco o dei graffi nell’immagine è stata una forma di sabotaggio al solo godimento dell’immagine, un invito ad andare oltre, a porsi delle domande. Alcuni mi hanno addirittura chiesto, offesi, perché non avessi fatto almeno lo sforzo di pulire le fotografie prima di presentarle… questo la dice lunga sulla analfabetizzazione visiva.

 

Raffaello Di Lorenzo
Trapped Dreamers.
© Raffaello Di Lorenzo

Fabiano Busdraghi: Bellissima e ridicola vignetta, mi sarebbe proprio piaciuto essere presente! Certo che questi “elementi esterni” sono così evidenti nell’immagine che faccio fatica a capire come possa una persona non immaginare che sono chiaramente volute dal fotografo… Stendiamo un velo pietoso, mi sa che è meglio, e andiamo avanti con l’intervista.

L’altra serie che ci proponi, Trapped Dreamer, è dedicata a chi è malato di Alzheimer, ed in particolare la tua stessa mamma.

Ho molto apprezzato le foto, il voler mostrare una malattia senza mezzi termini, senza voler nascondere la sofferenza, senza far finta che si tratti solo un vecchietto sorridente e un po’ rimbambito, senza voler -con la scusa di rispettare il malato- scadere nel buonismo. Tu ci mostri la malattia così com’è, nella sua verità siderale e nella tua esperienza diretta con essa. Oltre ad essere una sorta di reportage sulla malattia mi pare che si tratti anche di un racconto intimo di te stesso e di quello che hai vissuto.

Raffaello Di Lorenzo
Trapped Dreamers.
© Raffaello Di Lorenzo

Perché quindi hai deciso di realizzare questa serie? Cosa ti ha spinto? Hai cercato di esorcizzare la malattia, di tirarla fuori? O piuttosto volevi sensibilizzare l’opinione pubblica in proposito, diffondere ciò che ancora in molti ignorano?

Raffaello Di Lorenzo: Come per Corpografie, la serie di fotografie Trapped Dreamers è nata da una pulsione intima, intensa ed esplosiva che avevo bisogno di affrontare e veicolare. Il medium fotografico per me è perfetto. In un certo senso fa da filtro e ti permette di affrontare la situazione sia in modo associato che dissociato. Inizialmente non mi interessano gli altri, sono lavori che nascono per me stesso. Molti hanno bisogno di sfogarsi a parole con qualcuno, io preferisco fotografarlo e poi mostralo. Così creo una valvola di sfogo continuo e no rompo i coglioni a nessuno [risa]. Poi in genere scopro che queste immagini raggiungono direttamente chi le guarda e hanno un significato e un valore molto più ampio rispetto a quello mio personale.

Raffaello Di Lorenzo
Trapped Dreamers.
© Raffaello Di Lorenzo

Mi rendo conto che fa male a molti. Avevo scoperto su flickr un gruppo dove si possono postare foto di malati Alzheimer, ma solo il nonno carino rimbambito. Mi sono sentito offeso perché era una persona che aveva tutta la vita davanti che è stata rubata dalla malattia. Ho postato le mie foto che ovviamente sono sta cancellate. Mi rendo conto che molti non sono attrezzati emotivamente per affrontare certe situazioni, ma credo che mostrare solo le foto del nonno sia pernicioso e fuorviante. L’Alzheimer non è una malattia che distrugge solo il corpo ma soprattutto l’essenza stessa della persona i suoi ricordi. E insieme ai suoi ricordi parte della memoria storica della famiglia.

L’Alzheimer strappa i legami familiari, è odiosa.

 

Raffaello Di Lorenzo
Trapped Dreamers.
© Raffaello Di Lorenzo

Fabiano Busdraghi: Immagino che lavorare con tua madre sia stato emotivamente molto duro. Come hai vissuto quest’esperienza?

Raffaello Di Lorenzo: A tappe. Non è stato difficile fotografare è difficile andare in quel posto e vedere un tuo caro in quella situazione, che poi fotografi o meno a me non cambiava nulla, è stato difficile elaborarle, prenderne coscienza e dare forma al dolore. Nei mie lavori seguo sempre le emozioni e mi fermo quando sento che è tutto “giusto”. E’ stato un esperienza talmente totale che da allora non ho fatto più nulla di introspettivo. Solo ora sto pensando di iniziare nuovi lavori.

 

Raffaello di Lorenzo
Trapped Dreamers.
© Raffaello Di Lorenzo

Fabiano Busdraghi: Sei stato criticato da altri parenti o conoscenti per queste immagini? Quali sono i loro argomenti e le tue risposte in merito?

Raffaello Di Lorenzo: Non le ho mai mostrate ai parenti, perché non capirebbero, hanno vissuto il dolore in modo diverso. D’altronde ogni esperienza è in se stessa neutra, siamo noi a caricarla di valenze emotive.

 

Fabiano Busdraghi: Hai delle riviste e blog di fotografia che leggi regolarmente? Secondo te possono sostituire la diffusione delle immagini fotografiche nei circuiti classici?

Raffaello Di Lorenzo: Riviste di fotografia non credo che esistano più, o almeno come le intendo io, l’unica che reputo tale tra quelle che conosco è Private, peccato contempli solo il bn. Per il resto cerco molto su internet immagini, fotografi e tecniche.

Raffaello Di Lorenzo
Albero e Luna, Inquietudini.
© Raffaello Di Lorenzo

Credo che internet integri i circuiti classici. Vedere un’opera dal vivo è ben diverso che sul monitor, il modo stesso in cui comunica è diverso, anche il messaggio può essere diverso, le dimensioni della stampa, le loro esatte cromie e luminosità, il supporto sono tutte cose che si perdono col web e che hanno comunque una loro valenza comunicativa. Alla luce di questo ritengo che vedere le opere dal vivo sia essenziale per chi vuole veramente dialogare con un autore. Faccio un esempio che mi riguarda: vedere Corpografie sul web genera una sensazione. Vederla dal vivo (nel caso del primo allestimento), in una stanza totalmente rivestita di panno nero (pavimento e soffitto inclusi) con le foto appese al soffitto con fili di nylon trasparenti e illuminate solo da faretti unidirezionali e una musica di Edit Piaff in sottofondo è un’esperienza totalmente diversa dal punto di vista del messaggio, del coinvolgimento e anche dialogo che si può instaurare tra il fruitore e l’opera stessa, rispetto a vedere le stesse foto sul web (oltre ai soliti problemi di gestione colore dei vari monitor e software).

 

Fabiano Busdraghi: Qualche fotografo di cui apprezzi particolarmente il lavoro e perché.

Raffaello Di Lorenzo
Teschio, Inquietudini.
© Raffaello Di Lorenzo

Raffaello Di Lorenzo: David LaChapelle, sia per l’abilità tecnica che per i contenuti, feroci e ironici. Ho avuto il piacere di vederlo a Milano, stupendo! Qualche tempo fa avrei detto Dragan, in realtà mi sono reso conto (magari sbaglio) di quanto sia debitore ad Avedon è mi è un po’ calato l’entusiasmo nei suoi confronti, anche se apprezzo moltissimo la sua capacità di elaborazione. Amo i lavori di Jeanloup Sieff, non c’è campo in cui, a mio parere, non eccelli. Come usa il contrasto, la luce, le sue composizioni ogni cosa credo sia perfetta. Apprezzo la lirica di Maleonn oltre alla sua bravura tecnica. Attualmente lui e Pinardy sono i fotografi che studio da un punto di vista tecnico, di vero e proprio processo di fotoritocco.

 

Fabiano Busdraghi: Giusto qualche curiosità sui tuoi gusti personali. Che libro stai leggendo in questo momento? Che musica ascolti? Quali sono i tuoi film preferiti?

Raffaello Di Lorenzo: Leggo sempre diversi libri contemporaneamente e quasi mai in modo lineare, attualmente sto studiando: “Patafisica e arte del vedere” di Jean Baudrillard e “Nonluoghi” di Marc Augè.

Film: “Matrix” per la sua estetica fetish.

Musica: dipende, passo da Mozart a Marylin Manson con molta disinvoltura, tra i preferii ora come ora ci sono i Sigur Ross, Cure, Negrita, Red Hot Chili Peppers. Onestamente dipende molto dal tipo di emozione che voglio suscitare con una immagine, cambio musica a seconda del messaggio visivo, amo la sinestesia.